Nel panorama fino ad ora scarsamente innovativo dei siti dei giornali italiani Donna Moderna, settimanale femminile della Mondadori, ha messo in cantiere nelle sue pagine web - per un anno - il progetto speciale #Ricominciamo dedicato al terremoto che il 24 agosto 2016 ha raso al suolo Amatrice ed Accumuli. Ha affidato ad un fotogiornalista immagini e testi raccolti settimanalmente nei luoghi del sisma. Un modo per fare informazione staccandosi dalle contingenze ormai classiche che seguono questi disastri. Niente sfilate di politici, polemiche sugli allarmi o i ritardi dei soccorsi, solo un racconto giorno per giorno per vedere come cambiano le vite attraverso i volti, le testimonianze o le semplici parole dei soccorritori e delle persone scampate. Si scoprono tanti piccoli grandi particolari delle operazioni di soccorso ignorati dalle cronache classiche e soprattutto si scoprono le persone. Ognuno con le sue reazioni di fronte alle perdite, ai lutti, ad un paese quasi totalmente distrutto di cui rimangono solo le immagini nelle mappe di Google.
L’idea base è della caporedattrice Donatella Gianforma che poi condividerà con Liliana Di Donato, caporedattrice anche lei, il lavoro di editing del progetto. Dopo aver passato una notte a seguire le dirette televisive dalle zone del terremoto Gianforma si chiede cosa succederà ai sopravvissuti. Come sarà il ritorno alla normalità degli abitanti di paesi da ricostruire totalmente. La redazione ne discute e viene deciso di seguire passo passo l’evolversi della situazione nel cratere del terremoto. Sono previsti un articolo ogni mese per la rivista in edicola, un aggiornamento a settimana sul web e un libro finale. Come ha scritto la direttrice, Annalisa Monfreda, nell’editoriale del 18 ottobre scorso, “cercando di restituire ciò che è più vicino alla verità”.
Capitolo 37 - Il terremoto visto dal cielo - Amatrice
Ho parlato di cantiere non casualmente perché, come mi ha raccontato Luca Pitoni, grafico responsabile del design del progetto con Giacomo Traldi, in mancanza di un qualche modello di riferimento - sino ad ora si sono visti principalmente i longform del New York Times fatti però a riprese terminate - si è deciso di creare un live longform aggiustando e perfezionando il tutto in corso d'opera grazie ad un lavoro “in comunità” anomalo rispetto alla tradizione delle redazioni.
Il lavoro fotografico è giocato su due registri principali, il classico reportage e la fotografia di documentazione. Colore e bianco nero si alternano in funzione delle condizioni di ripresa. Ci sono anche filmati e fotografie ripresi con un drone, filmati di semplici interviste e brani audio sotto un’immagine fissa. Il dossier corre in verticale con i capitoli in sequenza numerica. Alcune storie sviluppate a distanza di tempo vengono raccontate in più capitoli e le puntate precedenti sono segnalate sotto le nuove. Quando le fotografie rappresentano momenti di una stessa situazione la sequenza è presentata in orizzontale come in un classico slideshow, da sinistra a destra. I testi si alternano con le immagini e non sono le classiche fredde e distanti didascalie. Il lettore è informato sui soggetti, i tempi, i luoghi di ripresa attraverso una piccola storia scritta con misura e in tono partecipativo. Stati d’animo ed emozioni dei soggetti - e anche quelle del fotografo - sono raccontate con rispetto senza eccessi e senza reticenze.
Scotti è soddisfatto di come si è svolto e di come è stato pubblicato il suo lavoro. Nella nostra conversazione telefonica ha sottolineato come in una situazione dove, anche a livello internazionale, la produzione di contenuti per il web sia “in affanno” e non abbia ancora trovato un modello economico, Donna moderna abbia fatto “un investimento coraggioso”. Il progetto totale finalizzato a tre diverse “piattoforme” ha richiesto un certa dose di flessibilità da parte di tutti. Le modalità espressive del fotografo e le esigenze redazionali hanno preso ognuno un poco la forma dell’altra per arrivare a tre diversi momenti di sintesi: per il web, la rivista e il libro. Valga da esempio il capitolo 20 “Il terremoto raccontato dalle bambine”. Scotti ha ridotto circa 5 ore di registrazione sonora dei dialoghi di un gruppetto di studentesse della scuola media Romolo Capranica che parlano del “loro terremoto” a un montato di 38 minuti palesemente fuori dai tempi di fruizione del web. Dopo le prime perplessità redazionali la valenza del documento, la sua “schiettezza” gli ha fatto guadagnare comunque la messa online. La spontaneità del racconto è - paradossalmente - esaltata dall’essere proposto in un audio che corre sotto una sola fotografia fissa.
Qualche metro in una traversa di corso Umberto I e da una mansarda pende un cordone di lenzuola legate; il palazzo sotto è sbranato, un vuoto enorme con ancora la carta da parati sui muri. Chi occupava la mansarda deve aver annodato le lenzuola per calarsi a terra la notte del sisma.
Al posto degli addobbi natalizi piazza San Benedetto a Norcia è agghindata dalle impalcature che sorreggeranno la facciata della basilica. Poco più a destra tre gru sono protese su quello che rimane della chiesa di Santa Maria Argentea: devono estrarre le campane dalla torre che ò rimasta in piedi. Le campane, come gran parte dei cimeli recuperati dalle chiese umbre, verranno prese in consegna dai Carabinieri e depositate in un hangar della Soprintendenza a Spoleto.