Nel 2005 anche Ralph Begleiter, docente di giornalismo e di scienze politiche all’Università del Delaware, riuscì a far cadere la censura su oltre trecento fotografie scattate dai fotografi militari durante le cerimonie di rimpatrio delle salme. Le immagini furono raccolte in una
gallery sul sito della George Washington University (fonte:
Corriere ). Nonostante queste sentenze, però, il divieto del ‘91 continuò a restare in vigore.
Dall’ottobre del 2001 a oggi in Afghanistan e Iraq sono morti più di 4500 soldati. Anche le loro bare sono state trasportate alla base aerea di Dover, ma ad attenderle sulla pista non c’era nessun fotoreporter. Il sergente Myers involontariamente ha segnato un triste primato e il suo caso ha rappresentato un’ulteriore spartiacque tra l’era Bush e l’amministrazione Obama. Il nuovo Presidente non ha nessuna intenzione di nascondere i costi reali delle guerre sostenute dal predecessore. D’ora in poi i media potranno continuare a immortalare i feretri dei soldati rimpatriati, ma solo con il consenso dei parenti delle vittime e nel rispetto di alcune condizioni: niente flash, niente dirette televisive, niente interviste al personale militare.
Come ha sottolineato Vittorio Zucconi in un suo
articolo su “la Repubblica”, la diffusione di queste immagini potrebbe aiutare Obama ad accelerare il ritiro delle truppe dall‘Iraq. Ma potrebbe anche mettere a rischio il sostegno degli americani alla guerra al terrorismo in Afghanistan, per vincere la quale il nuovo Presidente ha previsto l’invio di altri soldati. “Esiste una vittoria finale, decisiva in Afghanistan che possa riportare il dolore e il lutto […] ai rituali della "gloriosa morte" sul campo?” - si domanda il giornalista. “Questa è la scommessa di Barack Obama, nello strappare al buio il popolo degli invisibili. Se la dovesse perdere, qualcuno avverte che l'Afghanistan potrebbe essere, per troppa trasparenza, il Vietnam di Obama“.
Monica Nardini