Il futuro della fotografia a Milano

  • fonte: http://www.retefotografia.it/

Da qualche tempo numerose realtà culturali e associative che operano a Milano nel campo della fotografia si stanno organizzando per provare a “unire le forze” e immaginare assieme strategie comune di azione e di iniziativa culturale.
Lo scorso anno, tra gennaio e aprile 2013, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano ha organizzato tre incontri presso la sua sede di Palazzo Reale, invitando le realtà che a vario titolo operano in ambito fotografico nell’area di Milano a presentarsi e a fare delle proposte. E’ stata una buona occasione per queste organizzazioni per “raccontarsi”, per descrivere la propria attività e per suggerire nuove iniziative. Dagli incontri non è scaturito, a dire il vero, nulla di concreto, anche a causa di un avvicendarsi di assessori proprio nel periodo in cui gli incontri sono avvenuti (Stefano Boeri nella prima fase, e Filippo Del Corno dopo), ma sono rimasti agli atti tutti i resoconti degli interventi.
In quell’occasione, parlando a titolo personale, ma con la convinzione di interpretare il modo di sentire di numerosi operatori della fotografia dell’area milanese, anche io ho presentato la relazione che potete trovare qui sotto. La sostanza di quel mio intervento era un incitamento a unire le forze, a uscire da recinti stretti e poco produttivi, a costruire dei rapporti di rete che potessero portare alla costituzione di un Distretto Culturale della Fotografia a Milano.
Qualche mese dopo, nel luglio del 2013, ho chiesto a Fondazione Cariplo un incontro, sempre a titolo personale, per  verificare quali bandi fossero disponibili per provare a compiere un primo passo nella direzione del Distretto Culturale, una forma di iniziativa culturale sistemica che Fondazione Cariplo ha molto spinto negli scorsi anni, attraverso appositi bandi.
In quell’occasione ho presentato un relazione, che può essere letta più sotto in questa pagina.


A questi interventi ho affiancato anche una Mappa del sistema della fotografia, che tenta di fare il punto sulla “filiera della fotografia”.  Anch’essa può essere consultata qui sotto, assieme ai testi descritti.

Nel frattempo la nostra associazione, Fotografia & Informazione, è entrata ufficialmente a far parte di Rete Fotografia  ritenendo che questa aggregazione informale possa effettivamente costituire una tappa fondamentale nella costruzione di un futuro coordinamento tra le realtà che operano a vario titolo nella filiera del mondo fotografico, a Milano ma non solo. Rete Fotografia proprio in queste settimane ha iniziato a immaginare e progettare iniziative culturali che potrebbero costutuire un primo ma decisivo passo per l’integrazione dell’offerta culturale in area milanese delle numerose realtà che vi operano. Su questo vi daremo, quando saranno disponibili, ulteriori informazioni.
Crediamo utile offrire a tutti i nostri lettori gli spunti di riflessione che sono stati fin qui prodotti.


Buona lettura.

  • didascalia: Palazzo Reale a Milano
  • fonte: http://www.visual-italy.it/IT/lombardia/milano/palazzo-reale/

Intervento del 7 febbraio 2013

Ringrazio l’assessorato alla cultura del comune di Milano per l’ideazione e l’organizzazione di questa occasione di incontro unica e preziosa.
L’assessore Boeri ci ha sollecitato la scorsa volta a impostare i nostri interventi su un’ottica di progettualità rispetto a queste tre questioni:
1 – i luoghi d’eccellenza della fotografia (cioè spazi espositivi, archivi, gallerie, musei),
2 – il  lavoro e l’imprenditorialità nella fotografia, includendo in questo filone anche la formazione dei futuri professionisti,
3 – la produzione di eventi e la comunicazione della fotografia.
Voglio anticiparvi che pur includendo queste tre questioni nella proposta che vi illustrerò tra breve, cercherò di allargare il campo di intervento a un orizzonte più ampio, e quindi anche più ambizioso, ma non per questo, credo, impossibile da realizzare.
Non ho bisogno di introdurre o spiegare alcuni concetti illustrati in altri interventi che mi hanno preceduto. Tra questi:
1) l’indiscutibile ruolo di Milano oggi quale capitale italiana della fotografia e
2) l’esigenza ineludibile, per il vasto numero di operatori di questa complicata e frammentata filiera, di imparare a “fare sistema”.
Ho una precisa proposta da fare a tutti voi e alle istituzioni locali, rappresentate qui dall’assessore alla cultura, moda e design: la costituzione di Milano in “distretto culturale della fotografia”.
Provo a spiegarmi: l’idea di distretto culturale, analizzata in anni recenti da vari studiosi che si occupano di economia della cultura e della creatività, ha un suo modello nel più noto “distretto industriale”, termine con cui almeno alcuni fra noi hanno maggiore famigliarità. Riconosciuti e tutelati dalla legislazione italiana, di distretti industriali se ne contano oggi in Italia circa 200, dal polo del Giocattolo a Canneto sull’Oglio all’industria cartaria di Fabriano, dal distretto conciario di Santa Croce sull’Arno a quello della ceramica a Caltagirone, dal distretto della rubinetteria di Lumezzane al polo della produzione di occhiali della provincia di Belluno, per nominare solo alcuni tra i più noti.
Il distretto industriale è una concentrazione di piccole imprese indipendenti, geograficamente localizzate, che cooperano tra loro e possono organizzare la produzione in modo efficiente, grazie ai flussi di economie esterne che derivano dall’insieme di conoscenze, valori, persone e istituzioni che caratterizzano la società e il territorio nel quale il distretto si colloca.
Il distretto culturale ha in comune con il distretto industriale alcuni elementi:
1.    Il legame tra prodotto e territorio;
2.    La definizione di un preciso standard di qualità per i beni e servizi prodotti;
3.    Lo scambio di saperi, competenze e conoscenze tra gli attori della filiera;
4.    La forte presenza del settore pubblico a sostegno della produzione.
La presenza di un gruppo di piccole imprese su un territorio non è naturalmente un elemento sufficiente ad assicurare l’emergere di un distretto. Gli elementi caratterizzanti sono infatti:
•    l’interdipendenza tra gli attori (sia in termini di complementarità che di sostituibilità strategica),
•    quella che viene definita l’industrial atmosphere,
•    una distribuzione delle specializzazioni di filiera sufficiente a realizzare una integrazione efficace,
•    le continue transazioni che favoriscono la trasmissione delle informazioni.
A partire da questi elementi diviene possibile la creazione di una ‘cultura di distretto’ che agisce da elemento unificante e catalizzatore del circolo virtuoso di sviluppo e ne estende i benefici all’intera comunità locale.
Sebbene ciascuna delle piccole imprese ‘faccia il proprio gioco’, nel modello distrettuale più classico c’è una diffusa consapevolezza del fatto che la partita non si può vincere da soli.      Ripeto:  La partita non si può vincere da soli!
I distretti culturali sono definiti in base al bene che producono, ben individuato e riconoscibile e basato su creatività e produzione intellettuale, che agiscono come fattori di vantaggio competitivo.
Un esempio di successo di distretto culturale è Linz (Austria).  Ars Electronica, uno dei più importanti festival mondiali dedicati alla multimedialità, ha trasformato negli ultimi trent’anni la città: da città dell’acciaio a città della cultura.
Le autorità competenti hanno compreso il legame tra qualità dell’offerta culturale e qualità della vita tout court, e ciò ha permesso di attirare investitori, aziende, nuovi residenti, e naturalmente di creare nuovi posti di lavoro. Un effetto non secondario di queste politiche è stato il crescente coinvolgimento nella cosa pubblica dell’intera cittadinanza, che ha così sviluppato un maggiore senso di responsabilità e di appartenenza alla realtà locale.
Sono consapevole di avere offerto fin qui soltanto degli stimoli molto generali, ma c’è un’ampia letteratura a supporto di quanto vi ho qui solo accennato.
Ci si può chiedere come si possa procedere a partire da queste prime intuizioni.
Il ruolo iniziale del Comune e in particolare del suo assessorato alla Cultura, se vorrà condividere questa impostazione e questo obiettivo, potrebbe essere adesso quello di:
1 - fare una prima mappatura delle diverse realtà esistenti (sono disponibili già molti elementi per realizzarla in tempi brevi),
2 - creare un tavolo permanente di consultazione con rappresentanze degli operatori,
3 - studiare modelli di successo, come quello di Linz che ho citato (ma ne esistono altri) e valutarne la percorribilità, pur con tutte le differenze esistenti tra caso e caso,
4 - trovare dei partner privati per affrontare questa impresa, e qui penso alle fondazioni bancarie che a questi obiettivi strategici dedicano già ampie risorse, a partire dalla Cariplo.
Finisco con una raccomandazione: l’assessore nella sua introduzione ha giustamente richiamato, all’interno della seconda questione che ha posto, quella imprenditoriale e del lavoro professionale, la faccenda della formazione, argomento che mi sta particolarmente a cuore essendo io direttamente impegnato in questo settore.
Oltre alla necessaria formazione indirizzata ai futuri operatori, va pensata con altrettanta lucidità e capacità di visione anche una capillare opera di alfabetizzazione a tutto campo, destinata anche a semplici cittadini, che insegni a prendere coscienza del potere delle immagini, a decodificare il loro linguaggio, a riconoscere la loro capacità di trasmettere informazioni ma anche di suscitare emozioni, di costruire immaginari e di suggerire stili di vita, ad apprezzarne l’appartenenza a pieno titolo alla sfera della creatività. Ho in mente una formazione permanente a 360° che aiuti i cittadini a comprendere la forza delle immagini, che riesca a costruire una consapevolezza diffusa grazie alla quale, in futuro, si riescano a evitare paradossi come quello contenuto nell’episodio sconcertante che ora, concludendo, brevissimamente vi racconto.
Nel 2009 una commissione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali guidata dal Prof. Santagata dell’Università di Torino e formata da eminenti studiosi italiani ha stilato un corposo dossier dal titolo “Libro bianco sulla creatività”. In esso gli studiosi “si sono dimenticati” però di includere la fotografia tra i vari settori delle industrie culturali e della creatività, tra i quali invece sono giustamente annoverati: design, moda, architettura, cinema, musica, arte contemporanea, pubblicità, ma anche software e perfino l’industria del gusto. La fotografia, invece, non ne fa parte.
Capite, più di 400 pagine senza che si parli di fotografia come autonoma attività culturale e creativa. Credo sia questa la fragilità di cui parlava l’assessore Boeri nella sua relazione introduttiva la volta scorsa: l’essere la fotografia presente come snodo fondamentale in molti ambiti culturali, creativi e produttivi diversi senza tuttavia mai raggiungere, in Italia, uno status di attività creativa indipendente dotata di una sua autonoma fisionomia e dignità nell’immaginario e nella pratica di molti policy makers, imprenditori della cultura, studiosi, intellettuali, opinion leaders.
Abbiamo, con ogni evidenza, ancora molta strada da fare.
La dobbiamo fare per forza assieme.
La partita non si può vincere da soli!     

tra le fonti consultate:

European Commission, Directorate for Education and Culture, The economy of culture in Europe, 2006,
P.L. Sacco e S. Pedrini, Il distretto culturale: un nuovo modello di sviluppo locale? In Ottavo rapporto sulle Fondazioni Bancarie, 2003
P. L. Sacco e G. Ferilli, Il distretto culturale evoluto nell’economia post industriale, IUAV Venezia 2006,
W. Santagata, Cultural Districts and economic developments, Univ. Torino, 2004,
W. Santagata (a cura di), Libro Bianco sulla Creatività in Italia. Commissione sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 2009, disponibile online,
http://it.wikipedia.org/wiki/Distretto_culturale
http://en.wikipedia.org/wiki/Cultural_district

  • didascalia: Lo scalone d'onore di Palazzo Reale a Milano
  • fonte: http://www.turismo.milano.it/

Il sistema della fotografia a Milano

Appunti per inquadrare il “sistema della fotografia” a Milano. L’obiettivo è quello di individuare possibili partner e sviluppare sinergie in vista dell’elaborazione dello Studio di Fattibilità Operativa di un distretto culturale della fotografia a Milano.


L’Italia e la fotografia.
Il nostro paese sconta, per quanto riguarda la fotografia nel suo complesso, un ritardo storico-culturale rispetto a paesi quali la Francia, la Gran Bretagna, la Germania e gli Stati Uniti. In Italia si registra, in vari settori e a tutti i livelli, un debole e tardivo riconoscimento della fotografia come espressione culturale e creativa. Questo atteggiamento può essere riscontrato, ad esempio:
-    nella legislazione sul diritto d’autore, dove entra solo nel 1979 (il testo della legge 633 del 1941 infatti non la comprendeva), introducendo peraltro una dualità di status che ne sminuisce il valore complessivo, distinguendo infatti le fotografie intese come “opere” dalle fotografie “semplici”.
-    nell’accoglimento della fotografia come bene da tutelare, avvenuto soltanto nel 1975 con l’istituzione dell’Istituto Nazionale per la Grafica e soltanto nel 1999 come bene culturale tutelato a tutti gli effetti dal MIBAC.
-    nel sistema scolastico, dove la fotografia è sostanzialmente assente, con l’unica eccezione di qualche raro istituto tecnico, d’arte o di formazione professionale.
-    nel sistema universitario, in cui sono presenti pochi insegnamenti di fotografia, per la maggior parte assegnati temporaneamente a docenti a contratto e quindi fortemente precari e recentemente decimati come effetto delle economie disastrate degli atenei italiani. Per conteggiare in tutta Italia i professori di fotografia “incardinati” (ordinari o associati) sono ampiamente sufficienti le punte delle dita di una sola mano.
-    nel mondo giornalistico, nel quale fino al 1976 è stato negato il riconoscimento dell’attività di fotogiornalista come parte integrante delle professioni del giornalismo.
-    nella mancanza di un ordine professionale, di un albo, di un sindacato dei “produttori di immagini ottiche”, che ha avuto come conseguenza una frantumazione della rappresentanza delle varie professioni in molteplici associazioni con scarso o nullo peso culturale e “politico”.
-    nella sostanziale assenza della fotografia all’interno del “Libro Bianco sulla Creatività in Italia” pubblicato nel 2009 dal MIBAC, dove, a differenza di quanto avviene in studi analoghi pubblicati a livello europeo e mondiale (si confronti, ad esempio, con il rapporto Jàn Figel, pubblicato dalla Commissione Europea nel 2006), la fotografia è a stento menzionata tra le attività creative, soltanto di passaggio, mentre altrove essa si trova inserita a pieno titolo tra le Arti visive, accanto a scultura e pittura.
-    nella tardiva, e più spesso del tutto assente, traduzione e pubblicazione, da parte di editori italiani, di volumi stranieri di riflessione sulla fotografia e più in generale sul “visuale”. Fattore questo che ha fortemente limitato la diffusione di conoscenze, di studi, di ricerche svolte all’estero e sostanzialmente ristretto il dibattito all’interno dell’intero comparto dei “visual studies”, all’interno dei quali la fotografia occupa un posto di primaria importanza.


Milano e la fotografia
A Milano la fotografia fiorisce e si sviluppa, nell’ultimo secolo, in misura ben superiore rispetto a quanto avviene in qualunque altra parte d’Italia. A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, poi, con il fiorire dell’industria, dell’editoria, di giornali e periodici e successivamente anche con l’affermarsi della moda, dell’architettura, del design, delle agenzie pubblicitarie e del mondo della comunicazione in generale, la fotografia a Milano conosce una stagione di eccezionale crescita. Nel 1954 vi viene aperta la più longeva e qualificata scuola pubblica di fotografia in Italia, la scuola della Società Umanitaria (ora CFP Bauer). A Milano si concentrano perciò sia i professionisti che producono immagini per i media, per le aziende, per il mondo della comunicazione pubblicitaria e per le professioni creative, sia professionisti che ruotano più in particolare intorno alle arti visive, intese nel senso più ampio. Vi si radicano anche molte aziende che producono o distribuiscono attrezzature e materiali per la fotografia. Nascono inoltre gallerie, archivi, agenzie, scuole, eventi fieristici, iniziative e manifestazioni indirizzate al grande pubblico e di richiamo internazionale. Vi nasce anche il primo Museo della Fotografia Contemporanea in Italia.
Ciò che è tuttavia mancato – e manca tuttora - a Milano è un’attività di comunicazione e di coordinamento tra gli attori di questa complessa filiera. Ciò non ha impedito una vivace attività culturale e creativa dallo spiccato carattere parcellizzato se non addirittura individualistico. La più vistosa conseguenza negativa di questa frammentazione e dispersione di sforzi è che la maggior parte delle iniziative rimane isolata ed episodica. Spesso esse vengono pensate, realizzate e conseguentemente pubblicizzate nella più completa mancanza di collegamento con le altre realtà presenti sulla piazza. Questo causa un grave depotenziamento e una svalorizzazione che non giova al sistema nel suo complesso, sia nella sua autopercezione e autorappresentazione, sia soprattutto nella visione che l’intero comparto trasmette all’esterno.

L’iniziativa dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano
A gennaio del 2013 l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano ha convocato per mezzo di una email, in maniera estemporanea, informale e sfruttando il passaparola (segno di per sé di uno scarso o inesistente collegamento in rete), tutti gli “operatori del mondo della fotografia” di Milano per “un incontro di confronto, ascolto, dibattito sui temi della fotografia” (tra virgolette i termini utilizzati nella convocazione. La partecipazione al primo incontro è stata talmente massiccia e il numero di interventi così alto da rendere necessari altri due appuntamenti, che hanno avuto luogo in febbraio e in aprile. La richiesta dell’Assessore Stefano Boeri, esplicitata nel suo intervento di introduzione al primo dei tre incontri, era di raccontare brevemente a nome o in rappresentanza di quale realtà si interveniva e quali proposte si intendevano fare. Molti dei soggetti che sono intervenuti si sono limitati a presentare nella loro relazione la realtà di cui erano rappresentanti (associazione, gruppo, scuola, istituto di formazione, galleria, museo, fondazione, e via dicendo) e a lamentare situazioni in grave sofferenza mentre per contro le proposte sono state poche, di limitata forza innovativa e spesso prive di indicazioni operative.
Nell’intervento che ho fatto come operatore culturale attivo a Milano da trent’anni, ho presentato la proposta di un distretto culturale della fotografia. Ho brevemente descritto di cosa si tratta, dato che la platea sembrava, a giudicare dalle facce degli astanti, del tutto ignara e impreparata a una simile ipotesi, prospettiva e visione, quali opportunità e aperture un simile progetto potrebbe dischiudere, che precedenti ci sono nel nostro paese e all’estero e quali azioni preliminari sarebbero necessario intraprendere per iniziare un percorso di lavoro comune e di sforzo collettivo in vista della formulazione di uno Studio di Fattibilità Operativa.
Allego il mio intervento del 7 febbraio 2013.
La mia proposta ha raccolto numerosi riscontri positivi, ma per ora nulla è stato fatto, forse a causa dello stallo in cui sembra bloccato l’ente promotore degli incontri, l’assessorato alla Cultura del Comune di Milano.
Va infatti precisato che tra il secondo e il terzo di questi incontri promossi dal Comune, l’assessore Boeri, che come architetto e come direttore di riviste di architettura ha maturato da molti anni una buona conoscenza della fotografia, dei suoi linguaggi e delle dinamiche del suo sistema, è stato sostituito in giunta da un nuovo assessore, Filippo Del Corno, validissimo musicista e compositore. Durante il terzo incontro il neoassessore ha confermato il suo personale interesse per gli incontri con il mondo della fotografia milanese e ha proposto la formazione di tavoli tematici intorno ai quali gli operatori si sarebbero dovuti incontrare per formulare delle ipotesi. Di fatto, dopo quell’incontro, avvenuto il 17 aprile 2013, nulla è stato più fatto.
E’ opportuno notare che il Comune di Milano ha al suo interno una struttura stabile che si occupa delle raccolte fotografiche storiche (Civico Archivio Fotografico) ospitata all’interno della sede museale del Castello Sforzesco. Questa struttura ha un curatore, la Dott.ssa Silvia Paoli, che ha fin dall’inizio dimostrato grande entusiasmo e aspettative per questi incontri, di cui è stata una delle promotrici. Anche dopo il cambio di guardia alla guida dell’assessorato, si è dichiarata disponibile in più occasioni in cui ho avuto scambi personali di opinioni, a fornire massimo supporto a proposte di iniziative riguardanti la valorizzazione della fotografia nel comprensorio milanese. Ma la proposta di un distretto culturale ovviamente richiede ben altre disponibilità e ben altro impegno da parte di un ente pubblico, soprattutto nel caso in cui esso dovesse diventare il capofila del progetto.

La situazione attuale: elementi conoscitivi essenziali
    Al momento si tratta dunque di individuare le possibili mosse da fare per iniziare a costruire il complesso percorso che potrebbe portare alla formulazione di uno Studio di Fattibilità Operativa.
    Va innanzitutto notato come il bene culturale fotografia sia costituito da un patrimonio tangibile che si dispiega quasi interamente in collezioni, archivi, raccolte. Alcune di grandissimo valore storico e culturale, dunque appartenenti a pieno titolo ai beni che il MIBAC ha il compito di censire, catalogare, tutelare – anche sottoponendo a restauro se necessario - e valorizzare. Altre di alto valore sociale ed economico, in quanto legate alla narrazione visiva dei mutamenti della nostra società, dei costumi degli abitanti, dell’evolversi delle attività produttive del paese.
    Non sono invece presenti, sempre dal punto di vista del patrimonio tangibile, rilevanti beni architettonici di valore storico, in diretta relazione con la fotografia, da restaurare e restituire alla collettività, con l’eccezione, forse, dei luoghi che hanno fatto da contenitore ad alcune attività produttive legate alla fotografia a Milano. Questo rende il distretto culturale della fotografia molto diverso da altri casi fin qui seguiti e realizzati grazie all’intervento e alla guida di Fondazione Cariplo.
Il sistema fotografia è in definitiva costituito in massima parte da un patrimonio intangibile, fatto interamente di professionalità, saperi artigianali tramandati, know-how specialistico in connessione anche con le più recenti tecniche digitali, contatti internazionali ai massimi livelli, un sistema scolastico articolato in istituti di vario ordine, la presenza di nuclei di ricerca culturale, scientifica, tecnologica, esempi interessanti di percorsi di formazione, permanente e continua. E di attività espositive legate all’arte fotografica già consacrata o di interesse crescente per la critica e per il pubblico.
Un’altra differenza non trascurabile rispetto ad altri distretti culturali risiede nella dimensione del territorio: una città di grande estensione come Milano, che supera di un significativo fattore moltiplicativo quella che è stata finora ritenuta la dimensione ideale di un distretto culturale, almeno nell’esperienza di Fondazione Cariplo, pone certamente delle nuove sfide nella progettazione e nella realizzazione di un piano di intervento.

Una prima mappa concettuale per orientarsi
L’articolazione proposta da Fondazione Cariplo nel volume “Distretti culturali: dalla teoria alla pratica”, per arrivare alla stesura di un studio di fattibilità operativa, propone di partire da un’analisi territoriale. La personale conoscenza trentennale della scena della fotografia a Milano mi ha permesso di tracciare una prima mappa concettuale del sistema fotografia, suddivisa per aree funzionali. Tale mappa potrebbe costituire il punto di partenza per la redazione di una più completa analisi territoriale che permetta una conoscenza completa e chiara del contesto.
La mappa dovrà certamente essere perfezionata e ampliata, individuando con maggiore precisione il sistema di relazioni – esistenti o potenziali - tra gli attori della filiera e arricchita esplicitando le sue possibilità di integrazione con una “filiera culturale allargata”. In questo senso, tramite questo primo quadro conoscitivo dovrà essere verificato il livello di integrazione a rete esistente per provare a stimolare e a mettere in atto forme di cooperazione che migliorino la capacità operativa dei singoli attori e delle singole imprese, la loro partecipazione a un progetto che dovrà in prospettiva essere percepito come condiviso e che favoriscano un maggiore coinvolgimento di energie e progettualità.

Un auspicio
Il sistema della fotografia a Milano ha una grande tradizione da salvaguardare, eccellenze da valorizzare, enormi potenzialità. Una sua riorganizzazione nella forma del distretto culturale attraverso adeguate forme di dialogo tra i suoi molteplici attori potrebbe contribuire a creare quella “atmosfera culturale” sulla quale innestare uno sviluppo, anche economico, che gli attuali impedimenti di vario ordine rendono difficile o impossibile. Oltre a quanto già detto per quanto concerne l’assessorato alla Cultura, sembra che anche il coinvolgimento dell’assessorato al lavoro del Comune di Milano, con cui sono stati presi contatti preliminari, rappresenti una strada da percorrere obbligatoriamente per avviare il processo descritto.


Milano, 31 luglio 2013

  • firma: Marco Capovilla