Violenza sulle donne: per una corretta informazione

  • firma: Patrizia Pulga

Patrizia Pulga, fotografa e docente di fotografia, interviene sul tema della comunicazione visiva riguardante la violenza sulle donne, a cui abbiamo dedicato recentemente l'articolo intitolato "Femminicidio, dieci proposte per un'adeguata informazione".

 

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Intervengo volentieri sul tema perché mi coinvolge direttamente come donna e come fotografa. È di questi giorni infatti una mia mostra fotografica inserita all’interno del festival "La violenza illustrata", iniziativa della "Casa delle donne per non subire violenza" di Bologna alla sua ottava edizione.

 

Il titolo è "No More", come lo slogan più scandito nella manifestazione su scala mondiale "One billion rising" del 14 febbraio 2013, che ha celebrato una giornata di lotta contro la violenza sulle donne: quel giorno un miliardo di persone in 207 paesi si sono mobilitate danzando ed esprimendo un’energia incredibile e contagiosa. Ed è proprio dall’energia positiva delle donne che in tutto il mondo ballavano contro la violenza che mi è nata l’idea di creare queste progetto fotografico volto a esprimere la forza e la determinazione delle donne contro chi, dicendo di amarle, le uccide.

  • firma: Patrizia Pulga

Non mi sono mai piaciuti i titoli degli articoli che parlano di "omicidi passionali" né i modi in cui vengono descritti i rapporti di amore tra le vittime e i loro carnefici, sottolineati dalla violenza come parte integrante di un amore forte: il famoso "Ti amo da morire", interiorizzato da alcune donne per scusare il proprio partner violento, è duro da sconfiggere se dalla stampa viene utilizzato come slogan per spiegare un delitto.

 

Di conseguenza non mi sono mai piaciute neanche le campagne contro la violenza in cui le vittime vengono visualizzate come tali: lacrime, ferite, lividi sui loro volti non fanno che sancire visivamente uno status che rischia così di sembrare quasi un destino ineluttabile per le donne, come se fosse l’altra faccia dell’amore o uno dei tanti incidenti di percorso in una relazione affettiva.

 

Partendo dal fatto che c’è bisogno di ribaltare completamente la comunicazione, per dare il mio contributo come fotografa ho realizzato una serie di foto come risposta ai tanti episodi di femminicidio che avvelenano il mondo, optando per immagini in grado di suscitare positività e  vitalità, di cui secondo me necessitano le donne che soccombono alla violenza.

 

Ho quindi fotografato sagome femminili di cartone che indossano abiti o T-shirts con slogan presi direttamente da quelli scanditi nelle manifestazioni e, dato che le vittime del femminicidio non sono omogenee per età e appartenenza sociale, le ho "vestite" con  abiti diversi per stile e tipologia. Poiché gli episodi di violenza sono in ogni parte del pianeta, ho ambientato le sagome in paesaggi urbani utilizzando alcune mie foto scattate in varie parti del mondo e gli slogan, realizzati con diversi materiali (paillette, uncinetto, pennarelli), sono in italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese, turco, arabo e cinese.

  • firma: Patrizia Pulga

Penso che sia importante contrapporre all’immagine di una donna sola, impotente, rinchiusa tra quattro mura, vittima e insieme complice del proprio carnefice, quella di tante donne belle e colorate che escono dalle case e invadono pacificamente le città smascherando con i loro slogan "ricamati" la falsa ideologia che sottende una cultura profondamente irrispettosa delle donne ma anche estremamente confusa su cosa è davvero l’amore.

 

Spero che questo mio messaggio visivo sia un’incitazione a uscire dalla paura per le donne che ancora ne sono vittime e un contributo a intraprendere un nuovo modo di trattare il femminicidio per quelle che, nella stampa, fanno informazione.

 


L’amore infatti non ha nulla a che vedere con il dominio, con il possesso e con la sopraffazione e se vogliamo che frasi come "Mi ama ma…" non vengano più pronunciate dalle vittime di un rapporto violento, dobbiamo chiedere che le giornaliste ed i giornalisti non le usino più come scorciatoia ideologica quando trattano casi di femminicidio.

 

Sarebbe importante che le operatrici e gli operatori della stampa uscissero da questi stereotipi, nonostante le richieste pressanti della "notizia sensazionale" da parte delle redazioni, focalizzando l’attenzione sulle lotte contro la violenza che in tutto il mondo donne – ma anche uomini – stanno portando avanti. Le donne che vivono all’interno di un rapporto di sopraffazione hanno bisogno di capire che ne possono uscire, che non sono sole e che si possono liberare dalla paura: è in gioco la loro vita e una vita salvata è la vera notizia sensazionale.