Informazione e concorrenza pubblicitaria.

  • didascalia: Claim - testo pubblicitario: sverniciatore universale. Nera, da paura.
  • firma: Agenzia pubblicitaria.
  • fonte: Quarta di copertina di una rivista di motociclismo.
Le immagini di fotogiornalismo si trovano quotidianamente a competere con la comunicazione visiva della pubblicità. Ma il ruolo delle riviste, essendo duplice, informativo-commerciale, si presta ad alcune distorsioni che alle volte possono divenire spiazzanti.
I direttori, essendo tra la redazione e l'editore, sono compressi tra interessi economici e considerazioni etico/deontologiche che possono sfuggire di mano.
Potrei portare diversi esempi, questo che esprimo è tra quelli che non si vorrebbe avere l'onere di sottolineare, nel primo mondo.
Recentemente un produttore di motociclette ha pubblicizzato un prodotto, omologato per la strada, proponendo una banale associazione mentale (una tecnica normalmente usata nella pubblicità è quella di legare il prodotto a diversi concetti, utili a promuoverlo, attraverso l'immagine o il testo (claim). Insight indotto.) con un barattolo di “sverniciatore universale”.
La pubblicità, usando nel "claim-testo" un gergo motociclistico diffuso anche da alcuni commentatori televisivi (sverniciare: (fig.) superare un'altra moto così vicino e talmente veloce da toglierle la vernice), esalta, evocando un antagonismo funzionale in pista, un atteggiamento devastante su un prodotto omologato per la strada. E lo si può fare perché certi modi di dire ed il gergo di alcuni "target" di riferimento non sono dominio pubblico, è come parlassero in codice quindi molti possono non notare quanto forte sia il messaggio.
Ritengo che certe pubblicità, con i mezzi di diffusione a disposizione di una multinazionale, debbano essere sottoposte ad un maggiore controllo da parte dell'azienda che le produce. E qualora questo controllo non si riesca ad averlo internamente credo debbano essere gli editori, i direttori ed i giornalisti ad intervenire, presso gli organi preposti, bloccando i messaggi potenzialmente dannosi per la collettività.
Ovvero ravvisare l'utilità di una segnalazione alla magistratura per valutare l'eventuale responsabilità civile, se non addirittura penale.
"Sverniciatore da pista", please, non ci vuole molto a capirlo.
Domenica siamo andati a fotografare un motociclista che, con la moto, in strada, ha provato a "sverniciare" l'asfalto e un pilone di cemento. E' un'immagine "ansiogena", ma è la cronaca che simili messaggi pubblicitari ci costringono a fotografare: in strada ci sono i piloni.
Ovviamente non sono tutte le immagini che vede il fotografo sul posto. Certi incidenti hanno effetti impressionanti; forse alcuni pubblicitari dovrebbero farsi un "giro di cronaca nera" ogni tanto, capirebbero cosa c'è oltre la vera paura: l'indignazione.
Quando si rapporta con la realtà la pubblicità dorata perde il suo fascino, e passa anche la voglia di provocare.
I mezzi a disposizione del giornalismo di cronaca non sono quelli a disposizione della macchina pubblicitaria di una multinazionale. La cassa di risonanza è viziata e modificata dai loro investimenti. Nessun direttore editoriale pare avere il coraggio di sottolineare la necessità di avere un controllo ferreo anche sulle pubblicità.
Solo le immagini "ansiogene" dei fotogiornalisti vengono censurate?
Credo sia giunta l'ora di sottolineare che l'etica di un giornale (qualora sia ritenuta utile dai marketing manager) si esprime anche rifiutando certe inserzioni pubblicitarie e agendo perché siano ritirate.
Come poniamo la deontologia del direttore di un giornale in casi simili? I soldi della pubblicità vanno bene sempre? Chi è il garante del lavoro dei cronisti quando un'azienda si permette di esprimere un messaggio simile?
In quanti altri casi il fotogiornalista si trova a dover competere con immagini della realtà, costate alle volte anche emotivamente, contro le immagini patinate della pubblicità?
Spero non ci si trovi in futuro a dover discutere, presagendo chi avrà la peggio, se impaginare la pubblicità di mine anti-uomo o di fucili automatici con a fianco le foto dei loro effetti sui civili, ascrivendo definitivamente l'indifferenza tra le cause di semi-infermità mentale.
Il paradosso raggiungerebbe toni ridicoli, e ansiogeni.

Fabiano Avancini
  • firma: Alessandro Pianalto/Labo.it
  • fonte: Cronaca nera per un quotidiano locale.