Lettore, photoeditor e giornalista

  • didascalia: Expo 2015
  • firma: M. D'Ottavio - Buenavista
  • fonte: l'Espresso n.34, 27 ago 2015, p.95

Sfogliando l’Espresso del 27 agosto, il n.34 del 2015, arrivo alle pagine 94-95. Come ogni lettore medio il mio occhio vede per prima la pagina dispari, in gergo la bianca, la 95; in alto a destra la mia attenzione è attirata da una fotografia a colori del padiglione degli Stati Uniti a Expo dove risalta la scritta American Food 2.0. Sono incuriosito perché queste due pagine della sezione Visioni del settimanale, sono dedicate alla Lettura ed in particolare a Narrativa-Saggistica. Inizio a cercare l’articolo a cui potrebbe fare riferimento la fotografia. 

  • fonte: l'Espresso n.34, 27 ago 2015, p.95

Leggo Teoria del Cecato di Stefano Bartezzaghi - è immediatamente sotto l’immagine - e lo escludo perché parla dei soprannomi e pseudonimi come esigenza “crittologica e militare” di vari criminali, corrotti, corruttori. Di fianco alla fotografia - impaginata con una base che supera di poco la giustezza di una colonna - una piccola riproduzione della copertina del saggio di Pietro Ichino, Il lavoro ritrovato di cui parla Giuseppe Berta. Leggo anche questa recensione però non c'è nessun riferimento al padiglione degli Stati Uniti d’America. Non ho fortuna neanche con tutte le altre recensioni della pagina a fianco, la 94. Per scrupolo scorro le pagine precedenti e le successive, non si sa mai, una svista, uno slittamento ma non posso che concludere che questa fotografia in questo contesto è totalmente priva di senso.

  • fonte: l'Espresso n.34, 27 ago 2015, pp.94-95

Telefono alla photoeditor Tiziana Faraoni, caposervizio a l’Espresso, per capire. Mi spiega semplicemente che il fotografico fa la ricerca delle immagini sulla base di indicazioni che vengono dai giornalisti responsabili delle varie sezioni del giornale e nel caso delle rubriche queste indicazioni sono piuttosto stringate e generiche. Alla fine loro trovano solo le fotografie. I testi degli articoli non sempre sono subito disponibili nel momento in cui vengono decise le fotografie che andranno in pagina e quindi non è possibile verificare l’eventuale incongruità fra immagini e testi. Del resto non possono intervenire sulla scelta finale della fotografia da mettere in pagina.

Chiedo a Enrico Arosio, caporedattore Cultura e responsabile per la sezione Visioni, perché abbia chiesto di far accoppiare una fotografia di Expo alla recensione del libro di Ichino. Nel suo ragionamento il legame è dato dalle opportunità di lavoro fornite da Expo ai giovani. Obietto che il fatto non è così diretto e palese anche perché la stampa in generale non ha parlato e non parla molto di questa esposizione universale e soprattutto, in tema di lavoro, ci sono state poche note, per lo più negative e relegate nelle pagine locali dei quotidiani milanesi. Aggiunge poi che nello schema di impaginazione di Narrativa-Saggistica, si evita di mettere due ritratti ma si opta sempre per un solo ritratto di un autore di cui si parla e per  una fotografia d’illustrazione. Accetta senza problemi la mia critica, “di un lettore professionale e per di più fotografo” e ammette l’errore. 

La professionalità del fotografico (una caposervizio e quattro ricercatori iconografici) ha fatto scegliere una bella fotografia per illustrare Expo, generica - come da indicazione del resto - ma che, giustamente, richiama il discorso sul cibo tema centrale dell’esposizione 2015; una fotografia leggibile anche in una dimensione relativamente piccola nell’impaginato. La professionalità - e aggiungo la buona fede - di Arosio è indiscutibile come quella dell’ufficio grafico che qui deve destreggiarsi a mantenere equilibrate le due pagine giocando sulla posizione delle quattro riproduzioni delle copertine dei libri, due fotografie, un bastone di separazione fra due colonne nella pagina dispari e un carattere in grassetto per la rubrica Controvento nella pagina pari. Nonostante le professionalità la “macchina” di costruzione del giornale ha avuto lo stesso un intoppo.

  • fonte: l'Espresso n.27, 9 lug 2015, pp.102-103

Avendo 3 vecchi numeri del giornale a casa sono andato a vedere le pagine di Narrativa-Saggistica per vedere come se la sono cavata le altre volte con lo schema ritratto/illustrazione e quindi con la necessità di avere sempre una fotografia d’illustrazione per il tema di un libro o il concetto di un saggio. Nel numero del 9 luglio le due pagine sono perfette con due fotografie in b/n: una trincea nella Prima guerra mondiale a illustrare il “romanzo-memoir” di Stefan Hertman e un ritratto a figura intera di Gregory Peck con Ingrid Bergman nel film di Hitchcock Io ti salverò a illustrare la riedizione dal Saggiatore del libro omonimo da cui è stato tratto il film. 

  • fonte: l'Espresso n.28, 16 lug 2015, pp.94-95

Nel numero successivo de l’Espresso compare invece una “Aurora boreale” come illustrazione alla recensione di un libro di poesie. E qui il nesso mi sfugge di nuovo. Come mi sfugge per la fotografia - senza didascalia e firmata Xxxxxxxx - di due edifici moderni che si affacciano su dei canali con un cielo inspiegabilmente grigio (malamente ritoccato?) sopra la recensione di un romanzo di Dag Solstad ambientato a Oslo. 

  • firma: Xxxxxxxx
  • fonte: l'Espresso n.29, 23 lug 2015, p.98
  • nota: la firma, anche se sembra strano, è quella che appare

Visto il sistema potrebbe trattarsi di una immagine di Oslo e scopro infatti in internet che si tratta del museo. Nella elementare logica dell’illustrazione che il settimanale ha scelto di seguire per queste pagine, la fotografia è corretta anche se avrebbe dovuto avere la didascalia per essere comprensibile.

Insomma questa estate c’è stato qualche intoppo di troppo alla redazione de l’Espresso. Forse si era rotta l’aria condizionata.