IJF 2012: a Perugia niente dibattiti sui temi caldi del fotogiornalismo

  • didascalia: brochure programma 2012 Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia
  • fonte: www.festivaldelgiornalismo.com

Una mostra online articolata in tre gallerie fotografiche costituite da immagini scattate da fotoreporter professionisti e da cittadini-testimoni. È questo, in sostanza, lo spazio "ufficiale" riservato al fotogiornalismo nell'ultima edizione del Festival Internazionale del Giornalismo (IJF) che si svolgerà dal 25 al 29 aprile a Perugia. Quando ricevo dall'ufficio stampa l'email relativa a "Exhibitions 2.0: lo spazio online dedicato al fotogiornalismo" per un attimo ho un guizzo di ottimismo. «Aspetta che leggo per bene il programma» mi dico. «Magari in questa sesta edizione del festival avranno deciso di affrontare pure alcune delle (molte) problematiche inerenti alla (mediocre) cultura visiva presente nel nostro Paese». Apro il programma e spulcio tra i titoli dei numerosissimi incontri alla ricerca di appuntamenti legati all'informazione visiva. Trovo, nell'ordine, un workshop sull'"Uso e abuso delle immagini di bambini", uno su "IPhonografia e notizie: Instagram (e gli altri)", un altro ancora su "L'informazione visiva e i nuovi media" e l'incontro "Images of revolution" (incentrato sui video e sulle immagini delle rivolte arabe forniti da cittadini). Quattro titoli su oltre centosettanta. Certo, altri incontri affrontano questioni trasversali ai vari media e all'informazione scritta e visiva, ma sorprende la sostanziale assenza di tematiche specifiche del fotogiornalismo, diciamo così, "non improvvisato" e la carenza di opportunità per un dialogo in merito e per la promozione di un uso "virtuoso" delle immagini, sia all'interno delle redazioni sia da parte di cittadini e blogger (rispetto copyright, condizioni di utilizzo, aspetti etici e deontologici, ecc.).

  • didascalia: "Exhibitions 2.0": lo spazio online dedicato al fotogiornalismo nella VI edizione del Festival Internazionale del Giornalismo
  • fonte: http://exhibitions.journalismfestival.com/

Il fotogiornalismo, non posso che constatare, interessa gli organizzatori del festival per le opportunità visive, non di dibattito. Appare come una sorta di "delizioso orpello", un "richiamo esotico", che, tra l'altro, viene presentato come un'attività alla portata di tutti, al pari del resto dell'informazione. Sia ben chiaro: non si mette in dubbio l'importanza degli apporti "esterni", ma di certo tornano alla mente le considerazioni sollevate dal recente "caso Reporter" di Repubblica (ben sintetizzato in un articolo del Fatto Quotidiano). Un'iniziativa, come ha fatto presente il segretario del Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti Giancarlo Ghirra, che «è utile per chiarire le differenze fra citizen journalism e attività professionale». Non c'è nessuna ostilità, precisa infatti Ghirra, «verso quanti, soprattutto sul web, praticano forme di informazione diffusa, dal basso [...]. Queste attività [...] non vanno certamente limitate né ingabbiate, semmai sollecitano una discussione sulle regole. Non vanno tuttavia confuse con l'esercizio della professione giornalistica».

 

Ecco, noi di "Fotografia&Informazione" ci chiediamo perché, in Italia, non si riesca ad avviare tra gli addetti ai lavori un confronto - concreto e duraturo - anche sulle regole in campo fotogiornalistico. Quando inizieremo, nel nostro Paese, a metterci in discussione e a pretendere e promuovere su ampia scala la qualità anche su questo fronte (sia da cittadini che da giornalisti)? Quando si inizierà a fornire - in modo sinergico - gli strumenti culturali per  una produzione, un uso e una lettura di qualità del materiale visivo? E quando si comincerà a farlo anche attraverso un festival dedicato proprio al mondo del giornalismo, che intende avere un respiro internazionale e che, quindi, sarebbe la sede adatta per affrontare simili questioni, anche favorendo un confronto tra le principali testate italiane ed estere e le varie realtà del settore (compresi i photoeditor)? Con continuità, maggior offerta di contenuti specifici e senza illudere, tra l'altro, il pubblico che «le notizie possono essere raccontate da tutti» e «il semplice cittadino farsi medium degli eventi di cui è spettatore privilegiato» (considerazioni tratte dalla descrizione di una delle tre gallerie fotografiche di "Exhibitions 2.0")?

 

Quando ci renderemo conto, insomma, come profetizzò lo scorso secolo il pittore e fotografo ungherese Laslo Moholy-Nagy che «non colui che ignora l'alfabeto, bensì colui che ignora la fotografia sarà l'analfabeta del futuro»?

  • didascalia: riviste estere
  • firma: Cristina Rigutto
  • fonte: www.flickr.com/photos/tuttoslide/
  • nota: licenza CC BY-NC 2.0

Come ha confermato (anche) il direttore della Stampa Mario Calabresi,  in occasione di un incontro sulla fotografia nei quotidiani organizzato alla Fondazione Forma (ascolta l'audio): «C'è una mancanza di cultura della fotografia e del valore che può avere. C'è un lavoro culturale fondamentale da fare e va fatto, secondo me, proprio nel momento in cui siamo invasi dalle immagini». Calabresi ha parlato di un deficit culturale interno ed esterno alle redazioni (facendo riferimento anche al tipo di prodotto offerto dai giovani giornalisti) e del bisogno di un cambiamento su entrambi i fronti: «Penso che i giornali devono cambiare strada, ma anche la cultura fuori deve essere più fresca: ci dev'essere un incontro nuovo tra "teste fresche" dentro i giornali e "teste fresche" fuori». La mancanza generale di cultura fotogiornalistica, hanno fatto presente i vari partecipanti, si somma nelle redazioni (dei quotidiani, almeno) alla carenza di risorse economiche destinate ai reportage fotografici, nonché alla scarsità di competenze, anche da parte degli stessi fotoreporter. «Purtroppo noi fotografi italiani abbiamo molto improvvisato» ha affermato Oliviero Toscani. «Pochissimi hanno una vera cultura all'altezza della responsabilità della fotografia, memoria storica dell'umanità».

 

Insomma, nello stesso mondo del giornalismo sembra farsi strada la consapevolezza che tante cose, dal punto di vista dell'informazione visiva, potrebbero e dovrebbero essere affrontate e cambiate, nonostante le difficoltà economiche e organizzative, che altro non sono che conseguenze dirette di fattori culturali a monte.  Sono problematiche più che mai attuali e quello che sorprende, quindi, è non trovare nessun riferimento (sostanziale e formale) a simili questioni in un festival come quello di Perugia. Il confronto del programma di questa e di altre precedenti edizioni conferma il perpetuarsi di simili, e preziose, occasioni mancate.