Embedding Getty

Prima o poi doveva succedere, anzi sono stupito che ci sia voluto così tanto tempo. La notizia è relativa all'agenzia fotografica Getty Images che ha deciso di mettere a disposizione milioni di sue immagini singole per un utilizzo gratuito sul web grazie ad un semplice procedimento di incorporamento (embedding) con un codice html (simile a quello fornito da YouTube). Il risultato sarà un'immagine incorniciata (sotto un esempio) dove appaiono il logo di Getty Images, il nome del fotografo, link e pulsanti per condividerla sui social network.

  • fonte: screenshot dal sito gettyimages.com


 

Chi gestisce un sito internet potrà dunque pubblicare le foto di Getty in maniera legale e soprattutto a costo zero. Perché? Lo spiega Craig Peters (vice presidente Getty) al British Journal of Photography individuando 4 motivi. Prima di tutto per contrastare il fenomeno dell'utilizzo illegale delle fotografie, salvate grazie ad un semplice click con il tasto destro del mouse e pubblicate senza alcun rispetto di licenze e crediti. E poi per alcuni altri effetti (leggi vantaggi) che da quest'operazione scaturiranno per l'agenzia: corretta citazione di autore e didascalia, link diretto alla pagina del sito dove si potrà acquistare la foto per un uso commerciale, raccolta di informazioni/dati sugli utilizzatori di ogni immagine (e non si esclude in futuro la possibilità di far comparire inserzioni pubblicitarie all'interno del riquadro delle foto, anche questo in stile YouTube).

 

E i fotografi? Ovviamente la questione riguarda i loro compensi. Se le foto vengono regalate, chi le realizza come campa? Vero che i reportage non sono compresi in questa elargizione gratuita incorporata, così come non lo sono tutti gli utilizzi non giornalistici delle foto. Ma il problema si pone perché fino ad oggi i fotografi erano abituati a vedersi riconoscere una royalty ogni volta che una loro immagine veniva pubblicata. Non è più così. A proporre un contenuto gratuito non è un social network, ma l'azienda che lo produce.

 

Il vero nocciolo della questione sta nel fatto che questa non è una svolta, ma una normale conseguenza dello sviluppo del web con le sue inevitabili condivisioni. Da tempo i fotografi hanno dovuto dimenticare la formuletta "tutti i diritti riservati" e devono fare i conti con una pratica che prevede "alcuni diritti riservati".

 

È la logica dei lavori per gli uffici pubbliche relazioni delle aziende, quelli che ti commissionano i servizi fotografici "ad uso cartelle stampa": un fotografo viene ingaggiato per realizzare decine di fotografie che poi vengono cedute gratuitamente a giornali e riviste per stimolare la pubblicazione di un articolo sul nuovo prodotto di quell'azienda. Le cartelle stampa sono una manna per tutte le testate del mondo, che risparmiano un sacco di soldi grazie alle immagini regalate loro dalle imprese (in particolare case di produzione cinematografica o musicale).
Qualcosa di simile stava già accadendo non solo con le aziende (Getty inclusa) ma anche con tutti i siti di photo sharing che ben conosciamo (Flickr per esempio), dove fior fior di fotografi pubblicano immagini del proprio lavoro a scopo promozionale, semplicemente perché la fonte di guadagno sta altrove: presso una redazione lungimirante che preferisce l'esclusiva sulle fotografie o da un collezionista serio che vuole garantita la tiratura di una stampa fine art. Tutto il resto può pure andarsene in giro per il web, anzi, più diventa virale più possibilità si aprono per l'autore.
Il cerchio si chiude poi quando le stesse aziende commissionano ai fotografi la realizzazione di immagini appositamente per il web, o meglio per i social network: numerosi i casi di video realizzati  per essere caricati su YouTube o le fotografie pensate per un album su Facebook.

 

D'accordo o meno questa è la realtà. I fotografi dovranno inventarsi nuove formule di compenso, dimenticandosi i diritti calcolati a seconda dell'utilizzo dell'immagine, perché in qualsiasi contratto o preventivo dovranno inserire la clausola-Getty che prevede la possibilità di usare le foto su internet, sui social network o come immagine embedded.
"Condivisione" (sottinteso "gratuita") è la parola d'ordine e sarà difficile tornare indietro.



 

L'articolo è stato pubblicato anche su Qcode magazine