Le foto di Charleroi e le scelte del WPP

  • firma: © Giovanni Troilo
  • fonte: courtesy WPP


Antefatto: ii WPP premia un lavoro del fotografo Giovanni Troilo, il cui titolo è: 
“the dark Heart of Europe”, e racconta il disfacimento sociale della città di Charleroi, in Belgio.


Il sindaco della città insorge accusando il fotografo di aver dato un distorta versione della realtà:

”… falsified and misleading caption, the travesty of reality, the construction of striking images staged by the photographer are all profoundly dishonest…” cita la rivista Time in un suo articolo.


Il WPP riapre ed esamina il reportage premiato e dopo una analisi decide che i criteri di obiettività sono stati rispettati. Poi ieri un Tweet da Amsterdam annuncia in base a nuovi elementi che ha riaperto il caso:
 Al momento in cui scrivo, niente è stato deciso, ma temo proprio non bastino tre scene di nudi o giù di li, due di pubblica sicurezza, un vassoio di pillole, una signora riversa sul tavolo ed un panzone che si intravede per definire il disagio o una città andata in malora. 
Non so come andrà a finire il giudizio in ambito WPP e forse non mi interessa. Però intanto iniziano ad uscire gli “ altarini”.
 Il fotografo ha ammesso che la foto in cui si raffigura una coppia che fa sesso in auto, è stata orchestrata con suo cugino. 
Difficile quindi non pensare che quel colpo di teatro non sia accaduto per caso.
 Quel che però mi preme sottolineare è: perché mai una scena del genere dovrebbe impersonare lo sfaldamento del tessuto di una città ? da che mondo è mondo i giovani fanno sesso in auto, ma non per questo…..


L’introduzione parla di microcriminalità, strade desolate e maltenute, 
deindustrializzazione, immigrazione: dov’è tutto questo ? 
La didascalia della foto con la signora con la testa rivolta sul tavolo recita “ 
“psychiatric Asylum”, a quanto pare però la rivista Time dice che in quel posto ci sono soltanto persone affette da Alzheimer e Parkinson, il che fa la differenza, veniale, ma la fa.


La foto di apertura? Dovrebbe essere un “ c’era una volta” io vedo solo una bella illuminazione, dei tubi che corrono su un tetto e la didascalia a spiegarmi il perché di quella scelta. 
Mi hanno insegnato che una foto, a maggior ragione un’apertura, dovrebbe parlar da sola introducendo il tema, mentre la didascalia dovrebbe casomai implementare l’informazione. 
Mi fermo qui. E’ tutta la rappresentazione del lavoro che non mi convince: ho davanti altre dinamiche quando voglio raccontare il disagio ed una città andata a rotoli : 
Uno fra tutti: Dorchester Days di Eugene Richards. 

La posta è troppo alta e sui temi di tal fatta è troppo semplice appoggiarsi al simbolismo e alla evocatività di alcune immagini: 
In un reportage con un assunto come quello io non devo essere costretto a fidarmi delle didascalie, voglio vederli i segni del disagio, lo sporco che lascia. 
Una donna in gabbia può significare tutto e niente, e soprattutto può accadere in qualsiasi luogo: perché quell’atto dovrebbe rappresentare il disagio di una città andata in malora economicamente ? Se vai a Berlino di donne disposte ad farsi metter in gabbia ne trovi a iosa. Un signore corpacciuto in penombra è quel che vedi, niente di più, di certo non rappresentativo di quel che si voleva dimostrare. e poi, anche volendo, qual è il disagio che rappresenta: il caldo ? l’assenza di aria condizionata? la troppa birra ? la poca luce ? di cosa stiamo parlando ? 
Il fatto è che quando si decide di rappresentare il disagio o lo sfaldamento di una componente sociale i voli pindarici e le parti per il tutto non valgono perché rischiano l’arbitrarietà e l’arbitrarietà è nemica della verità. Quando si sceglie di rappresentare un lavoro in quel modo, partendo da assunti da dimostrare si è un po’ costretti ad andarli a cercare e si finisce che quando non li si trovano magari si tende un po’ a calcare la mano. Mi pare che anche Paolo Pellegrin con il suo lavoro su Rochester sia scivolato su una buccia di banana simile. Anche quel lavoro soffriva ( molto meno di questo ) della stessa malattia .
Può essere che l’autore abbia lavorato e prodotto molto di più, ne sono certo, però poi la scelta è caduta su quelle foto e noi quelle foto vediamo .
 Non puoi decidere a priori cosa è disagio e cosa no: cosa rappresenta lo smottamento sociale di un tessuto. O fai “l’artista” o fai il fotoreporter e le licenze poetiche che ti puoi permettere sono soltanto nel tuo stile, nel tuo linguaggio, altrimenti si sta imbrogliando il pubblico.

 Ed allora, forse il Sindaco Di Charleroi tutti i torti non li ha .