Fotoritocco: quando il troppo stroppia

  • didascalia: Demi Moore
  • firma: Mert Alas e Marcus Piggott
  • fonte: W
Si moltiplicano le discussioni sull'uso e abuso dei fotoritocchi nelle redazioni di molti giornali e in campo commerciale. Sulla copertina di dicembre della rivista americana "W magazine" è stata pubblicata una fotografia di Demi Moore che ritrae l'attrice con un volto fresco e, soprattutto, un fisico tonico e asciutto come quello di una modella. Fin troppo per i suoi 47 anni, tanto che in molti si sono insospettiti.

Tra i primi a denunciare le presunte manipolazioni dell'immagine, il fotografo Anthony Citrano che ha puntato il dito sul fianco sinistro dell'attrice, che sembra inesistente e non allineato con la coscia (fonte: Boing Boing ). Malgrado l’immagine sia stata bollata da molti blogger come "il peggior fotoritocco della storia" (fonte: East Coast Radio ) e sia stata inserita nel blog Photoshop Disasters – che raccoglie i ritocchi fotografici più malfatti in campo pubblicitario – Demi Moore ha prontamente smentito ogni manipolazione attraverso il social network Twitter, da lei molto usato. L’attrice ha postato sul sito quella che sostiene essere la foto originale (coincidente con l'immagine di copertina di "W magazine"), precisando che i suoi fianchi non sono stati modificati e invitando gli internauti a non credere a simili insinuazioni (fonte: Huffington Post ).

Un portavoce di "W magazine", inoltre, ha assicurato alla redazione di Jezebel.com che i fotografi Mert Alas e Marcus Piggott «non hanno fatto niente di strano o fuori del comune per la foto. Demi è una donna di una bellezza straordinaria e riteniamo che la nostra copertina rifletta ciò». Anthony Citrano, dal canto suo, ha promesso di offrire cinquemila dollari in beneficenza se la Moore riuscirà a dimostrare l'autenticità dello scatto (fonte: Elle ).

Autenticità ulteriormente messa in discussione dalla comparazione - pubblicata su numerosi siti - tra l'immagine contestata e una fotografia della modella polacca Anja Rubik, immortalata mentre sfila con lo stesso modello d'abito indossato dall'attrice: dal confronto sembra proprio che la foto pubblicata su "W magazine" sia stata ottenuta sovrapponendo il volto di Demi Moore (già di per sé alleggerito dai segni dell'età) al corpo della modella 26enne.

Simili insinuazioni hanno irritato non poco l'attrice, che ha deciso di procedere per vie legali. I suoi avvocati a fine dicembre hanno scritto al blog americano "Boing Boing", uno dei primi ad accendere i riflettori sulla copertina della rivista, per chiedere sia la rimozione del post in cui era stato ipotizzato il ritocco della fotografia sia la pubblicazione di un messaggio di smentita e di scuse. Il sito è stato accusato di aver pubblicato notizie false e diffamatorie ed è stato messo in guardia sulle conseguenze legali di un mantenimento del post (vedi l'articolo della Stampa ).

"Boing Boing", dal canto suo, non si è lasciato intimorire e il testo è ancora lì, al suo posto. "La capacità di discutere liberamente la provenienza e le eventuali operazioni di postproduzione di una foto […] è una libertà che crediamo debba essere preservata" si legge nella lettera inviata dal legale del blog agli avvocati di Demi Moore. Lettera nella quale viene anche precisato che il sito in passato ha affrontato numerose volte il tema della manipolazione digitale e che non era sua intenzione offendere l'attrice (fonte: Boing Boing ).

Un ulteriore "colpo di scena" ha alimentato, inoltre, le discussioni sul caso: sulla copertina di gennaio della versione coreana di "W magazine", il ritratto di Demi Moore sembra fornito di un'anca sinistra più "in carne" rispetto all'edizione americana (leggi il commento di Anthony Citrano ).

Qualche mese fa anche lo stilista statunitense Ralph Lauren era stato duramente criticato per aver fatto uso di immagini fortemente ritoccate di alcune sue modelle. La testimonial Filippa Hamilton era apparsa in una fotografia con la testa molto più larga del busto e del girovita. Le polemiche scatenate dall'uscita della campagna pubblicitaria avevano costretto la casa di moda americana a scusarsi pubblicamente. «In 42 anni abbiamo costruito un marchio costruito sulla qualità e l'integrità» aveva detto un portavoce. «Riconosciamo di essere responsabili di una foto di scarsa qualità e che i ritocchi hanno dato un'immagine molto distorta del corpo femminile» (fonti: CNR Media , Corriere.it ).

Peccato che poco tempo questa dichiarazione, stessa sorte toccò alle immagini di un'altra testimonial della casa, la modella Valentina Zelyaeva .

Le passate polemiche, insomma, non hanno cambiato molto le cose in ambienti – come quello delle passerelle e dello spettacolo – dove da tempo i fotoritocchi sono all'ordine del giorno (leggi l'articolo del New Yorker su Pascal Dangin , considerato il “re di Photoshop“ nel mondo della moda).

Certo, non solo gli addetti ai lavori, ma ormai anche molti lettori e consumatori sono consapevoli del fatto che uno scatto fotografico, prima della pubblicazione, è quasi sempre soggetto a correzioni e aggiustamenti e che le celebrità nella realtà son ben diverse da come appaiono sulle copertine patinate delle riviste. Ma se per alcuni è già discutibile il fatto che il ritocco digitale venga usato per cancellare ogni traccia di rughe e imperfezioni, figurarsi quante discussioni di natura etica e sociale sollevano gli interventi più estremi, che stravolgono un intero corpo o che lo componono "a tavolino" in nome di un'ideale estetico (ecco alcuni esempi tratti da Youtube: youtube 1 , youtube 2 ).

In Francia, la deputata dell'UMP Valérie Boyer ha depositato lo scorso settembre all'Assemblea nazionale un progetto di legge , che prevede l'obbligo di aggiungere ai ritratti corretti con i programmi di photoediting la dicitura "fotografia ritoccata per modificare l'apparenza corporale di una persona". «Non sono contro il ritocco fotografico» ha spiegato. «Non si tratta di limitare la creazione artistica, ma di dire la verità ai cittadini e ai consumatori».

L'iniziativa è stata accolta con scetticismo nell'ambiente della fotografia e nelle redazioni delle riviste di moda e per adolescenti. Ma per la deputata, che pensa che non tutte le persone sappiano distinguere tra un'immagine costruita e una no, ne va di mezzo la salute pubblica. Tanto che nel progetto, presentato a nome della Boyer e di quasi una cinquantina di altri deputati, è suggerita per i trasgressori una pena pecuniaria di 37mila e cinquecento euro. «In una società – ha detto la parlamentare – dove l'immagine del corpo è sempre più standardizzata, o dove si rinnegano i corpi reali e la loro diversità, le conseguenze psicologiche di certe fotografie sulla popolazione, soprattutto femminile, sono indiscutibili. La pressione esercitata da immagini irreali è ancora più insopportabile, perché oltre a creare frustrazione, può generale dei problemi nella rappresentazione di sé tra i più giovani e i soggetti più fragili» (fonti: tvmag.com e il sito della deputata).

La legge proposta non si limita alle fotografie commerciali pubblicate nei giornali, ma abbraccia un campo ben più vasto, includendo, per esempio, anche le foto stampate sulle confezioni dei prodotti, le immagini dei manifesti elettorali e le fotografie artistiche. «Non si vuole vietare le foto ritoccate – precisa però la Boyer – bensì segnalarle nel campo pubblicitario o nelle riviste per chiarire il confine tra l'immagine reale e immagine virtuale. Le foto d'arte vendute in una galleria o su Internet non sarebbero coinvolte dalla legge» (vedi l'approfondimento della rivista svizzera femina.ch ).

Oltre che negli Stati Uniti e in Francia, anche nel Regno Unito i fotoritocchi esagerati hanno suscitato forti polemiche. L’ente di vigilanza sulla pubblicità, per esempio, ha censurato e condannato al ritiro – perché giudicata "fuorviante" - la campagna pubblicitaria di una casa di cosmetici che aveva come testimonial la celebre modella degli anni Sessanta Twiggy, la cui immagine era stata pesantemente ritoccata . La linea di creme pubblicizzata, destinata alle pelli mature, prometteva "occhi più luminosi", con meno rughe e occhiaie, proprio come quelli della celebre sessantenne, che però erano stati ringiovaniti non dai prodotti, bensì dal mouse di un computer (fonte: Il Messaggero.it ). La parlamentare liberal-democratica Jo Swinson nei mesi scorsi, grazie a una campagna su Internet, aveva a raccolto più di 700 proteste che chiedevano reclami per chiedere che la pubblicità fosse dichiarata, oltre che ingannevole, anche socialmente irresponsabile, dato che avrebbe potuto avere un impatto "negativo sulla percezione che le persone hanno dell'immagine del proprio corpo". Accusa che, tuttavia, l'ente di vigilanza ha respinto, spiegando che i consumatori a cui la pubblicità era rivolta (quindi di età matura) avrebbero potuto aspettarsi "un certo grado di glamour" nelle immagini dedicate ai prodotti di bellezza (fonte: The Guardian.co.uk ).

Jo Swinson, che ha solo 29 anni, nei mesi scorsi ha convinto il Partito dei Liberal-democratici ad adottare la sua proposta di istituire un sistema di etichettatura per le immagini alterate digitalmente e di vietarle nelle comunicazioni rivolte ai minori di sedici anni (maggiori dettagli sul sito della parlamentare).

Le proposte di segnalare sulla stampa le immagini fotoritoccate dividono gli addetti ai lavori. In Francia la fotografa Nadine Maltese ha lanciato una petizione contro il progetto di legge sostenuto dalla Boyer, aprendo su Facebook un apposito gruppo di cui fanno parte oltre milletrecento persone, tra fotografi, artisti, grafici, modelli e internauti vari. «Da quando la fotografia è nata – spiega la donna – le immagini sono sempre state ritoccate. È una pratica che non è nata oggi perché è legata alla fotografia stessa. Il ritocco comincia dall'inquadratura, dalla qualità dei materiali, dalla macchina utilizzata, ecc. In base alle scelte fatte, cambierà anche l'immagine». E a chi attribuisce alle odierne fotografie di moda o pubblicitarie parte delle responsabilità nella nascita di disturbi alimentari, risponde: «La rappresentazione del corpo, l'interpretazione artistica non ha mai portato a una malattia mentale! Il problema non deriva dalle foto, ma dall'industria che si è sviluppata attorno ai concetti di magrezza ed eterna giovinezza».

Nadine Maltese vuole difendere la libertà creativa nel campo dell'arte e della pubblicità, però è la prima ad invocare misure governative volte a sanzionare le manipolazioni di immagini nel campo dell'informazione (vedi il forum , da lei moderato, dedicato alle "fotografie che hanno falsificato la storia"). E il punto fondamentale è proprio questo: l'informazione giornalistica ha diritti e doveri specifici. Che sia essa scritta o visiva, le è richiesto di rispettare la verità, almeno sostanziale, dei fatti. Le immagini fortemente ritoccate o frutto di un fotomontaggio, indipendentemente dal soggetto ritratto, non rispecchiano la realtà e non contribuiscono, una volta scoperte, ad alimentare la fiducia dei lettori. Nonostante questo, però, negli ultimi anni diverse riviste non si sono certo fatte problemi a pubblicare fotoritocchi in copertina (leggi il nostro approfondimento ). Anche se, riguardo almeno ai giornali femminili dai quali siamo partiti, c'è chi ha iniziato a mettere in discussione sia gli eccessi del fotoritocco, sia l'ideale estetico della perfezione e dell'eterna giovinezza.

Elle France , per esempio, lo scorso aprile aveva deciso di andare contro corrente proponendo in copertina alcune "star senza fard": otto celebrità – tra cui Monica Bellucci, Sophie Marceau, Eva Herzigova – ritratte al naturale, senza trucco né inganno.

Monica Nardini

Per saperne di più: il servizio di W .