L’Espresso, anno XIV n.1, Roma 7 gennaio 1968
“(…) Quasi quarant’anni dopo un altro marine è fissato nella stessa posa in Afghanistan da Tim Hetherigthon: l’elmetto calato, lo sguardo che è un urlo.” da Tiziana Faraoni, Sua maestà la foto
La bella mostra ideata e curata da Bruno Manfellotto per i 60 anni del settimanale, dopo essere stata esposta al Vittoriano di Roma arriva a Milano a Palazzo Reale dal 12 luglio al 11 settembre.
La mostra è essenzialmente fotografica ed è organizzata per temi; sono esposti anche alcuni disegni di Pericoli e Kruger, le vignette di Altan, moltissime copertine e pagine del giornale in originale. I temi sono quelli che hanno caratterizzato e caratterizzano l’impegno informativo del settimanale romano uscito per la prima volta il 2 ottobre del 1955 sotto la direzione di Arrigo Benedetti.
Un tema per ogni stanza della mostra: C’era una volta il boom, Cadono i muri, La rabbia, la rivolta, il piombo, Per più diritti civili, Misteri e scandali d’Italia, L’Italia delle mafie, Da Mani pulite all’antipolitica, Milano Capitale (sezione aggiunta espressamente per la tappa milanese della mostra), Il terrore cambia il mondo, Salvare il pianeta. Si ripercorre la storia de l’Espresso e la storia del nostro paese insieme a un pezzo dell’informazione fotografica italiana caratterizzata sì dagli autori più noti del nostro fotogiornalismo ma anche da molti anonimi operatori delle agenzie fotografiche o di stampa.
La scritta No credit compare spesso perché i ricercatori iconografici - Giorgia Coccia, Martina Cozzi, Marella Mancini, Mauro Pelella, Elena Turrini - non sono riusciti a trovare traccia di autori e agenzie corrispondenti nell’archivio del giornale. Ottima l’idea di esporre anche le pagine del giornale quando era di formato “lenzuolo”. Il visitatore si rende conto così, di quanto si siano affinate le tecnologie fotografiche di ripresa e di come siano cambiati modi e stili con cui si scattavano le fotografie. Si vede l’evoluzione della grafica del giornale che riflette i cambiamenti del gusto mentre l’introduzione del colore nel 1965 riflette, più prosaicamente, le esigenze di bilancio economico che richiedeva il colore per la pubblicità.
È stato dato lo spazio dovuto - senza eccessi - a foto e titoli ammiccanti considerati da sempre la cifra stilistica del settimanale. Il giornale ne esce definito in modo equilibrato, senza quella caratterizzazione estrema che lo fa ricordare solo per le smorfie con cui sono ritratti i politici.
La direzione artistica della mostra è opera di Tiziana Faraoni, attuale photoeditor de l’Espresso ma vanno ricordati anche i suoi predecessori Franco Lefevre, Zennaro e Franca De Bartolomeis. Furono loro per primi a scegliere e acquistare le fotografie che oggi possiamo vedere.
In mostra c’è un pannello di circa tre metri per uno che mette in fila in ordine alfabetico tutti i giornalisti che scrivono o hanno scritto per il settimanale romano. Speravamo di trovare un elenco simile per i fotografi ma ci hanno detto che non c’è stato il tempo di redigerlo. Aspettiamo la prossima volta.