UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA

FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN EDITORIA E SCRITTURA

A.A. 2008-2009

IMMAGINE E INFORMAZIONE. IL MESTIERE DEL FOTOGIORNALISTA IN ITALIA


Indice

  • Rosy Santella
  • IMMAGINE E INFORMAZIONE. IL MESTIERE DEL FOTOGIORNALISTA IN ITALIA

Introduzione


Capitolo 1
Dall’invenzione della fotografia all’avvento del fotogiornalismo


1.1 I precursori della fotografia     p. 1
1.2 Nasce un nuovo medium: la fotografia     p. 4
1.3 La fotografia: un linguaggio universale?     p. 5
1.4 La nascita del fotogiornalismo     p. 6
1.5 La situazione italiana     p. 9
1.6 La diffusione delle riviste illustrate     p. 12
     1.6.1   Le riviste italiane     p. 17
     1.6.2   Il rotocalco     p. 20
1.7 La fotografia nell’epoca della cultura di massa     p. 21
1.8 La nascita delle agenzie fotografiche in Italia:                                   
      l’esperienza di Publifoto     p. 24  
1.9 La guerra del Vietnam: l’avvento della televisione     p. 27


Capitolo 2
Giornalismo e fotogiornalismo: il testo e l’immagine  

2.1 Il linguaggio della fotografia     p. 30
2.2 La notizia nell’immagine     p. 32
2.3 Le didascalie     p. 37
2.4 La fotografia: documento o opinione?     p. 39
2.5 I tre tipi di fotografia giornalistica     p. 41
2.6 La partecipazione del fotografo nell’evento     p. 43
     2.6.1  La fotografia: l’istante che racconta un evento     p. 45
     2.6.2   Oggettività o soggettività della fotografia     p. 47
2.7 Lo stile fotografico     p. 50
2.8 Il reportage     p. 51
2.9 La nascita del reportage di guerra     p. 52


Capitolo 3
Le leggi, la formazione e il mercato del fotogiornalismo in Italia

3.1 L’accesso all’Ordine dei giornalisti     p. 57
3.2 La formazione     p. 61
3.3 Le leggi sulla fotografia     p. 63
3.4 Le agenzie fotografiche     p. 68
3.5 La fotografia e il mercato editoriale     p. 71


Capitolo 4        
Internet e il fotogiornalismo
 
4.1  L’avvento del digitale     p. 77
       4.1.1  I pro e i contro della fotografia digitale     p. 78
4.2  Quando la fotografia mente: la manipolazione     p. 83
4.3  Il citizen journalism     p. 89
       4.3.1  Questioni di deontologia     p. 95          
       4.4  La crisi del giornalismo e del fotogiornalismo     p. 98


Conclusioni     p. 101


Bibliografia     p. 106


Appendice 1: Interviste                                                         
I mestieri del fotogiornalismo: i protagonisti

Elena Boille, photoeditor di “Internazionale”     p.114
Angelo Rinaldi, art director de “La Repubblica”     p.121
Christian Caujolle, giornalista e critico fotografico     p.128
Francesco Zizola, fotoreporter     p. 136
Marco Vacca, fotografo e presidente di “Fotografia e informazione”     p. 141
Denis Curti, direttore di “Contrasto”     p. 156
Uliano Lucas, fotoreporter     p. 162


Appendice 2: Immagini     p. 167

Introduzione

  • Rosy Santella
  • IMMAGINE E INFORMAZIONE. IL MESTIERE DEL FOTOGIORNALISTA IN ITALIA

Secondo Susan Sontag, una società diventa “moderna” quando una delle sue attività principali consiste nel produrre e consumare immagini.
Il lavoro qui svolto nasce dall’esigenza di sviluppare un’analisi intorno ad una semplice, apparentemente banale considerazione: nella nostra società, evidentemente “moderna” nell’uso appena citato della Sontag, la fotografia non gode ancora di un riconoscimento adeguato. Se trasferiamo questa considerazione nell’universo del giornalismo, possiamo affermare che, nonostante le immagini guadagnino sempre maggiore spazio sulla superficie di un giornale, ad esse non viene attribuita alcuna autonomia comunicativa.
Partendo da queste riflessioni abbiamo deciso di esplorare il mondo del fotogiornalismo, soffermando la nostra attenzione sul mestiere del fotoreporter, ovvero colui che crea informazione attraverso le immagini.  
Abbiamo voluto esaminare il ruolo e la situazione giuridica, culturale e sociale in cui vive e lavora il produttore di informazione visiva e comprendere qual è il significato che, non solo i fotografi ma anche le altre figure che ruotano intorno a questo universo, quindi le agenzie fotografiche e le redazioni giornalistiche, attribuiscono all’immagine e scoprire quali sono gli usi a cui sono sottoposte le immagini nel mondo editoriale.
Sebbene avessimo chiara l’idea di quale percorso seguire per approfondire tale tematica, spesso la documentazione e le fonti bibliografiche si sono rilevate non sufficienti per riflettere sul ruolo, la formazione e l’evoluzione di questa professione nella realtà italiana. Per questo motivo abbiamo scelto di affiancare alle fonti manualistiche e saggistiche, un materiale più vivo, attuale e diretto: delle interviste ai protagonisti del fotogiornalismo.
Avendo infatti ripercorso la storia della nascita del fotogiornalismo, dedicandoci ai momenti più significativi, segnati dalla nascita delle più grandi riviste e quotidiani italiani e internazionali, abbiamo deciso di ricorrere a fonti autorevoli del panorama attuale che ci hanno dato la possibilità di comprendere dei meccanismi e delle realtà che non avremmo potuto conoscere in altro modo.
Partendo quindi dal presupposto che il fotogiornalismo è giornalismo, ovvero partecipa all’universo della comunicazione e dell’informazione e, riconoscendo all’immagine la stessa capacità comunicativa di cui gode la parola scritta, il nostro lavoro è stato suddiviso in quattro brevi sezioni dedicate ognuna ad un aspetto differente del mondo della fotografia sulla carta stampata nella realtà italiana.
Nel primo capitolo presentiamo un breve excursus storico sui momenti più significativi dalla nascita della fotografia alla sua diffusione sulla carta stampata. Il resoconto attraversa in maniera rapida le tappe fondamentali che hanno visto lo sviluppo del mezzo fotografico, nato inizialmente solo come mezzo attraverso il quale riprodurre la realtà.
La fotografia è stata inventata infatti per rispondere a un’esigenza di verisimiglianza, quell’esigenza rincorsa da molti anni dalla pittura che poté essere finalmente realizzata solo con la fotografia. Per la prima volta nella storia, uno strumento permetteva la rappresentazione della realtà senza l’intervento di alcun intermediario.
Ma questa obiettività, se da un lato ha conferito immediatamente all’immagine un grande potere di credibilità, sconosciuta alla pittura, dall’altro ha determinato anche delle problematiche legate alla lettura dell’immagine.
In questo breve quadro storico abbiamo visto come accanto alla carta stampata anche il potere politico ha presto compreso il valore e le potenzialità legati alle immagini. Sotto il regime fascista Mussolini infatti disporrà di ogni controllo sulla produzione e sulla diffusione delle fotografie raffiguranti la sua immagine e i valori del suo impero.
Sebbene in Italia il fotogiornalismo si diffonda più lentamente rispetto al resto d’Europa, anche a causa di una salda tradizione letteraria legata alla scrittura, l’avvento di nuove forme di comunicazione diffonde l’immagine anche ai ceti più popolari; è con la nascita del rotocalco che la fotografia si diffonde a un pubblico basso o medio basso che vive questi nuovi magazines come una lettura di evasione. Queste riviste, innovative proprio per il ruolo privilegiato conferito all’immagine, termineranno la loro stagione di massima diffusione con l’avvento della televisione. Essa infatti mina la singolarità di cui aveva goduto la fotografia, unica testimone visiva, unica finestra sul mondo che raccontava gli eventi più lontani, e la sostituisce con l’ampiezza dei servizi televisivi e il flusso continuo delle immagini.
Nel secondo capitolo abbiamo concentrato la nostra attenzione sul linguaggio dell’immagine fotografica. Quali sono i criteri estetici e deontologici che un’immagine giornalistica deve seguire, e quali le differenze tra la comunicazione scritta e quella fotografica, quindi la distinzione tra parola e immagine. Accanto a questo parallelo abbiamo voluto anche analizzare la comunicazione che esiste all’interno della pagina di un giornale tra la parola scritta - quindi il titolo, gli articoli e soprattutto le didascalie - e l’immagine fotografica. Utilizzando infatti un famoso saggio di Roland Barthes, abbiamo potuto constatare l’esistenza di una forte interdipendenza, tipica della natura del giornalismo italiano ma non solo, tra la funzione dell’immagine e il contenuto di un articolo scritto.
Dalla nostra analisi emerge che il testo serve a dirigere il lettore tra i significati dell’immagine ma a sua volta sarà il lettore stesso, attraverso la sua cultura e la sua conoscenza del mondo, a dare un’interpretazione all’immagine, interrogandosi sul suo significato.
Il terzo capitolo è dedicato alla rete di contatti in cui si muove il fotogiornalista e a quali sono i cambiamenti di questo mestiere, dalla sua nascita fino ad oggi con il passaggio al digitale. Ci siamo chiesti qual è il percorso di studi che un fotoreporter deve seguire, e abbiamo scoperto che non esistono scuole specificatamente legate alla formazione fotogiornalistica e che l’Ordine dei giornalisti ha accettato l’iscrizione dei fotoreporter solo trent’anni dopo la sua istituzione.
In questo contesto, che mette ancora una volta in luce le difficili condizioni in cui opera il fotoreporter, abbiamo deciso di indagare il rapporto tra il mercato editoriale e il fotogiornalista, analizzando le scelte che esistono dietro la pubblicazione di un’immagine su un quotidiano o una rivista, fornendo una visione complessiva della produzione visuale che include la selezione e la pubblicazione delle immagini.
Dal nostro studio è emersa non solo l’esistenza di un fenomeno di omogeneità da parte delle maggiori testate italiane nella scelta delle immagini da affiancare agli articoli, ma anche una scarsa attenzione e considerazione di queste immagini che vengono utilizzate senza alcun rispetto per le norme sulla tutela delle opere d’ingegno, di cui la fotografia fa parte, e non concedendo all’immagine un’autonomia comunicativa e informativa. Se infatti la fotografia assume sui giornali sempre più importanza a livello di spazio, rimane evidente il fatto che non è quasi mai ancora trattata come una notizia e rimane a assumere il ruolo marginale di illustrazione di un testo. In conclusione del capitolo abbiamo messo in luce la relazione tra il fotoreporter e le agenzie fotografiche, figure fondamentali per la diffusione delle immagini, di cui fanno largo uso le testate giornalistiche di ogni settore. Gli archivi fotografici delle agenzie con il passaggio al digitale consentono infatti una più rapida ricerca, una migliore conservazione e una circolazione più ampia per chiunque necessiti di immagini.
Infine nel quarto capitolo abbiamo riflettuto sui cambiamenti apportati dall’avvento del digitale. Abbiamo tentato di spiegare quali sono i motivi per cui anche la fotografia ha ceduto a questa evoluzione in termini di produzione e distribuzione delle immagini, analizzando i pro e i contro di questo passaggio. Se da un lato infatti questo passo ha reso più semplice il trasferimento e quindi la diffusione delle immagini, e ha consentito alle agenzie giornalistiche e fotografiche di digitalizzare tutti gli archivi mettendoli in rete a  disposizione di professionisti del settore e privati, dall’altro ha determinato fenomeni spesso a discapito dell’immagine. Pensiamo ad esempio al fenomeno dell’overshooting, ovvero la facilità con la quale si scattano le immagini grazie ai minori costi e alla possibilità di vedere subito l’immagine realizzata, o anche e soprattutto alla diffusione della credenza per cui ognuno che disponga di un apparecchio fotografico possa essere considerato fotografo. Da questi meccanismi nascono infatti comportamenti sempre più diffusi che vedono cittadini comuni ambire alla realizzazione di immagini destinate alla pubblicazione sulla carta stampata o divulgazione on line o televisiva. Questo fenomeno, comune anche al giornalismo scritto, è spesso confuso con la formula del citizen journalism, che è invece una forma di giornalismo, sia a livello estetico sia a livello deontologico, prodotto da cittadini comuni che, essendo testimoni spesso casuali di eventi di portata internazionale, raccontano attraverso immagini amatoriali o testi scritti, spesso nei cosiddetti blog, fatti di cui sono testimoni.
Un’ulteriore conseguenza del passaggio al digitale è la facilità con la quale le immagini possono essere modificate attraverso programmi accessibili a tutti che permettono di manipolare qualsiasi fotografia. Per quanto la postproduzione non sia una novità del digitale, abbiamo potuto verificare quanto essa sia oggi molto più diffusa e di semplice utilizzo anche da parte dei non professionisti. Abbiamo analizzato i vari tipi di manipolazione, non solo quella effettuata tecnicamente sulle immagini, ma anche quella attraverso la de-contestualizzazione delle immagini, o l’accostamento di didascalie errate da parte di coloro che si occupano dell’iconografia e della grafica sulla carta stampata.
Infine, nel primo Appendice abbiamo inserito le interviste svolte alle sette personalità del mondo del fotogiornalismo: Elena Boille, photoeditor del settimanale “Internazionale”, Angelo Rinaldi, art director del quotidiano “La Repubblica”, i fotografi Francesco Zizola e Uliano Lucas, Marco Vacca, fotografo e presidente dell’associazione “Fotografia e Informazione”, Denis Curti, direttore dell’agenzia fotografica “Contrasto” e Christian Caujolle, critico fotografico di fama internazionale. Le suddette interviste hanno avuto lo scopo di confermare e approfondire le argomentazioni sviluppate nel corso del nostro lavoro e ci hanno permesso di mettere a confronto punti di vista differenti sulla realtà del fotogiornalismo, le sue dinamiche, le sue evoluzioni e ovviamente le difficoltà legate alla crisi economica in corso. Abbiamo chiesto agli intervistati di rispondere a domande che riflettessero su cosa si intende per fotogiornalismo e qual è il ruolo del fotoreporter, quale la sua posizione all’interno del mercato editoriale e quali i cambiamenti che questa figura ha subìto e continua a subire con l’avvento delle nuove tecnologie digitali.
Con Elena Boille abbiamo analizzato l’anomalia del giornalismo italiano nel quale  all’interno delle redazioni delle maggiori testate non è prevista la figura del photoeditor, ovvero colui che si occupa della selezione e della pubblicazioni delle immagini di un giornale; con Angelo Rinaldi, abbiamo scoperto che il quotidiano “La Repubblica” non dispone di una sezione completamente dedicata alla fotografia e che questo probabilmente deriva da una cultura ancora legata alla scrittura che vede la fotografia come uno strumento di serie B; Francesco Zizola essendo un fotoreporter molto impegnato e riconosciuto all’estero ha descritto le differenze della realtà italiana con quella internazionale e ha espresso la sua opinione sulla qualità e sulla quantità delle immagini diffuse dai vari media e sulla sua ricezione da parte del pubblico; Marco Vacca, ci ha parlato della funzione di “Fotografia e informazione”, un’associazione nata nel 1995 con lo scopo di diffondere e sostenere la cultura del fotogiornalismo in Italia e ha risposto a differenti domande riguardanti le difficoltà dei fotografi nel riconoscimento della loro professione a livello legislativo ma anche nell’ambiente editoriale e culturale. A Denis Curti abbiamo chiesto di spiegare come si svolge il lavoro di selezione dei fotografi all’interno di una agenzia e come viene vissuta la crisi del fotogiornalismo da una delle poche agenzie fotografiche sopravvissute alla crisi. Dopo l’annuncio della liquidazione di Grazia Neri lo scorso settembre 2009, Contrasto, fondata negli anni Ottanta da Roberto Koch, rimane infatti una delle poche agenzie fotografiche presenti in Italia a godere di un mercato molto forte anche a livello internazionale. L’intervista di Uliano Lucas si è svolta invece come una lezione di storia del giornalismo e del fotogiornalismo, riflettendo sui cambiamenti legati al mestiere del fotoreporter dagli anni Sessanta ad oggi e analizzando i motivi che determinano l’evoluzione di questa professione.
Infine con Christian Caujolle, fondatore dell’agenzia fotografica “Vu” abbiamo voluto riflettere sul ruolo del critico fotografico e soprattutto sulle rivoluzioni apportate dal passaggio dalla fotografia analogica a quella digitale, rivoluzioni che non sempre hanno determinato vantaggi per il mondo del fotogiornalismo.
Nel secondo Appendice invece abbiamo scelto di inserire delle immagini celebri e delle prime pagine di quotidiani italiani al fine di mostrare degli esempi concreti di fotogiornalismo.
Il nostro lavoro dunque, avvalendosi della disponibilità e all’esperienza delle personalità che abbiamo intervistato, e inserendosi in un periodo che vede il giornalismo e il fotogiornalismo protagonisti di una crisi economica, ha infine tentato di definire le cause di questa crisi e allo stesso tempo di interrogarsi sulla possibilità di utilizzare la fotografia come strumento attraverso il quale risolverla.

Conclusioni

  • Rosy Santella
  • IMMAGINE E INFORMAZIONE. IL MESTIERE DEL FOTOGIORNALISTA IN ITALIA

Nel nostro lavoro abbiamo affermato che la fotografia è un linguaggio alla pari della scrittura e che le immagini, come le parole, producono un’informazione, veicolano messaggi e si fanno portavoce di credenze e testimonianze. Ma ogni linguaggio riesce a comunicare solo a coloro che vi sono stati educati.
Dalla nostra analisi è emerso che l’Italia è ancora un paese in cui, nonostante le tradizioni storiche e culturali, manca una vera e propria educazione all’immagine. Nelle scuole inferiori e superiori, e persino nelle università pubbliche e private, a parte rare eccezioni, mancano dei corsi di fotografia.
Alla mancanza di una formazione specifica per coloro che vogliono intraprendere la professione di fotoreporter si aggiunge l’assenza di un’adeguata istruzione alla lettura e alla comprensione delle immagini.
Appare dunque un paradosso: la fotografia ha invaso la nostra vita; che si tratti di carta stampata, di televisione, di internet, cinema, manifesti pubblicitari o altro, il nostro sguardo è legato alle immagini per quasi la totalità del tempo; è uno strumento familiare che chiunque può utilizzare facilmente e a costi esigui.
Nonostante tutto questo però, spesso si dimentica il significato e il valore contenuti in un’immagine.
Attraverso le immagini possiamo conoscere quello che accade dall’altra parte del globo, possiamo essere testimoni indiretti di eventi che si verificano ogni giorno in qualsiasi momento. Grazie alla fotografia un evento può essere contemplato quando se ne ha voglia, e per tutto il tempo che si desidera.
Ogni fotografia diventa testimone di uno specifico periodo e, insieme alle altri arti, è un mezzo attraverso il quale riconoscere le caratteristiche di un’epoca storica, di un momento preciso del passato; si tratta di un solo istante che però rende immortale quell’evento, quel preciso frammento di realtà che potremmo ricordare per sempre.
Queste sue prerogative l’hanno resa tanto attraente agli occhi del potere politico che nel corso della storia è stata utilizzata come mezzo di propaganda e pressione ideologica e allo stesso modo è oggi impiegata nella pubblicità come strumento di persuasione e attrazione. I media, soprattutto la televisione e i giornali sono una fonte interminabile di immagini;  spesso un ricordo ci appare molto più vivido per un’immagine che abbiamo visto piuttosto che per qualcosa che abbiamo letto.
Eppure, si continua ad ignorare la potenza comunicativa dell’impatto derivato dal guardare una fotografia e ad utilizzare questo strumento come semplice accessorio alla scrittura. La foto su un giornale continua ad avere un’autonomia molto scarsa, una funzione ausiliaria all’articolo scritto.
Il XX secolo è stato il secolo della fotografia, della memoria conservata nelle immagini di reporter che hanno portato i lettori al centro degli eventi, e li hanno fatti sentire protagonisti di quegli avvenimenti. Il XXI secolo è il secolo della tecnologia digitale, di Internet, del citizen journalism, dell’immediatezza con cui vogliamo conoscere quello che accade sempre e ovunque.
La fotografia si è adeguata a questi cambiamenti; è diventata digitale, perdendo alcune delle sue caratteristiche ma guadagnandone delle altre: i prezzi più accessibili, i programmi di fotoritocco più semplici da usare, un mercato on line a cui tutti possono partecipare, ma anche la scoperta che i lettori vogliono cambiare il modo di fare informazione e poter partecipare ad essa  attraverso le proprie risorse e la propria cultura. I blog hanno rivoluzionato le regole del giornalismo di penna, le foto amatoriali -  pensiamo a quelle degli attentati di Londra del 2005, ad Abu Graib, allo Tsunami - hanno sconvolto la ricezione e la diffusione delle immagini. Il digitale consente la condivisione di testi e immagini con una rapidità e una semplicità che non è possibile né desiderabile ignorare.
Queste trasformazioni tecnologiche e la riorganizzazione del mercato editoriale stanno però mettendo a dura prova la pratica del fotogiornalismo. Sempre più rari sono i casi in cui per la copertura di un evento il fotografo e il giornalista lavorano insieme per un progetto comune. Sempre più raro è il caso di una testata che renda questa collaborazione possibile, sia per motivi economici, sia per motivi linguistici. La via seguita dalla maggioranza delle testate giornalistiche è oggi quella della ricerca di immagini negli archivi on line messi a disposizione dalle agenzie. Questi archivi sono infatti una risorsa inestimabile per la redazioni soprattutto da un punto di vista economico: essi offrono a prezzi molto bassi la produzione e la distribuzione di immagini che possono essere cercate e  trovate in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, semplicemente collegandosi ad Internet.  
Le conseguenze di questi cambiamenti si riflettono sia sui rapporti tra le due figure professionali, fotografi da un lato e giornalisti dall’altro, tra i quali come abbiamo visto esistono rapporti non sempre semplici, sia sul significato stesso attribuito alla fotografia che rimane uno strumento accessorio o di mera illustrazione per la maggior parte dei servizi giornalistici. Inoltre, la pratica sempre più diffusa dell’overshooting se da un lato permette una copertura infinita di immagini a tutte le testate del mondo, dall’altro crea una sorta di standardizzazione delle immagini che vengono ridotte a numerose parole-chiave che semplificano la ricerca, ma operano anche una diffusa omogeneità nella scelta delle immagini da parte delle testate giornalistiche.
Il digitale ha dunque reso la fotografia uno strumento ancora più ambiguo di quanto non lo sia stata fin dalla sua invenzione. Obiettiva o non obiettiva, documento o opinione, replica dello sguardo umano o interpretazione. Queste ambiguità restano e si sommano oggi alle infinite possibilità offerte dal digitale e dal su facile utilizzo.
In questo contesto non abbiamo potuto ignorare la pratica della manipolazione, pratica ormai di massa che ha prodotto a sua volta la consapevolezza di massa della possibilità di mentire con la fotografia. Questa manipolazione, già possibile nelle procedure chimico-meccaniche, dimostra come le distorsioni più insidiose non consistono nelle tecniche fotografiche della postproduzione quanto piuttosto nelle pratiche della loro diffusione e fruizione da parte dei mass media. Abbiamo infatti scoperto che l’immagine può mentire, ma  non è bugiarda; è piuttosto il modo in cui essa viene gestita e utilizzata da coloro che producono informazione, giornalistica o commerciale, che può creare menzogna.
Mentre lavoravamo a questa tesi, il 18 settembre scorso, Grazia Neri, l’agenzia fotografica storica del mercato italiano, fondata nel 1966, ha dichiarato la liquidazione. Il figlio della fondatrice, Michele Neri, ha individuato le cause nella crisi economica, crisi che vede protagonista anche il giornalismo. Diminuzione di introiti pubblicitari, riduzioni degli abbonamenti, concorrenza con internet. L’universo del giornalismo e del fotogiornalismo è indiscutibilmente in crisi, ma forse la fotografia potrebbe essere un mezzo attraverso il quale attirare i vecchi e i nuovi lettori a credere e fidarsi ancora della carta stampata. Certamente abbiamo nuove abitudini, i quotidiani non sono più usati come mezzo attraverso il quale reperire le notizie perché sostituiti dall’immediatezza e il continuo aggiornamento di Internet, ma possono essere la fonte di brillanti approfondimenti e lo spazio per accogliere splendide fotografie che possano documentare e testimoniare quello che accade nel mondo.  
Le fotografie da sole non possono creare una posizione morale, ma possono rafforzarla, e contribuire alla nostra conoscenza.

Bibliografia

  • Rosy Santella
  • IMMAGINE E INFORMAZIONE. IL MESTIERE DEL FOTOGIORNALISTA IN ITALIA

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