Andrea Pogliano

Le immagini delle notizie

Finalmente! Questo di Andrea Pogliano, docente di media e rappresentazioni visuali all’Università del Piemonte orientale, è uno studio di cui per anni ho sentito la mancanza chiedendomi perchè nessun serio ricercatore avesse intrapreso un’analisi sul newsmaking visuale; ovvero perché nessuno studioso italiano di media si sia mai preso la briga di – almeno – iniziare a studiare i meccanismi che conducono alla scelta e alla messa in pagina delle fotografie d’informazione.
Pogliano dopo una panoramica storica sugli studi - essenzialmente anglosassoni e francesi - del newsmaking visuale, osserva i fotografi e l’organizzazione redazionale dei settori delegati alla messa in pagina delle fotografie.

Ha fatto interviste a fotogiornalisti, è andato nella redazioni del Corriere della sera e de il Manifesto in Italia e in Francia in quelle di Le Figaro e di Liberation per vedere come sono gli ambienti di lavoro, per scoprire quali sono i singoli passaggi attraverso cui si svolge il lavoro, ha dialogato con i redattori. Ha usato quello che in sociologia si chiama metodo etnografico.
Leggendo questa parte dello studio emerge chiaramente come le foto che compaiono sulle prime pagine dei giornali o quelle relative ai temi dell’attualità più politicamente significativa non siano scelte a casaccio come spesso qualcuno di noi sostiene; il risultato dell’impaginato finale risulta invece frutto di attente valutazioni, a volte di sottili equilibri (o equilibrismi ndr). Se Gianluigi Colin nel suo saggio La Tirannia della visione (in L’ immagine fotografica 1945-2000, Einaudi 2004) parla di gerarchie e poteri all’interno delle redazioni e “del sistema dell’informazione” come “contenitore di campi di forze”, Pogliano ci racconta nel vivo come le forze si confrontano o si scontrano nella creazione del prodotto giornale. Forze che in alcuni casi nella sua ricerca rimangono sconosciute, chiuse al di la della porta della redazione fotografica. La valenza dei poteri in campo nelle redazioni sarebbe però apparsa più chiara se per ogni giornale analizzato fosse stata fornita almeno una scheda sintetica di presentazione della testata con dati sulla proprietà, posizionamento sul mercato e orientamento politico se dichiarato. Qualche informazione in più avrebbe aiutato il lettore a capire a fondo i meccanismi e a contestualizzare i comportamenti. Manca soprattutto qualche cenno alla storia contemporanea dei giornali e, in particolare, alla cosidetta settimanalizzazione dei quotidiani italiani che in questi ultimi anni incide non poco nell’ambito delle scelte fotografiche.
Nel vuoto della ricerca in tema fotogiornalismo questo lavoro rimane comunque un bel supporto di studio, se non altro per aver rappresentato quel nodo centrale - le redazioni - che sancisce il senso delle fotografie d’ informazione.
Il linguaggio del libro può apparire a tratti ostico per chi non abbia familiarità con gli studi sociologici sull’informazione ma non c’è da scoraggiarsi. C’è semmai da fare un salutare sforzo, soprattutto fra i fotogiornalisti, per capire, fra le altre cose, come siamo considerati nelle redazioni e chi siamo. Vi iscrivete nella categoria dei fotoreporter overshooting, che di un avvenimento scattano tutte le immagini possibili con diverse angolazioni e inquadrature e poi scegliete o siete degli providing standard pictures, cioé scattate solo le foto che siete sicuri andranno bene per questa o quella testata? Va da sé che la risposta non la troverete nel libro ma pensando al vostro percorso professionale e a come lavorate tutti i giorni. Può essere utile saperlo.

Carlo Cerchioli