Fotografia, libertà di espressione e diritto d’autore

  • didascalia: I giudici della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
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Con una recente sentenza (10 gennaio 2013, Affaire Ashby Donald et autres c. France (vedi nota 1)) la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è per la prima volta occupata della pubblicazione di fotografie on line, sotto il profilo della legittimità dei limiti che tale manifestazione della libertà di espressione incontra quando ad essere fotografati siano oggetti protetti dal diritto d’autore.

  • didascalia: L'esterno della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a Strasburgo
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Tre fotografi di moda, accreditati alle sfilate di Parigi del prêt-à-porter del marzo 2003 per differenti testate, nel giro di poche ore dalla realizzazione dei rispettivi servizi misero le fotografie a disposizione del pubblico (in parte gratuitamente, in parte a pagamento) su un sito web facente capo ad una società di cui due di loro erano amministratori. La Fédération Française de la Couture si rivolse alla polizia, e nel procedimento penale che ne seguì la stessa e dodici maisons si costituirono parte civile. Il reato ipotizzato era quello di contraffazione mediante riproduzione e diffusione di opere dell’ingegno: nell’ordinamento francese le creazioni della moda sono infatti protette dal diritto d’autore, e la riproduzione e la comunicazione al pubblico delle loro immagini senza autorizzazione è illegittima come ad esempio avverrebbe, in Italia, per le immagini di opere d’arte contemporanea.
Assolti nel giudizio di primo grado, perché la realizzazione delle fotografie era stata consentita senza porre alcun limite ai media in cui le stesse potevano essere diffuse, i fotografi furono invece condannati in appello a sanzioni pecuniarie e risarcimenti alle parti civili ammontanti in totale a circa 270.000 euro. La Corte d’Appello ritenne in particolare che la circostanza che determinati organi di stampa avessero richiesto l’accredito per i tre fotografi implicasse che l’autorizzazione ad effettuare e diffondere le riprese fotografiche fosse da intendersi come limitata ai medesimi media richiedenti. Dinanzi alla Corte di Cassazione la difesa dei fotografi sostenne che, anche se non autorizzato, l’uso delle immagini rientrava comunque nella libera utilizzazione a fini di informazione prevista da una specifica norma del Code de la propriété intellectuelle; la Corte però respinse tale argomento, sulla base del tenore letterale della norma stessa, che ne limita l’operatività alla riproduzione e diffusione soltanto di alcune categorie di opere (grafiche, plastiche e architettoniche); confermò quindi la condanna.
I fotografi ricorsero quindi alla Corte di Strasburgo lamentando, in particolare, la violazione da parte della Francia dell’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) che tutela la libertà di espressione e di informazione. Sostennero tra l’altro che il pubblico ha diritto di essere informato anche sull’attualità della moda, essendo questo un tema di interesse generale, e che è contraddittorio invitare la stampa ad un evento, al fine di trarne pubblicità, e pretendere poi di limitare arbitrariamente i canali di diffusione delle informazioni relative all’evento stesso: non vi era quindi alcun interesse meritevole di tutela in capo alle maisons, che anzi avevano montato un caso esemplare a puri fini di deterrenza nei confronti degli organi di informazione.

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La Corte ha disatteso gli argomenti dei fotografi, ma con una motivazione che implica un bilanciamento tra diritto d’autore e libertà di informazione favorevole a quest’ultima.
I giudici di Strasburgo hanno innanzi tutto rammentato la loro precedente giurisprudenza in materia: che il diritto alla libertà di espressione, tutelato dall’art. 10 CEDU, comprende la pubblicazione di fotografie e la loro diffusione mediante internet, indipendentemente dalla circostanza che ciò avvenga a fini di lucro; che ingerenze in tale libertà devono essere previste dalla legge, perseguire motivi legittimi ai sensi della norma citata ed essere necessarie, in una società democratica, per raggiungere tali obiettivi. Ritenendo che l’esercizio del diritto d’autore, in un caso come quello al loro esame, costituisse un’interferenza rispetto alla libertà di espressione, essi hanno quindi applicato il triplice test (legalità – legittimità dei motivi – necessità in una società democratica) alla vicenda dei fotografi di moda.
Il primo test è stato superato agevolmente dallo Stato francese (i suoi organi giudiziari avevano infatti applicato le norme nazionali vigenti); ugualmente il secondo test (tra i “motivi legittimi” previsti dall’art. 10.2 CEDU c’è la tutela dei diritti altrui, e quindi anche del diritto d’autore). Il superamento del terzo test ha richiesto un’argomentazione più articolata.
Punto di partenza è stato un principio che appare costantemente nella giurisprudenza della Corte: la libertà di espressione è uno dei cardini di una società democratica, e le sue compressioni si giustificano solo in presenza di un bisogno sociale imperioso. Ciò premesso, la Corte ha osservato che il margine di discrezionalità che gli Stati contraenti mantengono nell’identificazione di tali bisogni sociali non è sempre il medesimo, ma varia in base a differenti elementi, tra i quali assume particolare rilievo il tipo di discorso che è in questione, ed in particolare il suo contribuire ad un dibattito d’interesse generale. Quel margine discrezionale allora si comprimerà o si espanderà a seconda che, ad esempio, venga in rilievo la libertà di espressione in materia politica, oppure, al contrario, il discorso abbia natura commerciale.
Poiché era pacifico che le fotografie delle sfilate erano state messe on line a fini commerciali, la Corte ha concluso (conformemente alla sua precedente giurisprudenza) che ci si trovava in uno di quegli ambiti in cui il diritto nazionale ha ampio margine per bilanciare gli interessi in gioco e stabilire a quale dare la prevalenza. Insomma: non sta alla Corte europea sindacare la decisione dei giudici francesi di far prevalere il diritto d’autore delle case di moda sulla libertà di espressione commerciale dei fotografi. Per inciso: gli stessi principi sono stati confermati dalla Corte nella sentenza del 13 marzo scorso (Neij and Sunde Kolmisoppi v. Sweden) relativa alla condanna a pene detentive per violazione del diritto d’autore, in Svezia, dei co-fondatori di Pirate Bay.

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Apparentemente, dunque, la Corte ha adottato un approccio minimalista, risolvendo la questione su un piano che si potrebbe definire “procedurale”, piuttosto che “sostanziale”: quello del rapporto tra norma (e controllo giurisdizionale) internazionale e norma (e sua applicazione giudiziale) nazionale. L’unico punto in cui la Corte entra nel merito “sostanziale” della controversia è là dove osserva che, per quanto sia innegabile l’interesse del pubblico per la moda, non si può dire che la pubblicazione delle fotografie delle sfilate contribuisca ad un dibattito di interesse generale. Torna, qui, la distinzione tra informazione “alta” ed informazione di intrattenimento, tra interesse del pubblico e mera curiosità di certo pubblico, che era stata alla base della celebre sentenza Von Hannover con cui nel 2004 la Corte (nella vicenda relativa a fotografie ritraenti Carolina di Monaco in momenti della sua vita privata) aveva assunto una posizione di frontale contrapposizione rispetto alla Corte Costituzionale tedesca. Se, però, la posizione assunta in quel caso era giustificata dalla circostanza che il bilanciamento andava effettuato nei confronti di un diritto della personalità (il diritto alla riservatezza), l’applicazione del medesimo criterio ad un caso in cui gli interessi contrapposti sono entrambi di natura economica (“discorso commerciale” versus sfruttamento esclusivo di una creazione intellettuale) suscita perplessità.
Benchè non sia completamente condivisibile, la sentenza rappresenta comunque un progresso per la libertà di informazione perché, forse per la prima volta (e disattendendo il principale argomento difensivo del Governo francese), la Corte ha ammesso espressamente che l’enforcement del diritto d’autore può rappresentare un’interferenza rispetto all’esercizio della libertà di espressione.
Si tratta di un’affermazione che ha importanti implicazioni, specie se letta alla luce della giurisprudenza parallela che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è andata sviluppando a partire dal caso Scarlet/Sabam, sull’obbligo di sorveglianza degli Internet Service Providers, del 2011 (vedi nota 2) . Innanzi tutto, la circostanza che il diritto d’autore afferisca al diritto di proprietà, e sia quindi a sua volta un diritto fondamentale, non può dar luogo ad una sua protezione assoluta, ma deve indurre ad un bilanciamento rispetto ad altri diritti e libertà fondamentali; poi (ed è questo il punto nodale) il bilanciamento tra diritto d’autore e libertà di espressione non è stato fissato una volta per tutte dalle norme (nazionali, comunitarie, internazionali) sulle c.d. libere utilizzazioni, ma deve essere effettuato di volta in volta e può condurre a ritenere lecite utilizzazioni delle opere dell’ingegno ulteriori rispetto a quelle liberalizzate dalle varie leggi speciali. In particolare, quando l’utilizzazione di opere dell’ingegno afferisca ad un discorso che contribuisce ad un dibattito di interesse generale, l’esercizio del diritto d’autore volto ad impedire o sanzionare tale utilizzazione dovrà rispondere al test di necessità in una società democratica secondo i rigorosi criteri sviluppati al riguardo dalla giurisprudenza della Corte europea ed improntati ad un elevato livello di tutela della libertà di espressione.

Carlo Eligio Mezzetti
Avvocato in Milano

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1 Reperibile solo in lingua francese al sito istituzionale della Corte .
2 Reperibile anche in lingua italiana al sito istituzionale della Corte di Giustizia .

 

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A vario titolo e da altri punti di osservazione in questo sito abbiamo affrontato questioni relative al diritto d'autore e alla libertà di espressione anche nei seguenti articoli:

Il punto sulla Street Photography 
A chi spetta il copyright sul poster-simbolo di Obama?  
Articolo quinto 
La fotografia - Dall'immagine all'illecito nel diritto d'autore