Zero, virgola, zero-zero-tre Megapixel

  • didascalia: nessuna didascalia
  • firma: fotografia non firmata
  • fonte: L'unità del 16/12/2006, pag. 11
  • titolo articolo: Teheran ha ridato voce ai negazionisti
Ci è stato a volte rimproverato di parlare “solo” di teoria, di imbastire discorsi inutilmente complessi, di svolazzare nei perigliosi territori della massmediologia, dell’iconologia, della semiotica. Se così è stato, e non vogliamo certo scusarcene o giustificarci, significa che questi erano gli strumenti più adatti nelle occasioni in cui sono stati utilizzati.
A dimostrazione che ogni ambito richiede suoi propri metodi d’indagine e idonei parametri di riferimento, faremo ricorso questa volta ai numeri, alla matematica e all’ABC delle conoscenze tecniche della fotografia digitale.
Partiamo da Ahmadinejad e dalla sua iniziativa di indire a Teheran, nei giorni scorsi, il convegno degli storici negazionisti. I giornali hanno dedicato molte pagine all’evento e alla sua interpretazione dal punto di vista politico. Tra i tanti, L’Unità del 16 dicembre ha aggiunto un’interessante informazione per aiutare ad inquadrare meglio la scandalosa vicenda di quella piccola ma agguerrita schiera di storici che pretendono di confutare lo sterminio di sei milioni di ebrei da parte del regime nazista.
Ecco allora l’opportuna ed interessante intervista a una studiosa che ha analizzato i metodi di lavoro di questi “storici” nell’analizzare le fonti dalle quali migliaia di altri storici hanno tratto invece inconfutabili certezze sulla drammatica realtà della Shoah. La ricercatrice universitaria Valentina Pisanty, semiologa e docente di filsofia del linguaggio dell’Università di Bergamo sull’argomento ha scritto alcuni saggi e un volume.
L’intervista, ricca di informazioni, è “completata” da un ritratto fotografico della ricercatrice. Il ritratto misura, sulla pagina, cm 4x4. E’ poco definito, poco inciso, o mosso. Sembra un ingrandimento eccessivo. E’ anche poco contrastato, un pappone grigio di infima qualità. Al di là di valutazioni di carattere estetico, ciò che disturba maggiormente è la difficoltà a riconoscere perfino i tratti somatici della ricercatrice intervistata. La riconoscibilità rappresenta il valore minimo per poter utilizzare la foto di una persona sulla pagina di un giornale.
  • didascalia: Nessuna didascalia
  • firma: Fotografia non firmata
  • fonte: L'unità del 16/12/2006, pag. 11
  • titolo articolo: Teheran ha ridato voce ai negazionisti
Possiamo fare qualche azzardo sul perché di questa qualità minima: la persona è stata rintracciata, è stata intervistata e, escludendo “ovviamente” a priori (nella logica dei quotidiani nostrani) l’ipotesi di commissionare ad un fotografo l’esecuzione di un ritratto appositamente per il giornale, in mancanza di foto d’agenzia di un personaggio non presente negli archivi, ci si è accontentati di una foto reperita dopo una breve ricerca con Google. Vediamola.
  • didascalia: Semiologist Valentina Pisanty with the British Defence Attaché
  • firma: Fotografia non firmata
  • fonte: Sito del British Council (http://www.britishcouncil.org)
La foto, l’unica che si ottiene digitando nome e cognome della ricercatrice, si trova sul sito del British Council Italiano (http://www.britishcouncil.org/it/italy-governance-pontignano-2004.htm ), e ha una didascalia che recita: “Semiologist Valentina Pisanty with the British Defence Attaché” ed è relativo ad un convegno svoltosi nel 2005 alla Certosa di Pontignano. La foto, nella sua interezza, è di 230x230 pixel e pesa 16 KB. Un “oggetto” leggero adatto ai siti internet.
Il volto di Valentina Pisanty, all’interno del gruppo di persone ritratto in questa foto, occupa un’area di circa 60x60 pixel. Lo scriviamo in lettere, per evitare fraintendimenti: sessanta per sessanta pixel e pesa 7 (sette) KB.
  • didascalia: Semiologist Valentina Pisanty with the British Defence Attaché
  • firma: Fotografia non firmata
  • fonte: Sito del British Council (http://www.britishcouncil.org)
  • nota: Abbiamo ingrandito la fotografia in modo da rendere visibile la pixellizzazione che la caratterizza
Questa è la qualità originale del ritratto pubblicato! Stupefacente! Un primato negativo finora forse mai raggiunto dalla stampa italiana: 0,0036 Megapixel.
L’immagine, lavorata un po’ al computer, gonfiata e pompata fino ad avere il numero di pixel adatti alla pubblicazione, non porta con sé, naturalmente, un bit d’informazione in più di quanto non avesse l’immagine di partenza. La definizione di una immagine digitale, lo dice la teoria dell’informazione e lo conferma la pratica sul campo, se non c’è fin dall’inizio, non la si può creare a posteriori. Non c’è “Genuine Fractals” o interpolazione bicubica che possano soccorrere una simile vacuità informativa. Da 60x60 pixel non si potrà mai cavare niente di decente. Niente di pubblicabile. Eppure in un giornale nazionale ci siamo ridotti a vedere anche questo.
Antonio Gramsci, il fondatore, crediamo non ne sarebbe contento, pur ricordando che spesso gli intellettuali italiani hanno avuto scarsa attenzione per le fotografie utilizzate nei media.

Marco Capovilla

P.S. I colleghi che leggono queste note, se hanno appena acquistato una reflex da 10, 12 o addirittura 16 megapixel per migliorare la “insufficiente” risoluzione del loro precedente corpo macchina, non si scoraggino. Esistono ancora giornali e riviste che valorizzano il loro lavoro e che sanno utilizzare la definizione, la ricchezza di toni e di sfumature di colore che derivano da un buon file da 30, 36 o 48 mega.