Ron Haviv & Lockheed Martin: due facce della stessa medaglia?

  • firma: Ron Haviv
  • fonte: http://www.ronhaviv.com/#s=20&mi=2&pt=1&pi=10000&p=2&a=0&at=0

Afghanistan. Il fotoreporter Ron Haviv realizza un servizio fotografico nel deserto per la United Service Organizations Inc. (USO), una ong privata il cui scopo è aiutare i militari dell'esercito americano e i loro parenti attraverso servizi di assistenza.
New York, Stati Uniti. Lo stock di fotografie realizzato da Haviv passa al suo agente che decide liberamente di vendere una delle immagini del servizio alla Lockheed Martin, una delle più importanti industrie nel settore della costruzione di armi.
Da qui parte la nostra storia.

Il manifesto della campagna sulle bombe di piccolo calibro della multinazionale viene pubblicizzato e compare all'interno del portfolio dello stesso Haviv. La notizia rimbalza sul web grazie al blog della società di produzione Duckrabbit che pubblica un post sulla vicenda e accende un vivace dibattito sulla campagna pubblicitaria della Lockheed Martin - basata su una fotografia di guerra del fotoreporter Haviv e co-firmata con l'agenzia fotografica VII, nata per documentare le ingiustizie provocate dai conflitti e che si dichiara particolarmente attenta al lato umano degli avvenimenti, di guerra e non.
Numerosi bloggers accusano fotografo e agenzia di ipocrisia. Di seguito alcuni commenti.
"The fact that Ron has that picture displayed on his website and no-one else has complained adds further weight to the same argument. That's your defense - seriously? No one else noticed - so it must be OK? Really!?! Someone chose to point out the complete and utter hypocrisy of a man receiving awards for his noble, anti-war, humanitarian photography on one night, only to accept money from the makers of the arms that kills the innocents he may well be photographing on the next and you chose to criticize not the person soliciting the blood money - but the person asking how on God's green earth is this allowed to occur?" -  Duckrubbit
"Chi ti dice che Ron Haviv abbia scattato quel paesaggio come un fotoreporter e non come uno stockista svincolato? La sua foto ritrae un paesaggio desertico alquanto banale tipico dello stile 'stock'. Si tratta di un'immagine alquanto generica a disposizione di infiniti usi editoriali (aggiunta di fuoco e fumo compresi). Penso che anche ai fotoreporter sia concesso di invadere altri campi della fotografia, quella commerciale inclusa: bisogna pur campare".  Fotocrazia
"There are lots of unknowns to this story. But the one thing that does surprise me is that VII, or Ron Haviv, would not have a clause in their Stock License contract that forbids adding other photographic elements to their photographs" BagNewsNotes)

Dopo qualche giorno, per placare gli animi dei bloggers, il fotoreporter pubblica una lettera sul suo blog in cui spiega che vendere una foto a scopo pubblicitario è parte del suo mestiere e afferma: "Io ho tracciato un confine netto tra il fotogiornalismo e le campagne pubblicitarie, e sul sito compaiono esempi di entrambi". E ammette un errore nella pubblicazione dei credits affermando che l'agenzia VII "non è associabile in alcun modo all'immagine in questione".

  • fonte: Asian Dub Foundation: http://www.allmusic.com/album/tank-mw0000710492

Ora, se un'mmagine viene venduta a scopi pubblicitari è naturale che debba veicolare il messaggio dell'acquirente ed è naturale, quindi, che venga aggiunto un testo accattivante.  Diverso è il caso però se le foto vengono scattate prima a fini giornalistici e quindi per raccontare la realtà, e poi "rimaneggiate" a scopo pubblicitario. In questo caso passiamo da una foto simbolica, che ci fa vedere un solco nel deserto lasciato da un tank in Afghanistan, a un messaggio pubblicitario sulla precisione delle armi vendute dalla Lockheed Martin all'esercito americano, grazie all'aggiunta di fumo al fondo della strada.
Il mestiere del fotoreporter implica una massiccia dose di coraggio e di credibilità professionale, senza la quale non ci sarebbe il contatto con le vittime e quindi il servizio. E in questo Ron Haviv è da tutti considerato un maestro (si pensi ai servizi dalla Bosnia del 1992).
Ed è per questa ragione che la provocazione della Duckrabbit che, per inciso -  come ricorda Smargiassi sul suo blog Fotocrazia -  è una società di produzione di contenuti digitali formata da comunicatori, video maker  e fotografi, ha fatto il giro del web.
Fotocrazia di Repubblica, nologo-photography.com, photoq.nl., BagNewsNotes.com, politicstheoryphotography.blogspot.it sono solo alcuni dei blog e dei siti web dedicati al fotogiornalismo che hanno parlato della vicenda.
Questo perché se diventa normale persino per i fotoreporter di guerra considerare la fotografia un'immagine manipolabile secondo il bisogno del momento, quale sarà la differenza tra fotoreportage di guerra e servizio fotografico pubblicitario?  

Attenzione, però, ciò non vuol dire che sia incoerente vendere le proprie fotografie a scopi commerciali, come ricorda Smargiassi: la foto è stata venduta più volte a scopi pubblicitari e tra agli altri anche agli Asian Dub Fondation (un gruppo rapper britannico molto impegnato nel sociale) che l'hanno fatta diventare la copertina del CD "Tank". In questo caso però nessun polverone, perchè? Semplicemente perchè l'immagine rimane fedele al contesto in cui è stata scattata.  
Solitamente gli articoli sulla manipolazione semantica delle fotografie denunciano giornali o agenzie che ritoccano le foto, incuranti del lavoro che c'è dietro e del significato che la foto ha per quello che è, e non per quello che si vorrebbe rappresentare ad hoc per un testo. La peculiarità di questo caso è invece la tranquillità con cui Ron Haviv, autore della fotografia, liquida la questione: "La Lockheed Martin ha il diritto di aggiungere testo e/o fumo".  
In fondo il punto in questa storia non è che sia proprio un'azienda di armi l'acquirente di Haviv. Certo il fatto che lo sia rafforza la polemica contro di lui in qualità di fotoreporter impegnato, ma se aggiungessimo delle piantine, un trattore al fondo e la facessimo diventare una pubblicità sul compostaggio, il discorso cambierebbe?




Abbiamo chiesto a Guy Calaf, fotogiornalista italo-americano che da qualche anno abita a New York, e che conosce personalmente Ron Haviv, di rispondere a qualche nostra domanda riguardante i problemi etici che il caso Haviv ha sollevato.



1) Aggiungere elementi estranei a una foto, frutto di un reportage e non, non è "normale". le logiche commerciali sono sufficienti a giustificare tutto? Qual è il tuo punto di vista in qualità di fotoreporter?

G.C. "La mia formazione fotogiornalistica mi obbliga ad avere un certo rispetto per l'evento che ho di fronte e per la gente coinvolta. Che ci sia o meno l'elemento umano presente, è di umanità che ci occupiamo ed all'interno di una logica semantica dobbiamo sempre guardare oltre i significanti dell'immagine.
La pura e mera descrizione di un evento non è mai pura e mera. Noi operiamo sempre all'interno dei significati dell'immagine. Non esiste una normalità nella nostra professione, come purtroppo esiste poco anche una legalità. Esiste invece un’eticità.
A mio parere il caso Haviv è spettacolarmente estremo nel farci riflettere sui limiti dell'uso della fotografia non fiction e giornalistica in generale. La mera manipolazione va in secondo piano rispetto ad un colossale problema etico che queste azioni comportano. Insomma, è un crimine minore, a mio avviso. Poi, trattandosi di commerciale, purtroppo siamo abituati a vederne di ogni tipo. E' un tradimento nei confronti del pubblico? Certamente, ma questa è pura pubblicità. Il fatto che pubblicizzi un sistema di armamenti il cui unico utilizzo è l'eliminazione dell'essere umano, rende ancora più problematica la questione. Il fumo non c'era, come non c'era nessun carro armato. La foto originariamente era di un paesaggio, con un campo molto largo. Duckrabbit ha pubblicato un'altra versione della foto presente in un libro di fotografie. Nella campagna pubblicitaria si e' deciso di concentrarsi sui tracks del carro. La cosa in questo caso che mi inquieta è la motivazione per cui Lockheed Martin abbia voluto usare una foto non fiction d'archivio piuttosto che creare un set. E' una questione economica, risparmiando parecchi soldi, oppure ha proprio voluto accentuare il fatto che l'azienda è nel business di ammazzare la gente vera, allora facciamo tutto vero?"


2) Il fatto che l'acquirente sia proprio un'azienda di armi porta - a mio avviso - ad esprimere un giudizio morale sul comportamento di Haviv, che è solitamente considerato un fotografo impegnato nel sociale.
Sei d'accordo? Secondo te è un comportamento corretto?

G.C. "Mettiamo un po' di fatti in chiaro:
- Haviv e' pienamente consapevole di quello che ha fatto, vendendo tramite il suo agente commerciale una foto d'archivio scattata in Afghanistan al più grosso produttore d'armi del mondo. Haviv aveva pieno controllo del suo archivio.
- In un suo statement online, ed in una conversazione telefonica tra me e lui, ha ribadito che lui ha una linea definita di demarcazione tra i suoi lavori commerciali e quelli fotogiornalistici. Questo è un argomento molto debole per vari motivi:
- La foto non è stata scattata in un ambiente di fiction ma in Afghanistan durante una sua missione fotogiornalistica. Lui può sempre dire che in quel momento scattava per il suo archivio commerciale, un momento dopo tornando al fotogiornalismo. Ha senso nel suo sistema a compartimenti stagni, ma il mondo reale non si può chiudere come una bottiglia e due momenti dopo era con abitanti locali afghani che avevano diritto di sapere che tipo di fotografie stava facendo. Fotografie che aiutano l'azienda che fabbrica le armi che bombarda la loro gente. Che gli americani non sono in guerra con la gente afghana non c’entra nulla visto che la maggior parte dei morti nelle guerre contemporanee, più del 90%, sono tra la popolazione civile. E' una realtà statistica.
Haviv dichiara di essere a favore di quello che lui definisce "intervento militare umanitario". Da giornalista non spetta a lui decidere. Finita lì. Il fotogiornalista è un giornalista. Fox News non è giornalismo.
- Ci occupiamo di raccontare la storia della gente nel bene e nel male. Gente che nel bene e nel male ci dà accesso alle loro vite. Il comportamento di Haviv compromette questo accesso. In tutta coscienza non mi sento in diritto di chiedere questo accesso alla gente che fotografo, intervisto, filmo, quando non posso garantire professionalmente che non opererò al di fuori di un sistema giornalistico. Questo è il mio problema principale con il caso Haviv."

3) Pensi che parleremmo della vicenda se la foto fosse stata modificata/plasmata per una pubblicità di un'altra multinazionale o una no profit? Il punto è "aggiunta di fumo" su una foto che ne è priva o che il fumo l'abbia aggiunto un'azienda che vende armi? Se a esempio l'avesse comprata la Regione Sardegna per una campagna contro gli incendi...secondo te sarebbe stato diverso?

G.C. "Credo che il problema principale non stia nella manipolazione ma nel conflitto etico che Haviv ci ha presentato come fotogiornalista che usa la sua possibilità di accedere in determinati ambiti non rendendo chiari ai suoi soggetti (parola bruttissima) i suoi scopi commerciali. La gente ha il diritto di sapere. La gente ci dà la possibilità di entrare nelle loro vite perché siamo giornalisti. Se invece siamo fotografi pubblicitari ci dobbiamo presentare come tali, pagando per gli accessi, i set, le royalties, andando attraverso canali ufficiali, subendo il PR fallout, etc."

4) Tu hai un agente? I contratti che i fotografi stipulano con gli agenti, le agenzie o gli acquirenti immagino siano di diverso tipo, e ognuno decide quali diritti continuare ad avere su un'immagine e a quali rinunciare. Secondo te, è possibile che un'azienda comperi uno scatto di un fotografo così noto e lo modifichi senza che lui ne sappia nulla? L'autore non ha il diritto di controllare che almeno i credits siano corretti?


G.C. "Si, ho diversi agenti. Tutti leader nel mondo fotogiornalistico. Il mio archivio fotogiornalistico non è in vendita a clienti non editoriali tradizionali. Non vendo nemmeno a tabloids. Solo testate di rinomata fama. Le mie immagini vengono rubate regolarmente ma questo è un altro discorso e non c’entra nulla con questa questione. Ribadisco che Haviv è pienamente consapevole della sua vendita a Lockheed Martin tramite il suo agente commerciale. Questo non è stato mai negato né da lui, né da altri. Io lo conosco personalmente. Lui ne va orgoglioso e la campagna è tutt’oggi nel suo portfolio commerciale sul suo unico sito in cui sono presenti sia le sue foto commerciali sia quelle fotogiornalistiche. VII, l'agenzia di cui è uno dei membri fondatori non si occupa di vendite commerciali. Diversi anni fa ho fatto parte di una rinomata agenzia che informalmente ha chiesto ai suoi fotogiornalisti di far firmare dei model release commerciali a soggetti fotografati ed intervistati durante certe missioni fotogiornalistiche in modo tale da creare un archivio commerciale, svincolato da vari problemi legali di uso delle immagini, parallelo ad un archivio giornalistico. Io, e credo quasi tutti i miei colleghi, non abbiamo accettato e quest'agenzia adesso non esiste più. Chiari problemi etici.
Il problema Haviv e' molto complesso. Il fotogiornalista fa molta fatica a sopravvivere professionalmente. I budget ormai sono quasi inesistenti e farne una professione sostenibile è quasi impossibile. Molta gente, me compreso, praticano diversi tipi di fotografia e film. Io faccio vari generi di lavori commerciali. Quando il fabbricante d'armi ha bussato alla porta di Haviv, lui poteva semplicemente dire “no grazie”."