Le solite foto tristi

  • didascalia: © Francesco Zizola/Noor Agency | Festival della Fotografia Etica 2017
  • firma: © Francesco Zizola/Noor Agency
  • fonte: http://www.festivaldellafotografiaetica.it/
  • titolo articolo: NOOR by NOOR: Ci sono cose che devono semplicemente essere viste
  • nota: http://www.festivaldellafotografiaetica.it/spazio-tematico-noor-it/

Giornalisticamente utile, fotograficamente fermo, quasi noioso. La recente visita al Festival di Fotografia Etica di Lodi mi ha confermato quello che sostengo da tempo: il fotogiornalismo è oggi indispensabile per conoscere e approfondire argomenti e fatti di attualità, ma è del tutto superato nella sua componente visiva.

Sarà che sto invecchiando, ma lì non trovo stimoli visivi, solo uniformità e standardizzazione, che ormai sanno di naftalina.

D'altronde sono passati i bei tempi d'oro e quasi tutti oggi, massacrati dalla crisi economica, si muovono con circospezione, costretti ad andare sul sicuro per compiacere quei pochi lettori e inserzionisti che ancora esistono e sono in gran parte di età avanzata, dato che i giovani preferiscono i nuovi media per informarsi. Tempi di immobilismo che si ripercuotono sulla produzione fotografica. Ferma la domanda, si ferma anche l'offerta. Gli stili sono ormai gli stessi, niente di fresco, niente di propositivo.

Il rischio di questa situazione sta nel fatto che tutto viene fotograficamente presentato con una retorica visiva facile e stucchevole. Apprezzata dal cosiddetto "largo pubblico"?

Non so: una parte di esso si avvicina sì a tematiche altrimenti irraggiungibili (e ciò mi pare cosa buona e giusta), ma un'altra parte cade in un effetto saturazione che alla lunga potrebbe allontanarlo dallo scoprire temi e argomenti importanti. "Le solite foto tristi" è il ripetuto commento, molto ascoltato a Lodi. Il "largo pubblico" quindi un po' si avvicina e un po' si allontana, in un travaso che rischia di lasciare tutto così com'è e di vanificare anche operazioni degne della migliore informazione.

L'ottimo reportage sui desaparecidos, "Destino Final" di Giancarlo Ceraudo, è un grande lavoro documentario, per non dimenticare una delle pagine più buie dell'umanità, ma perchè tutta quella retorica visiva? Che bisogno c'è di drammatizzare un argomento di per sè già drammatico? Il bianco e nero contrastato, gli sguardi angosciati, le atmosfere cupe: è davvero indispensabile la fotografia del dolore?

Queste pratiche poi portano spesso all'equivoco di presentare come opere d'arte quelle che invece sono delle buone e utili fotografie, ma nulla di più. Forse occorre ancora chiarire questo aspetto: chi si interessa di ricerca artistica e di innovazione nel linguaggio fotografico deve cercare altrove. Qui nel fotogiornalismo non ci sono artisti, ma ottimi artigiani dell'immagine. Impossibile dire che le loro foto non sono belle, ma - per esempio - la mostra dell'agenzia Noor a Lodi non sono neanche riuscito a vederla tutta, mi sono stancato prima della fine. È vero sono "cose che semplicemente devono essere viste", d'accordissimo, vanno viste per essere conosciute, ma così le abbiamo guardate troppe volte, il gioco del fotografo che presenta il collega è davvero eccessivamente autoreferenziale e ha pure stancato il continuo vantarsi delle medagliette vinte ai concorsi.

Onore al merito degli organizzatori del Festival che ci hanno fatto conoscere situazioni e approfondimenti importanti sul versante giornalistico (la lotta agli spacciatori nelle Filippine di Daniel Berehulak, l’Ucraina di Giorgio Bianchi, il Venezuela di Oscar B. Castillo, i suprematisti bianchi negli USA di Mark Peterson), non é certo colpa loro se il fotogiornalismo produce “le solite foto tristi”.

  • didascalia: © Giancarlo Ceraudo | Festival della Fotografia Etica 2017
  • firma: © Giancarlo Ceraudo
  • fonte: http://www.festivaldellafotografiaetica.it/
  • titolo articolo: Giancarlo Ceraudo - Destino Final
  • nota: http://www.festivaldellafotografiaetica.it/spazio-approfondimento-ceraudo-it/