Beckham batte il Papa 182 a 28

di Stefano Miliani
pubblicato su l'Unità il 12 agosto 2003

Sono 182 le foto del calciatore inglese messe in rete in una giornata qualsiasi dalle agenzie fotografiche mentre il presidente Usa si ferma appena a 37. Ma c’è un criterio nel gran diluvio di immagini che piove ogni giorno nelle redazioni di giornali e tv?

Ogni giorno, nelle redazioni di quotidiani, settimanali e siti internet, piovono grappoli di fotografie da tutto il globo terracqueo. È materia prima, indispensabile. È un diluvio in apparenza magmatico, indistinto. A osservarla con un attimo di pazienza questa pioggia rivela il mondo in cui viviamo, anzi cosa scatena la curiosità di chi dovrebbe raccontare quel che accade, dei mass media. E non è detto che i due aspetti coincidano sempre. Infatti non mancano le sorprese.

L’avreste detto che il calciatore inglese David Beckham in forze al Real Madrid, impegnato in una partita a Honk Kong che si presume non sconvolga gli equilibri mondiali del football, surclassi alla grande attentati, politici, superpotenze, Bush, Blair, l’attualità, divette e divi dello spettacolo? Eppure è così. Se non è delirio, una logica deve esserci. Proviamo a vedere quale. Rammentando che i fusi orari hanno il loro peso, prendiamo per campione la tarda mattinata di qualche giorno fa, per la precisione il 7 agosto 2003. In Iraq la situazione è bollente e drammatica, un’autobomba devasta l’ambasciata giordana, si contano i morti, i feriti, altri marines sono stati uccisi in un agguato, lo stazionamento statunitense nel paese occupato continua a dimostrarsi molto complicato. È l’argomento del giorno, dal paese mediorientale le agenzie inviano la dose più massiccia di foto: 242 su un totale di 3798. Segue, a breve distanza, Israele: 235 immagini includendo nella dizione palestinesi, coloni, la spianata delle moschee dove vogliono salire provocatoriamene quelli del Likud, posti di blocco, gli sguardi perplessi di alcuni israeliani, è la litania permanente di un cancro che non accenna a essere estirpato.

In un’ideale agenda di immagini fresche di giornata poi cosa collochereste? Gli incendi su e giù per l’Italia? George «dabliù» Bush? La carneficina in Liberia? No, qui spunta il biondo giocatore inglese Beckham: si inserisce in questa teorica classifica con 182 scatti tutti per lui e per chi lo ammira. Uno dirà: deve aver combinato qualcosa di grosso. Avrà realizzato un gol spettacolare dopo aver dribblato almeno metà degli avversari in una partita decisiva (Maradona lo fece), avrà segnato imprimendo uno strabiliante effetto parabola alla palla calciata dal corner. O, sul mondano: avrà lasciato la furbissima mogliettina «Posh » ex Spice Girl per accalappiare Condoleeza Rice o Cameron Diaz. Niente, non ha realizzato nulla di così eclatante. L’ala destra ha segnato un bel gol (è il suo mestiere) nello stadio di Honk Kong dove i bianchi del Real Madrid hanno fatto tappa in un tour orientale sfidando la paura della Sars. Così il biondo divo con codino, idolatrato da stuoli di ragazzine, viene immortalato disteso sul prato (di spalle, posizione dell’odalisca di Monet) mentre osserva uno del servizio di sicurezza inseguire un fan a caccia di un autografo, mentre entra negli spogliatoi, mentre bacia la sfera di cuoio nemmeno fosse la sua donna, mentre corre, mentre si ferma, mentre guarda, mentre pensa, in una maxifoto esibita davanti all’obiettivo da un gruppo di allegrissime ragazze cinesi. Con i suoi 182 scatti batte i 173 spediti tra la sera precedente e la mattina da Jakarta, teatro di un attentato all’Hotel Marriot.

Beckham supera anche le 142 foto dalla Liberia, tra ribelli superarmati, donne disperate in cerca di cibo, cadaveri accanto a un teschio in una pozzanghera urbana, truppe sbarcate da un elicottero bianco targato Nazioni Unite. Scendendo, si precipita a 66 immagini del caldo e degli incendi, a 37 del presidente degli Usa, a 28 sia del papa sia del presidente della Repubblica Ciampi in vacanza, a 26 dall’Afhganistan, a 20 di Schwarzenegger (le foto sull’attore dalla mascella indistruttibile autocandidato a governatore della California in serata aumenteranno), a 18 di Blair. Assenti i politici italiani.

Questo calcolo ricorda prima di tutto come il bombardamento di notizie talvolta esuli dal peso reale delle notizie stesse. Dipende anche da investimenti in pubblicità, dalla pubblicità, dagli uffici stampa. Al pari di altri divi dello sport l’ex ala destra del Manchester United trasferita nella squadra di Zidane è un fenomeno mediatico, una macchina da miliardi. Come tale il Real lo tratta: una banale partita a Honk Kong diventa il pretesto per diffondere il volto del campione a ogni latitudine e longitudine, per riverberarne il mito e dunque il valore economico presso i testimonial. Qualche varco sui giornali, come fotonotizia, il bel Beckham a Honk Kong tanto lo trova.

Secondo punto, sempre per fornire qualche ragguaglio a chi non vive dentro l’ingranaggio: le immagini comunicano, sono notizia, i giornalisti hanno sempre la possibilità di scegliere, di selezionare, quindi mettere Beckham vuol dire ignorare qualcos’altro (magari di più curioso o insolito, non necessariamente d’argomento più pesante). Beckham, si penserà, «fa vendere copie».

Terza constatazione, e qui non servono gli aridi numeri. Guardando le foto salta agli occhi come la qualità cambi anche a seconda delle zone di provenienza. Gli scatti dall’Iraq e dalla Liberia sono efficaci, sono vivi con un soggetto netto, esplicito, in una composizione nitida. L’auto sventrata in primo piano a Baghdad si accompagna al marine che discute concitato con gli irakeni, alla donna che allarga le braccia e grida, o implora. Si legge la tensione. A Monrovia un uomo armato di mitragliatore imbraccia anche un bastone tribale, un gruppo di ribelli ammassato su un pick up sventola le armi in segno di potere e di sfida a uso del fotoreporter, si vedono corpi trasportati in una fossa comune. I particolari raccontano il dramma. Molte immagini provenienti da Jakarta invece non raccontano una storia, i dettagli si perdono in un quadro più indistinto. Dipende dalla bravura di chi fa clic. Questo significa semplicemente che i migliori fotoreporter dell’universo occidentale, siano free lance o spediti dalle agenzie, gente nomade, in questo momento stanno in gran parte in Medio Oriente e in Liberia. Stanno là dove la situazione è più incadescente. Sta a questo punto ai destinatari raccogliere il messaggio.
 
Stefano Miliani


Parlano gli addetti ai lavori

Toscani: «Siamo un mondo di karaoke»
Rincorrere il mercato, i vizi e le richieste uniformi dei giornali: l’inghippo sta lì, se piovono immagini di un campione anche in un giorno in cui non fa nulla di speciale. Un dato particolare che può indicare una tendenza generale. Lo si deduce ascoltando il commento senza peli sulla lingua del fotografo Oliviero Toscani: «Beckham fa vendere più della Liberia e siccome i giornali vanno venduti, sono un prodotto, come un gelato, allora è normale che arrivino tante foto del giocatore. È proporzionale alla richiesta, è un problema di marketing. Beckham è un bel ragazzo, guadagna miliardi. Siamo un mondo di karaoke». L’autore di immagini spiazzanti che hanno campeggiato sulle strade di molti angoli del globo non si stupisce ma non si adegua: «Quando morì Lady D furono sgozzate 40 persone in Algeria e nessuno ne parlò. Rimango sempre scioccato, quando apro i giornali ». Piuttosto nota come si possano compiere anche scelte diverse, non esiste una via unica e obbligata: «Sono stato quattro mesi a Libération, il quotidiano francese: lì hanno una cultura dell’immagine diversa da quella dei nostri giornali, a loro interessano foto più curiose, alternative».


«Che arrivino tante foto del calciatore - è il parere del critico di fotografia e direttore della Galleria civica di Modena Walter Guadagnini - vuol dire prima di tutto che quella macchina mediatica funziona in modo strepitoso, è totalmente scollegata anche dall’eventuale “evento”». Di conseguenza la selezione di quel che si vede può anche non corrispondere affatto a quel che accade davvero di importante. «L’altro discorso, faccio un’ipotesi, è un confronto con la televisione. Tra la foto di reportage, di qualità, tra l’attentato a Jakarta e Beckham, Beckham, quella del personaggio tiene di più per un giornale, riempie un buco, mentre sul piccolo schermo se quello non gioca serve a poco», conclude Guadagnini.


Notevoli perplessità sui meccanismi dei media le nutre anche Denis Curti, direttore della sede milanese dell’agenzia fotografica Contrasto: «L’argomento c’è e meriterebbe un’analisi approfondita. Oggi sono gli uffici di marketing a fare i giornali e questo è il prezzo che si paga». Un po’ come Oliviero Toscani anche Curti si definisce «sconcertato dall’atteggiamento superficiale e dalla concentrazione dell’informazione sugli stessi temi ». I giornali, nota, sono piuttosto refrattari ad allargare il raggio d’interesse: «Come agenzia puntiamo sull’approfondimento, su tematiche che riteniamo meritino una testimonianza e non vengono coperte o non sono richieste. Non è una scelta che, sul mercato, ci premia. Ma noi continuiamo a fare le nostre proposte ai giornali».
ste. mi. 

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Ringraziamo Stefano Miliani e l'Unità per aver concesso a fotoinfo di ripubblicare l'articolo.