Comunicare con le immagini

Informazione o pubblicità?
Etica e deontologia nell'utilizzo delle immagini.

di Fabiano Avancini

Ritengo una premessa necessaria: sono un fotografo e scrivo in ipertesto; almeno è quello che cerco di fare in questo canovaccio cognitivo strutturato in ambiente internet, cercando di esprimere diversi concetti e possibili collegamenti. Il tempo di fruizione di questo percorso dipende dalla vostra attenzione, siete lettori/scrittori. Ho provato a scrivere per una lettura dinamica in un ambiente ipertestuale discretamente vasto, mi scuso fin d'ora se alcuni collegamenti non funzioneranno ma è uno dei grossi problemi di Internet: la rimozione della memoria e conseguente decostruzione della realtà.
Sono i vostri interessi e abitudini con conseguenti necessità di approfondimento, ovviamente condotti e costretti dai miei limiti, che permettono il trasferimento delle informazioni in un ambiente dinamico agevolando il "percorso cognitivo".
Vi chiedo di leggere, la prima volta, tutto il testo senza un click.

Conclusioni

Pensar di parlare di etica e deontologia ai giorni nostri può essere considerato fuori moda; per quanto le ultime tendenze (contrastate) abbiano assunto l'etica come argomento "lavatrice da salotto", elevando la beneficenza ad elemento chiave nelle politiche di marketing di diverse aziende.
L'etica e la deontologia della comunicazione e dell'informazione dipendono dalla cultura di cui fanno parte, ne sono emanazione.
Nella fretta di evolvere credo sia stata persa per strada, snaturandola, l'utilità di avere un'etica; di conseguenza la deontologia di qualsiasi lavoro appare vacua. L'accelerazione subita dal sistema mediatico e sociale ha reso evanescenti i limiti del lecito, della verità, della menzogna e della realtà.
Per quanto etica e deontologia rimangano valori imprescindibili, da difendere.
Dal mondo delle luci, degli ideali, la necessità di un ritorno all'uso dell'etica a tutto campo e condivisa sta facendo capolino nella nostra società. Un esempio.
Ervin Laszlo ed altri richiamano ad una nuova etica del capitale, dell'imprenditoria e della creatività; ad un nuovo modo di porsi nei confronti dell'alterità.
E' necessario comprendere la realtà sociale di riferimento per ragionare sull'etica e sulla deontologia nell'uso delle immagini nei media. Analizzare quali siano la deontologia e l'etica applicabili alla comunicazione pubblicitaria per immagini è legato alla coscienza etica e deontologica dell'ambiente imprenditoriale di riferimento. Nel mondo delle ombre, nella realtà, la tendenza è proporre prodotti di consumo, e produrre immagini a tale fine, suggerendo modelli comportamentali modulati prevalentemente nei canali comunicazionali della libido e della metafisica; eros e thanatos. Sintetizzabili superficialmente nel mercato della comunicazione in "desiderio" e "sicurezza". Proporre modi d'essere, d'uso o consumo per vendere: prodotti, persone, società, organizzazioni, religioni o ideologie.
Nel panorama mediatico subiamo ogni giorno proposte comportamentali mirate perchè le immagini e le notizie proposte sono strutturate (targhettizzate) in maniera tale da colpire quello che è il nostro bagaglio immaginario, basato anche su strutture archetipiche (cfr. Gilbert Durand, Strutture antropologiche dell’immaginario collettivo). Il nostro vissuto e la conseguente reazione si specchiano in una pozza d'acqua orchestrata ad hoc dai media; della dimensione e della riflettanza volute.
Viene usato anche nel giornalismo e nell'informazione il concetto di target (lavatrice aziendale), lo si può notare dalla tipologia di pubblicità programmata durante i telegiornali e le inserzioni pubblicitarie nei giornali.
Il problema principale in quest'ambito è rappresentato dal distaccamento, latente o meno, dalla realtà di alcuni strumenti utilizzati nei sistemi di comunicazione di massa e sondaggio:-"il loro problema è quello della simulazione operativa che essi istituiscono su tutta l'estensione delle pratiche sociali, quello della leucemizzazione di tutta la sostanza sociale: sostituzione del sangue con la linfa bianca dei media" (cfr. J. Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, pag 69 e sg.)
Il nostro libero arbitrio è agevolato ad intraprendere percorsi cognitivi facilitati, omogeneizzati nella ricerca del banale di facile comprensione; siamo portati per mano a crearci un’opinione di consumo. Anche l'informazione è un bene di consumo, intrattenimento e sicurezza. L'economia della comunicazione si distingue da quella di altre industrie per alcune peculiarità:-"i media sono caratterizzati dal fatto di essere ibridi o misti. Spesso operano in un duplice mercato, vendendo un prodotto ai consumatori e un servizio agli inserzionisti" (cfr. Denis McQuail, Sociologia dei media).
Riconosciuto questo credo appaia la semplice necessità, per chi usa le immagini in comunicazione, di aderire il più possibile alla verità; valore in disarmo se confrontato ad interesse particolare.
L'etica contemporanea nell'uso delle immagini in pubblicità è presto risolta: "mostra il mio prodotto bene, così io vendo e ti pago".
La risposta deontologica del fotografo si limita ad aggiungere con la sua creatività e sensibilità altri meta-messaggi che spesso si trovano a confronto con paradigmi estetici preimpostati e dinamiche di marketing strutturate. In funzione di una committenza più o meno accorta e avveduta che volendo riesce, usando ironia o sarcasmo, a creare coscienza critica.
L'unico che in Italia è riuscito ad usare "dichiaratamente" la pubblicità per sottolineare l'alterità è stato Oliviero Toscani; martellando con il concetto di razzismo (archetipo contemporaneo?).
Purtroppo Toscani ha prescisso dal multi-culturale, imponendo la CULTURA Benetton, per ovvi bisogni e motivi: “Compro; quindi sono, la penso cosi".
Ma Israeliani e Palestinesi sono diversi anche se indossano un maglione dello stesso colore. Ovviamente il soggetto, nella buonafede di Toscani, non erano i Palestinesi ma sottolineare con la pubblicità la possibilità di convivere.
Toscani ha potuto fare "fotogiornalismo" sfruttando i mezzi economici della pubblicità; diciamo che ha fatto "foto-pubblicitarismo" cercando di mantenere l'equilibrio tra economia ed uso delle disgrazie altrui; secondo la logica "una mano lava l'altra". Purtroppo la fretta collettiva nella fruizione dell’immagine porta a giudicarle forse in maniera deviante; forse il giudizio negativo di ritorno era calcolato.
Toscani è stato un evento eccezionale per la pubblicità in Italia, pochi imprenditori hanno avuto la capacità di seguire quello che ha osato Benetton grazie a lui. Poi è andato apertamente contro interessi americani, con la pubblicita' sui "dead man walking" (i condannati a morte in America) e ha dovuto confrontarsi con la realtà dei fatti. Lo hanno lasciato fare finché non ha toccato il capitale; calcolando male il ritorno negativo, forse.
Io da giovane fotografo lo interpreto come uno che ha scritto con le sue foto nuove regole nella pubblicità Italiana. Come tutti gli antesignani ha saputo percorrere strade nuove con accorta irruenza, finché gli ha retto la pazienza. Lui con i suoi mezzi ha potuto indicare una strada, ha usato la pubblicità per fare informazione e non l'informazione per fare pubblicità. Non è facile arrivare a disporre di tali mezzi e discrezionalità a lungo,
Tornando alla comunicazione per immagini, la pubblicità normalmente propone modelli comportamentali, la televisione fa la parte del leone ma la fotografia ha il dominio sull'ambientale; non mi posso portare la tv in bagno o al semaforo (anche se ci stanno provando) per capirsi.
La fotografia può essere considerata un "media freddo" (cfr. McLuhan, Gli strumenti del comunicare); se non è guardata non attiva il suo potenziale comunicazionale. Che in pubblicità è normalmente basato sull'interazione tra immagine e testo. I "claim" e gli "slogan" che accompagnano l'immagine studiata da un art director sono studiati da un copywriter ed hanno il compito di direzionare e potenziare la forza e l'efficacia evocativa delle immagini.
Un vantaggio dei media freddi è forse quello di non subire l'effetto di rimozione automatica dalla psicologia di chi ne fruisce. Hanno più permanenza mnemonica. Un fotogramma rimane; i nostri ricordi visivi sono fatti a fotogrammi singoli (stanno cambiando, la tecnologia ci ha permesso di vedere i singoli momenti di un'azione e di conseguenza di poterla ricordare immaginandola). I media stanno modificando la percezione della realtà e la profondità dei processi cognitivi:-"l'ha detto la televisione" (parlando col frigo?); -"l'ha detto il giornale" (parlando col tavolo?) son frasi sorprendentemente attuali. "Non ci emozioniamo più, i nostri sentimenti e il nostro giudizio critico si bloccano, e alla fine il nostro atteggiamento di fronte agli avvenimenti del mondo assume un carattere di piattezza ed indifferenza" (cfr. Erich Fromm, fuga dalla libertà pag.197(nel 1941))
Se uniamo la paura di essere liberi ad un qualsiasi simulacro precotto di libertà con un atteggiamento tendenzialmente assertivo:-"si ho capito" possiamo valutare l'opportunità di una riflessione approfondita."Il diritto di esprimere i nostri pensieri, tuttavia, ha un significato solo se siamo capaci di avere pensieri nostri..." (op.cit. pag.189)
La pubblicità usa i canali comunicazionali presenti in ogni cultura, alcuni impostati fin dall'infanzia.
Il nostro subconscio occidentale è colonizzato secondo quelli che sono i modelli proposti alle generazioni precedenti; partiamo da un "ok corral" (che in Veneto notoriamente può essere giusto un allevamento di cozze, "peoci") incontrando un "James Dean gigante", una "bionda Marylin" uniti in una “speed life” verso il successo, passando per un "Easy Ryder" (che nella nostra cultura poteva essere solo uno "col barchin" che faceva contrabbando) arrivando ad un "Blade Runner" che poteva essere altro che l'espressione della necessità metafisica di un umano in plastica (un manichino, coi piccioni).
Ogni generazione ha il suo film "cult" dominante: Fight Club, Matrix, il signore degli anelli etc. etc.
Vengono proposti controversi modelli ribelli perfettamente imitabili (cfr. Laureen Greenfield, Growing up fast in Milan).
In Italia partiamo da un chinotto, una biciletta, un Amedeo Nazzari; un canto alla vita, semplice ma dignitosa; per arrivare a modelli complessi e composti alla bisogna quali Coca Cola, la moto al porto e John Wayne (cfr. Scieriffi). Con dinamiche di violenta affermazione dell’io, ad aggravare quelle delle culture in cui si diffondono.
Siamo arrivati nel mondo occidentale ad avere le prime generazioni cresciute dalla televisione (cfr. J Baudrillard, Il delitto perfetto) e l'immagine ha immediatamente soppiantato un altro strumento visivo di comunicazione: il testo. Innovato di recente dall' ipertesto (cfr. George P. Landow, Ipertesto - il futuro della scrittura).
Le tecnologie tendenzialmente superano per velocità di diffusione le possibilità di controllo etico da parte delle società di riferimento. L'uomo generalmente arriva ad avere coscienza della tecnologia che sta usando in ritardo, fortunatamente sempre minore, rispetto ai tempi di produzione degli eventuali danni; l'approccio è sintomatico.
Ci sono due lati in ogni moneta; esplicativo ed esemplare di questo è stato l'avvento della penicillina e dei suoi derivati; le teorie quantiche ed il loro uso.
Un' etica economica preventiva è pertanto necessaria nell'approccio a qualsiasi tecnologia. Nella fattispecie, per quanto riguarda il tema trattato: gli strumenti di comunicazione di massa, avendo la possibilita' d'influire sull'immaginario collettivo con conseguenti reazioni sociali, sono semplicemente da "tarare". Internet ora e' diventato uno spazio virtuale dove sgozzano gli ostaggi alleati che permette la seguente associazione di idee: noi-ostaggio-minaccia-violenza-morte-islam-assassini-pericolo (anche in diversa sequenza).
Tutti siamo agevolati ad adeguarci ai modelli proposti dai media, basati su di un successo effimero costato il più delle volte crisi d'astinenza.
Ora la pubblicità si è accorta (...), o meglio se ne sono accorti i produttori, che il sistema ha bisogno di figli; se non fa figli la "middle class" si estingue e poi chi li compra i prodotti destinati ad essa? Le grandi aziende devono prodursi i consumatori, questo e' l'ennesimo scambio simbolico. Il sistema è in crisi? No, basta produrre prodotti per le middle calss dei paesi del terzo mondo.
L'immaginario collettivo attuale è stato colpito duramente dalle news delle torri gemelle.
Chi lavora in pubblicità conosce bene l'utilità di evitare qualsiasi riferimento a strutture verticali di cemento o a moderne cattedrali distrutte. Il numero 11 è diventato un numero pesante in comunicazione, spesso usato nella moda per provocare.
A meno che non si usi il grigio ed il cemento per riaffermare la supremazia della nostra cultura (the story goes on); basata su un elemento poliforme che si possa sostituire al naturale. Come la plastica si sta sostituendo alla pelle nell'estetica della moda. Una pallida luce artificiale sostituita alla luce naturale. Proponendo metaforicamente una vita sottoterra e sotto controllo.
L’intelligenza artificiale plasmando alla bisogna quella naturale, IO binario.
Ora, parlare di etica in un ambiente così raffreddato da interessi consumistici e di deontologia professionale in un commercio basato sull'idea di successo superficiale, parlare di etica dell'apparenza è discretamente difficile (per me almeno). L'unica cosa di cui posso forse parlare è di idee (?); per proporre modi d'uso che credo etici e percorribili. Dialogare con l'immaginario suggerendo alternative; anziché continuare a martellare sulle dinamiche dei sensi di colpa, sparando in faccia le differenze, le manchevolezze del sistema.
Esaltare le differenze positive ed il successo personale, non eterodiretto.
E' possibile forse pensare a come cambiare un sistema. Uno dei modi è legato alla riduzione dei consumi, ridefinire la scala di Maslow e ridefinire i bisogni; dialogare coi sogni per lo sviluppo di bisogni sostenibili.
Lo sviluppo è l'effetto, il bisogno la causa; se si vuole l'uno sostenibile vanno riespressi gli altri.
Lo sviluppo sostenibile non può prescindere dall'espressione nei consumi di bisogni sostenibili. Psicologicamente, socialmente, ecologicamente, economicamente. Eticamente.
Siamo nella cultura del copia-incolla, è più facile riproporre e comporre immagini riconoscibili, vista la concorrenza con altre distrazioni ambientali, che produrre immagini che siano vere. Molta pubblicità usa immagini stereotipo per meglio aderire alle menti di chi la vede; immagini metaforiche come pulsanti (per molti, opinabile con una semplice individuazione). Presto le grandi concentrazioni di archivi, quali Corbis o Getty, potranno proporre anche l'attualità e la cronaca; il fotogiornalismo per immagini d'archivio come già avviene. Agenzia Immaginario.
Un bambino che muore di fame deve essere nero e ce ne sono una montagna negli archivi. Storica ad esempio fu l'immagine di Don Mc Cullin in Biafra 1968 che ritrae un bambino morente di fame "bianco", un nero albino. Spiazzante, al tempo e oggi.
La velocità della tecnologia televisiva e la diffusione delle comunicazioni (network, internet), avendo modificato processi cognitivi ed informativi, impongono ora la necessità per chi ne abusa a scopi politici od economici di alterare la produzione degli eventi e strumentalizzare le informazioni derivanti.
Sono creati eventi ad hoc, realtà determinate per il sistema mediatico, sfruttando le potenzialita meta-comunicazionali dell'immagine.
Situazioni di cui i media debbano parlare, cibo per giornalisti.
L'informazione (il quarto potere?) è tendenzialmente tenuta sotto controllo. Siamo negli anni della Information tecnology, binomio inquietante. La gestione delle informazioni modifica e preclude l'accesso alle informazioni necessarie, magari disponibili, provocando anche con un semplice eccesso di offerta una contrazione dell'eventuale domanda.
La gestione dei media e della comunicazione di massa si è verificata necessaria tempo addietro ed ha portato a diverse cose tra cui la propaganda, di cui Goebbels era un antesignano:"Il popolo è la fonte del nostro potere".
In comunicazione bisogna interagire con queste dinamiche; cercando di fare pubblicità ai lati positivi, rispettando le diversità culturali.
Difendere la vita mostrando le infinite facce dell'amore.
Prescindendo forse dall'ethnos:-"Da qui la domanda centrale: è ragionevolmente concepibile oggi una versione di ethnos che sia compatibile con la condizione di cittadinanza del mondo, che elimini da se ogni traccia di etnocentrismo conflittuale, e che assolva al tempo stesso alla funzione di principio di aggregazione e di identificazione rassicurante in una umanita' non ancora pacificata? Questo interrogativo si distingue a sua volta in una serie ulteriore di domande: è concepibile un epos nel quale sia esclusa, come ricordo da cui trarre vanto, la sacralizzazione della violenza, quella militare in particolare, e ci si affidi invece al patrimonio di contributi di civiltà nel campo delle arti, delle scienze, degli istituti sociali, per celebrare i meriti comuni? E un ethos che, oltre alla tradizione del giusnaturalismo, dell'illuminismo e dei valori della democrazia e delle forme universalistiche dell'etica religiosa si dischiuda ai nuovi valori della storia, nel segno della pace fra gli uomini e dell'affettuoso rispetto per la natura?" (cfr. C.Tullio-Altan, Ethnos e civiltà pag. 154 e sg.)
Ora, guardando il panorama mediatico in cui viviamo, facciamo presto a vedere cosa manca (a parte la realtà): la capacita' di sorridere e il "noi".
Nella nostra società il sorriso è usato nelle pubblicità di gelati, assorbenti, prodotti dietetici, prodotti per la casa (anche le ciglia aggrottate). Banche e assicurazioni propongono un sorriso serio, posato e sicuro. Surreale. Tutto è prevalentemente fondato sull'auto-acquisto: io: lavoro, non ho tempo, guadagno quindi mi premio con l'acquisto di questo o quello. Affermo la mia identità, aderendo a modelli attraverso l'acquisto; e non sorrido. L'elemento donante, il prevedere la possibilità di donare qualcosa all'alterità è combattuto. Il sorriso donato, gratuito, il sorriso spontaneo, quello degli occhi, è un bene raro che si stenta trovare in pubblicità. I bisogni deviati della nostra società impongono un malessere di fondo nel momento in cui non sono piu raggiungibili; l'impossibilità o incapacità di aderire o appartenere a mode, gruppi, culture o altro con l'unico mezzo di scambio su cui è strutturata la nostra società, il denaro, rende le persone sole. Spente, bisogna dare luce; colori.
Il "noi" dipende da dove si decide di mettere il confine; nella nostra società è a malapena impersonato da una bandiera, un partito, una élitè: noi Italiani, noi creativi, noi intelligenti, noi poveri, noi buoni, noi ricchi, noi migliori.
Per comunicare il sud del mondo è forse possibile proporre modelli positivi; possibili alternative. Uscire dallo stereotipo mediatico che è stato appiccicato addosso. Ripensate alle immagini diffuse; ce ne sono di nuove che definiscono l'Africa da dopo il Rwanda 1994?
Diffondere negli archivi dei giornali, delle agenzie e ovunque immagini inaspettate (esempio: gli abiti tradizionali di Nelson Mandela); mostrare "la parte positiva della moneta". La gente cerca una via per sorridere essendo in sovraccarico (paranoide) di informazioni visive negative ("il coefficiente di realtà è proporzionale alla riserva dell'immaginario che gli dà il suo peso specifico"; cfr: J.Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte pg. 88 nota 14). Proporre nuovi modelli familiari oltre i mulini bianchi. Sostituiti recentemente da vetro e metallo della perfezione, con pallida luce metropolitana, la nuova famiglia protetta da una casa loculo.
Siamo noi, qui; con sentimenti raffinati dal nulla, dalla solitudine e dalla noia; i poveri.
Per il sistema nord-est potrebbe essere interessante esprimere modelli sociali-aziendali fondati sul gruppo cui tutti contribuiscono; sottolineando l'interazione e l'influenza sul benessere del territorio. Arrivando a proporre co-branding locali coinvolgendo le aziende in una visibilità pubblicitaria per attività di immediato ritorno etico.
Introducendo attraverso le immagini l'orizzontale "noi" in contrapposizione diretta al verticale "io" delle culture occidentali.
Bisogna ridefinire il concetto di "noi". Apolitico, aconfessionale, multirazziale e multiculturale. Siamo in tanti.
Rimanendo sempre attenti a denunciare con la massima forza possibile le violazioni, gli abusi e tutto quello che supera per decenza la soglia della dignità umana.
Noi umani, e' l'unica strada.


Copyright foto © 1992/2004 Fabiano Avancini.
ll diritto di riproduzione è un limite evidente alla diffusione delle informazioni, delle notizie e dello sviluppo. Per quanto riguarda i miei diritti relativi al testo la riproduzione è libera citando la fonte; per non ledere la logica di navigazione ed il percorso ipertestuale Vi chiedo cortesemente di considerare l'opportunità di citare l'intero collegamento a questa pagina.
Le foto contenute in questa relazione sono semplici, personali appunti cui sono molto affezionato, coperte da copyright; alcune sono anche ricordi pregnanti e fanno parte del mio portfolio personale.
Sono importanti nel contesto in cui sono state riprese, fanno parte di una testimonianza oculare. Vi chiedo pertanto il massimo rispetto delle informazioni contenute in esse, del fotografo, dei soggetti ritratti e del lettore.
Vi ringrazio per il tempo che avete dedicato a capire.
Fabiano Avancini