Lo stato della fotografia in America. Un appello

  • didascalia:

    A senior delegate at the 2000 Democratic National Convention.

  • firma: Ed Kashi
  • fonte: TIME
  • titolo articolo:

    What Trump’s Win Says About the State of Photography in America.

  • nota: L'articolo compare nella sezione Lightbox come Opinion

Quasi in risposta all’analisi sullo scadimento dell’informazione per immagini fatta da Michael Shaw sulla Columbia Journalism Review di cui abbiamo parlato, Time pubblica il 21 novembre 2016 un accorato appello dei fotogiornalisti Ed Kashi e Gabriel Ellison-Scowcroft rivolto ai colleghi e ai giornalisti.

“E 'il momento di abbandonare le figure retoriche che sono state così dannose per la nostra società e mettersi al lavoro per raccontare storie che informino e aiutino le persone a prendere le decisioni migliori.”

Si parte da semplici constatazioni. Nelle precedenti elezioni del 2008, le fotografie dei candidati erano state di grande impatto sull’elettorato. Damon Winter con le sue immagini della campagna di Obama aveva vinto il Premo Pulitzer. Al contrario, in quest’ultima tornata elettorale, le immagini sono state meno significative per il pubblico che sembra aver reagito solo ai messaggi dei social media. Nessuna fotografia d’impatto è emersa fra le tante per il suo valore informativo. In fondo guardare le tante immagini di Trump che grida al microfono è come guardare sempre la stessa fotografia. Sì, ci sono stati lavori eccellenti sulle convention repubblicana e democratica ma non hanno avuto effetto sulla comprensione degli avvenimenti da parte del pubblico.

Kashi e Ellison-Scowcroft non hanno una spiegazione valida da portare se non che entrambi gli schieramenti sono rimasti intrappolati dall’effetto eco dei social network.  Il pragmatico invito rivolto a tutti i colleghi è di pensare con maggiore senso critico a come vengono caratterizzati i soggetti delle loro storie. A concentrare la propria attenzione anche su quella parte di America - rurale soprattutto - che ha votato Trump e che non per questo è ignorante e razzista ma che, come altre comunità marginali o minoranze razziali, hanno bisogno di piani d’investimento in educazione, sanità, sicurezza e abitazioni.

“Dobbiamo chiedere di più a noi stessi come storyteller e dobbiamo cercare media più inclusivi per condividere il nostro lavoro. Questo è il mio appello (…): uscite e usate le vostre voci per raccontare le storie di queste comunità. Hanno bisogno del vostro aiuto. La nostra democrazia ha bisogno del vostro aiuto”. 

A noi tutto questo può anche suonare strano, una specie di manifesto dello zio Sam che puntando il dito dice I Want You. In realtà si tratta semplicemente di due professionisti che credono nel ruolo dell’informazione in una società democratica e invitano i colleghi ad abbandonare la vecchia retorica per fornire informazioni realmente utili.