Dall'analogico al web

Per gentile concessione della Fondazione Italiana per la Fotografia pubblichiamo uno dei saggi del catalogo alla mostra Il fotogiornalismo in Italia, Linee di tendenza e percorsi 1945-2005, della XI edizione della Biennale Internazionale di Fotografia edito da FIF in collaborazione con la Stampa.

Dall'analogico al web
Carlo Cerchioli

Le fotografie che vediamo tutti i giorni sui giornali sono la merce di un mercato che è andato sempre più allargandosi con il passare del tempo e il progredire delle tecnologie. Oggi, grazie ai processi di digitalizzazione e alla rete Internet, una qualsiasi immagine può essere inviata a tutte le redazioni dei giornali nel mondo. Il mercato della fotografia d’informazione - e non soltanto di quella - è diventato globale. Le agenzie di stampa e fotografiche, tradizionale nodo di raccolta e di smistamento delle notizie per immagini, si sono fatte e si fanno una serrata concorrenza. I giocatori più forti di questa partita sono le due mega agenzie fotografiche Corbis , di proprietà di Bill Gates, Getty Images, nata dalla precisa volontà di Mark Getty e Jonathan Klein di razionalizzare il mercato della fotografia, e le agenzie di stampa Associated Press (AP), Reuters e Agence France Presse (AFP). Negli ultimi anni non è cambiato solo il modo di inviare le fotografie, è cambiato il modo di raccontare gli eventi attraverso la fotografia, e sono sempre aperti dibattiti e riflessioni sul suo linguaggio. In tutto questo processo le agenzie fotografiche italiane non hanno avuto un ruolo, sono rimaste ai margini. Dalla fine degli anni sessanta accanto alla produzione di materiali informativi locali le strutture italiane si sono preoccupate di rivendere i materiali prodotti all’estero da grandi agenzie per rispondere alle richieste dei giornali. Certo la dimensione del nostro paese ci costringe a ruoli subalterni ma, come ormai ci si è resi conto fra gli addetti ai lavori della fotografia, si paga un’impostazione culturale che ha fatto della stampa un mezzo eminentemente scritto, poco attento alla possibilità di veicolare informazioni anche attraverso le immagini e quindi privo di una identità visiva che possa controbattere anche la concorrenza televisiva. La rivoluzione del mercato seguita a quella digitale nel nostro paese ha fatto quindi meno rumore che non all’estero. Non ci sono state gloriose agenzie come la francese Sygma i cui fotoreporter sono scesi in sciopero contro i nuovi contratti imposti dall’acquirente Corbis, né fotoreporter di fama internazionale hanno costituito nuove agenzie in aperta polemica con “i drammatici cambiamenti che si stanno verificando in relazione alla proprietà, alla rappresentatività, e alla distribuzione del giornalismo fotografico”(1). C’è stato un giro di valzer. Le agenzie che distribuivano materiali di strutture estere diventate dirette concorrenti hanno visto cancellare alcuni dei loro contratti e sono dovute andare in caccia di nuovi archivi stilando accordi in armonia con il nuovo assetto del mercato internazionale (2); i costi per riconvertire gli archivi dalla pellicola al digitale sono stati faticosamente assorbiti. Lo scossone più violento l’hanno subito forse i fotoreporter: per un limitato drappello si sono aperte le porte delle sedi di corrispondenza delle agenzie di stampa internazionali spinte a riorganizzarsi dalla nuova concorrenza dei due colossi, ma per la maggioranza si sono chiusi i finanziamenti di alcune agenzie per lavori di respiro internazionale, essendo ormai il campo abbondantemente e costantemente coperto.

Nel 1989, mentre Bill Gates scegliendo le immagini che voleva proiettare sugli schermi al plasma della sua nuova casa di Seatle iniziava a pensare a Corbis(3), in Italia Giorgio Bocca registrava i cambiamenti avvenuti nel giornalismo nostrano alla fine di un decennio che aveva visto l’introduzione delle nuove tecnologie di stampa e la comparsa del marketing come nuovo strumento dell’editoria. In una congiuntura economica favorevole la stampa d’informazione aveva raggiunto livelli di diffusione quasi impensabili per il nostro paese. Il Corriere della Sera e La Repubblica si contendevano il primato di diffusione intorno al milione e mezzo di copie. I giornali diventavano prodotti industriali come gli altri e Bocca scriveva: “Qui giace il foreporter che rischiava la pelle nei campi minati della striscia di Gaza o di morire soffocato dalla nausea per l’odore dolciastro dei morti, nel Bengala, quando l’onda lunga sommerse centinaia di villaggi. Mi ha ucciso il fotoreporter dei supplementi in rotocalco con le sue fotografie fasulle di finti soldati e finti terroristi. Mi hanno ucciso i fotografi da studio che riescono a far posare l’Angelo Gaja, il re del Barbaresco, davanti a decine di calici contenenti liquidi azzurri, rosa viola, gialli quasi a confessare: io il vino lo faccio con le polverine. Che riescono persino a mettere nudi in un tino la madre e il figlio che fanno il passito in quel di Neive” (4). Le fotografie dei magazine dei quotidiani puntano alla spettacolarità, all’emozione a tutti i costi non al semplice sguardo sulla realtà, alla testimonianza dell’evento. Eugenio Scalfari, direttore della Repubblica, alla vigilia dell’uscita del Venerdì e con il primo numero di Sette, il magazine del Corriere della sera, già in edicola, assegna un’importanza centrale alle fotografie ma ci pare avere le idee confuse sul fotogiornalismo. “Il giornalismo dei supplementi è un giornalismo soprattutto fotografico, anche se non pensiamo ad un album di fotografie. Ma certo non ha niente a che vedere con il giornalismo dei settimanali di informazione costruiti proprio sulle news, con la parte fotografica che è solo di supporto esornativo o didascalico alla informazione scritta” (5); la domanda che sorge spontanea è che genere di fotografie vanno in pagina sui quotidiani se già quelle dei settimanali sono soltanto di “supporto esornativo”.
Di fatto il genere fotografico “magazine” esisteva già sul mercato internazionale - i supplementi non erano una novità sia negli Usa che in Europa - se l’agenzia francese Sygma a cavallo fra gli anni ‘80 e ‘90 si era dotata di un settore di produzione dove si progettavano i servizi per i supplementi illustrati: fotografie scattate in medio formato, molto ricercate, posate, con luci di riempimento per avere più dettagli mantenendo però l’effetto del reportage. Ma, Bocca ha visto giusto, in Italia il nuovo genere oltrepasserà i confini delle pagine dei supplementi per arrivare ai settimanali d’informazione e ai quotidiani. Senza vere e proprie scuole che insegnino il fotogiornalismo, con le agenzie fotografiche che per struttura commerciale hanno smesso di essere i luoghi della formazione, pochi operatori ricevono un indirizzo professionale giornalistico appropriato (6). La scelta di chi decide la messa in pagina delle immagini si fa allora sempre più orientare da canoni estetici e simbolici piuttosto che dai contenuti informativi reali. Il risultato più evidente è il frequente ricorso da parte dei fotoreporer alla messa in posa dei soggetti. Non ci riferiamo tanto ai ritratti, per quanto si possano riprendere durante un avvenimento anche senza sollecitarli, ma piuttosto alla messa in posa degli operai che occupano l’aeroporto, degli studenti in manifestazione, delle persone durante l’alluvione, e via dicendo. Gli operatori, freelance e non, che coprono per le agenzie fotografiche la cronaca cittadina, lavorano per illustrare la cronaca anziché per raccontarla; sono cioè più impegnati a cercare immagini atemporali, buone per una voce tematica dell’archivio, che non a riprendere l’evento vero e proprio.
Nella ricerca della foto simbolica a tutti i costi, capita poi che la stessa redazione di Sette - forse presa dall’euforia per la facilità con cui la tecnologia digitale permette la manipolizione delle fotografie - costruisca un vero e proprio fotomontaggio a tutta pagina sul tema degli squatters a Torino (7). La fattura del montaggio è tutt’altro che perfetta ma solo per gli occhi attenti dei professionisti non per quelli dei comuni lettori. Discorso simile per Il Manifesto dove dalla foto AP di prima pagina - sempre molto curata, quasi una copertina di settimanale - vengono fatti scomparire alcuni manifestanti palestinesi che lanciano sassi, sullo sfondo della foto, per lasciare in primo piano un altro manifestante che apparentemente si protegge la testa con le mani (8). Nessun fotomontaggio o “ripulitura” invece su Panorama ma foto di stock. Per alleggerire un articolo di approfondimento sulle malattie infettive in ambito scolastico dopo alcuni casi di meningite nelle scuole della Lombardia, si pubblica una fotografia dell’archivio Getty Images di bambini felici a scuola, palesemente scattata negli Stati Uniti (9).
Anche la settimanalizzazione dei quotidiani ha fatto la sua parte nello scadimento della veridicità dell’informazione fotografica. Il quotidiano è stato contaminato con lo schema del vecchio settimanale popolare fatto di grandi storie, grandi interviste, grandi personaggi, grandi reportage. Ezio Mauro direttore della Repubblica dal 1996 esemplifica così il nuovo corso: “Oggi le cronache dei giornali sono dei veri e propri settimanali popolari che si fanno tutti i giorni. Trovi pagine in cui, con il modulo del settimanale popolare, si monta la new age con la protesta del Papa subito sotto: quanti sono gli adepti nel mondo, perché il Papa è contro, quali sono i dieci comandamenti della new age, quali sono i dieci pericoli secondo l’ultimo libro che è uscito, magari una guida bibliografica ai libri da andarsi a leggere”. La cronaca ha “un tasso di sofisticazione, ma non di adulterazione, altissimo: prendi una notizia che vale cinquanta, con l’abilità di aggiungerci un venti per cento di lavoro d’archivio intelligente, un venti per cento di testimonianza della persona giusta, un dieci per cento di commento appropriato e la porti a valore cento” (10). Le fotografie saranno però, di archivio quella del Papa, di stock quella degli adepti della new age, perché è impensabile commissionare un reportage a mezzogiorno per averlo alla sera alle 20 per pubblicare una sola foto, e forse si commissionerà il ritratto della testimonianza ma solo se non lo si troverà in qualche archivio d’agenzia.
Il nuovo corso dei quotidiani ha tolto spazi di intervento ai settimanali d’informazione. Dal punto di vista dei fotoreporter se prima - nella piccola economia di scala dei freelance - si copriva un avvenimento e si potevano vendere le foto ai quotidiani e poi altre immagini diverse al settimanale, oggi l’operazione è quasi impossibile. Allo stesso modo prendere spunto da una notizia pubblicata su un quotidiano per proporre un reportage fotografico ad un settimanale d’informazione è diventato arduo perché l’approfondimento del quotidiano, che se non c’è il primo giorno arriva il giorno successivo, avrà già bruciato ogni possibilità di trattare ulteriormente l’argomento. Il reportage fotografico, soprattutto a tema italiano, tende a scomparire dalla stampa periodica e i servizi commissionati si limitano per lo più ai ritratti. Le poche storie per immagini che vediamo sono frutto dell’iniziativa dei freelance che per trattare un argomento sono costretti ad andare a caccia di finanziamenti non editoriali. Molti reportage sociali che hanno per tema il lavoro delle organizzazioni umanitarie - che pur citate spesso e usate come fonti dai giornalisti non trovano visibilità adeguata per le loro iniziative-, vengono commissionati dalle stesse organizzazioni per le loro cartelle stampa (11). Stesso discorso per i reportage turistici ormai da tempo finanziati dalle agenzie di viaggi o dagli uffici turistici dei vari paesi. I fotoreporter trovano così la possibilità di avere, se non una committenza vera e propria, almeno le spese del servizio pagate.

“Nei primi due o tre anni dello scorso decennio la televisione travalica la sua dimensione culturale e di costume, per entrare stabilmente nelle abitudini quotidiane di consumo (e spettacolo) dell’informazione politica. Per questo, col Corriere in testa, la TV diviene oggetto di riflessione culturale e antropologica per tutti i quotidiani anche sul versante politico” (12). Fotograficamente, nella stampa d’informazione, il fenomeno si traduce in una invasione di ritratti di personaggi politici ripresi nei vari salotti televisivi, pubblicati a proposito - cioè a ridosso della loro comparsa in TV anche se spesso decontestualizzati da un taglio che esclude lo studio televisivo - e a sproposito. Capiamo perfettamente che le condizioni di ripresa siano favorevoli, buona luce, buona varietà di espressioni fra cui estrarre quella giusta che supporti al meglio il tono della dichiarazione o il taglio dell’articolo; ammettiamo che sia difficile trovare fotografie non ripetitive dei politici italiani, ma non capiamo perché si scelgano così spesso immagini televisive che quasi riproducono l’inquadratura della telecamera anche quando il politico di turno ha rilasciato una dichiarazione nel transatlantico di Montecitorio. Inoltre, vista la serrata concorrenza tra stampa e televisione, riproporre in continuazione immagini simili a quelle della TV significa avvalorarne nella sostanza, seppur indirettamente, la centralità informativa. Oggi, con la produzione quotidiana di cronaca politica messa immediatamente a disposizione on line da parte delle agenzie di stampa e fotografiche, sarebbe facile trovare anche la foto di giornata.
Il Censis dopo che per dieci anni ha dedicato un capitolo del suo rapporto annuale ai media, nel 2001 ha prodotto una ricerca autonoma sull’argomento. Fra le altre cose, emerge l’incapacità dei media di trovare strumenti di descrizione e interpretazione della realtà quotidiana mentre questa capacità si manifesta soltanto nella trattazione di fatti eccezionali. Siamo alla “manutenzione dei luoghi comuni”. Questa felice definizione dei ricercatori del Censis possiamo applicarla anche alle fotografie che compaiono sulla stampa. Gli squatter torinesi del fotomontaggio di Sette riproducono una delle tante fotografie della contestazione, con i cortei e i manifestanti uniti in cordoni dalle aste delle bandiere e le immancabili scritte murali sullo sfondo. Il palestinese della foto ripulita del Manifesto può solo proteggersi la testa ne “La caccia di Nazareth” (13). Come sono i bambini a scuola nell’apertura di Panorama? Felici, mentre nella foto più piccola in taglio basso, il bambino che viene vaccinato sul braccio non può altro che piangere, richiamando il sommario dell’articolo che cita le vaccinazioni (14). I politici nei salotti TV possono solo stare seduti in poltrona, fa eccezione giusto il presidente del consiglio che compare al tavolino di ciliegio o di fronte alla cartina dell’Italia. Sono tutte rappresentazioni di come noi immaginiamo debba essere quello che ci viene raccontato sulla base di quello che sappiamo già, dei luoghi comuni e degli stereotipi culturali: le fotografie non ci forniscono nessuna informazione in più.
Il cambiamento avvenuto con l’ingresso del fattore mercato nella editoria quotidiana coincidente con l’uscita dei magazine, sul lungo periodo non è stato dunque particolarmente positivo per l’informazione fotografica. Ad una svolta positiva non hanno contribuito né editori né giornalisti; i primi più preoccupati del marketing che dell’informazione, i secondi incapaci di vedere la fotografia come elemento informativo. Il lavoro di entrambi sortisce prodotti che non hanno una identità compiuta; i giornali si distinguono fra loro per gli stili di scrittura e la scelta di appartenenza ad un area politica, non per il prodotto nel suo complesso fatto di scritti, immagini, grafica. “Identità grafica e qualità dell’immagine fotografica appaiono affrontati soltanto come mera questione economica (forze lavoro da ridurre, prezzi da contingentare) o come problematiche strutturali legate ai meccanismi di confezionamento del giornale” (15).

Dalla primavera del 1996, quando è comparso in Internet fra i domini italiani, il primo sito dedicato alle elezioni politiche del 21 aprile, messo on line da alcuni redattori della Repubblica, la situazione nel Web è radicalmente mutata. Tutti i giornali hanno un proprio sito – sempre più spesso a pagamento - prolungamento e a volte approfondimento dell’edizione cartacea e mezzo attraverso cui rinsaldare il rapporto con i lettori. Un rapporto che si è fatto via via sempre più stretto e la cui verifica non è più legata soltanto alle lettere al direttore e agli studi di readership. Il peso delle varie sezioni del giornale ora è verificabile continuamente – in modo contabile, con anche i tempi di lettura - attraverso i click del lettore nelle varie sezioni del giornale on line e a questa contabilità asettica, che misura in fondo solo il gradimento del lettore, si sono recentemente aggiunti i blog di editorialisti e di alcuni giornalisti delle redazioni che permettono verifiche più articolate.
La progressiva evoluzione tecnica dei modem e la diffusione di linee e collegamenti telefonici veloci – la banda larga – che consente al comune utente del Web di scaricare velocemente sul proprio computer documenti sempre più pesanti, ha fatto aumentare la presenza di fotografie nei siti dei giornali. Prima soltanto piccole immagini di pochi centimetri quadrati inserite in testa o nel corpo degli articoli, poi gallerie fotografiche con un massiccio numero di immagini. Potrebbe essere una pacchia per la fotografia d’informazione, potrebbe sembrare che finalmente nelle redazioni si fosse scoperto il valore dell’immagine; in realtà l’uso delle gallerie fotografiche è diffuso perché per vedere chiaramente ogni immagine bisogna cliccare sopra la sua miniatura per ingrandirla; e questi click fanno guadagnare posti nella classifica Audiweb (16), come dire avere più lettori per il giornale in edicola. Se si guarda ai contenuti, nei casi migliori, siamo alle raccolte delle fotografie ricevute quotidianamente in abbonamento dalle agenzie di stampa. Si privilegia di più la quantità che non i contenuti o la qualità.

  • didascalia: Condom per tutti. Lo psicologo italiano chiamato Mandrillo Cirillo, esperto di questioni sessuali, manifesta con una collega a Bangkok, in Thailandia. I due sono coperti con un enorme sacco di plastica che rappresenta un preservativo: obiettivo, invitare i giovani a praticare il sesso sicuro
  • firma: EPA (Europea Press Agency ndr)
  • fonte: corrieredellasera.it
Il 6 luglio 2005 abbiamo guardato i siti dei due principali quotidiani e di due settimanali d’informazione. Il Corriere della Sera.it nella sezione Multimedia presenta la pagina “foto del giorno”, quindici fotografie scelte fra quelle che il giornale riceve in abbonamento dalle agenzie di stampa con inserita anche, inspiegabilmente, la vignetta di Giannelli. Sono tutte immagini didascalizzate e firmate correttamente ma il tono della selezione proposta al lettore a noi ricorda la rubrica “la foto curiosa” che La Domenica del Corriere pubblicava negli anni ‘60. C’è solo qualche aggiornamento dovuto ai tempi; un esempio scelto - credeteci - a caso: “Condom per tutti. Lo psicologo italiano chiamato Mandrillo Cirillo, esperto di questioni sessuali, manifesta con una collega a Bangkok, in Thailandia. I due sono coperti con un enorme sacco di plastica che rappresenta un preservativo: obiettivo, invitare i giovani a praticare il sesso sicuro (Epa)”. Il sito del Corriere ha anche delle pagine dedicate al supplemento milanese Vivimilano e qui il discorso fotografico va decisamente meglio. Ne “le foto del giorno” trovano spazio la fotografia d’apertura del dorso cittadino del giornale e le immagini della cronaca cittadina minore, con lunghe didascalie che illustrano l’avvenimento e contestualizzano la foto.
  • firma: le fotografie non sono firmate
  • fonte: la Repubblica.it
  • titolo articolo: Si schianta elicottere a Fiumicino
La Repubblica.it ha un offerta fotografica più articolata; le principali sezioni del giornale hanno una propria galleria anche se non tutti i giorni vengono inserite nuove immagini. Ma tutte le fotografie sono rigorosamente non firmate e le didascalie sono approsimative.
  • didascalia: NEW YORK, 6 lug - Di iPod si può morire: è successo a New York a un 15enne, ucciso per rapina. Una storia che ha fatto muovere anche Steve Jobs. Il capo della Apple, il gigante informatico rilanciato dal successo dal suo celebre lettore di musica digitale, ha infatti telefonato al padre del ragazzo, ucciso dopo il rifiuto di consegnare ai ladri il suo iPod. "Non sapevo chi fosse - ha dichiarato l'uomo - Mi ha fatto le condoglianze. Parlava col cuore, mi ha detto che capiva come mi potevo sentire".
  • firma: ANSA
  • fonte: Panorama.it
  • titolo articolo: photogallery, fotonews del giorno
  • nota: I thumbnail delle quattro foto contenute a pag 11 delle 29 di fotonews del giorno, si sovrappongono all'immagine ingrandita per un evidente errore di scrittura html della pagina
Per entrambi i siti dei due maggiori quotidiani italiani la presentazione grafica delle fotografie è povera, se non sciatta. Solo Panorama.it - L’Espresso on line non ha fotografie – tenta, ma fallisce tecnicamente, un’impaginazione articolata delle “fotonews del giorno”: una striscia per temi che compare subito dopo l’articolo di apertura della home page del sito. Le prime due sezioni sono dei notiziari illustrati dall’Italia e dagli Esteri; ognuna si compone di circa trenta pagine, tutte con banner pubblicitario, in cui 4-5 fotografie per pagina richiamano ciascuna un lancio tratto dal notiziario Ansa. Non ci sono didascalie né firma delle foto ma è presumibile provengano tutte dall’archivio dell’agenzia di stampa. Il problema è che le foto non vengono visualizzate correttamente per problemi tecnici; all’immagine che appare ingrandita si sovrappongono le miniature delle altre foto contenute nella pagina. Sul sito di Panorama compaiono poi una decina di gallerie, alcune segnalate con l’icona di una macchina fotografica, dove le foto sono in prevalenza d’archivio - genere people o “Paparazzate”, come recita il titoletto di una sezione delle fotonews; le fotografie delle mostre provengono sempre dagli uffici stampa.
Possiamo quindi dire che i siti web delle testate giornalistiche italiane sono, per quanto riguarda le immagini giornalistiche, un’occasione mancata. Nessun tentativo di costruire racconti per immagini e uso di fotografie programmaticamente singole, esattamente come avviene nelle edizioni a stampa. Siamo alle semplici raccolte di figurine che testimoniano soltanto – per esempio - chi c’era alla serata mondana e nulla del contesto in cui si è svolta. Non discutiamo la scelta di mettere in pagina o on line la mondanità, contestiamo lo stile ripetitivo del genere people: flash, figura intera, preferibilmente con lo sguardo del soggetto in macchina, pochissimi gesti, immagini statiche. Manca sempre il racconto per immagini, la capacità di strutturarlo, di articolare un discorso.
All’estero i giornali nelle loro edizioni on line hanno rilanciato la fotografia, il reportage e i filmati digitali, per arricchire l’offerta d’informazione ai lettori sfruttando la possibilità di spazi praticamente illimitati forniti dalle tecnologie digitali. Cultura dell’informazione fotografica a parte, c’è anche molta attenzione alla fruibilità del prodotto sotto il profilo tecnologico. Se cliccate per vedere uno Slide show fotografico, una prima finestra di dialogo vi chiederà che tipo di connessione a Internet avete per potervi offrire una visione ottimale.
Mario Tedeschini Lalli, nello scorso mese di giugno sul Blog Giornalismo d’altri nel portale Kataweb del Gruppo L’Espresso, fa due segnalazioni proprio relative all’informazione per immagini nel Web. La prima in occasione del concorso annuale della National Professional Photographers Association statunitense, dedicato al “meglio del fotogiornalismo” che è sempre più orientato verso il Web. “Vale la pena di guardarseli con attenzione questi pacchetti di foto – ci dice -, foto+audio, foto+audio+video, perché indicano una delle più interessanti nuove direzioni dove il giornalismo professionale potrebbe dire proficuamente la sua” (17). La seconda si occupa di una serie di ritratti fotografici inaugurata dal New York Times, “The Tribes of New York”, presentata senza articoli scritti, “solo brevi servizi audio (un po' più o un po' meno di due minuti) accompagnati da bei ritratti fotografici delle persone coinvolte”. La serie fonde “elementi un tempo radiofonici (il servizio audio) e dei grandi settimanali illustrati (il ritratto fotografico). Mi piacerebbe che qualche quotidiano nostrano provasse a copiarli” (18).
E va da se che piacerebbe anche a noi.

18 luglio 2005


1. “About VII Photo Agency”, www.iiphoto.com, 2001. Oggi, finita la fase di più acuta tensione nel mondo delle agenzie, la presentazione dell’agenzia è stata cambiata e non compaiono gli elementi di polemica che abbiamo citato. 2. Per un discorso più approfondito sui cambiamenti avvenuti nel mercato della fotografia d’informazione vedi Carlo Cerchioli, “Il nuovo mercato”, Problemi dell’informazione, n.2, 2003
3. Dirck Halstead, “The Biggest Change in Photography in 25 years ”, Digital Journalist, marzo 2003.
4. Giorgio Bocca, Il padrone in redazione, Sperling & Kupfer, Milano, 1989, p. 200.
5. U.B. (Umberto Brunetti), “Bello, ma è uno sfoglia e getta”, Prima, settembre-ottobre 1987.
6. Per un discorso sulla formazione dei fotografi in Italia si veda Giovanna Calvenzi, “La geografia dei fotografi indipendenti”, in Uliano Lucas (a cura di), L’immagine fotografica 1945-2000. Storia d’Italia, Annale 20, Einaudi, Torino, 2004.
7. Sette, 16 aprile 1998, p. 8-9; segnalato in fotoinfo.net/osservatorio .
8. Il Manifesto, 10 ottobre 2000, p. 1; segnalato in fotoinfo.net/osservatorio .
9. “Tutti a scuola di microbi”, Panorama, 23 gennaio 2003, pp. 120-121. Abbiamo sottolineato qui l’alleggerimento anche se è d’obbligo rilevare che la legge sulla privacy, impedendo la pubblicazione dei volti di minori, costringe a ricorrere ad immagini di stock dove i soggetti ritratti hanno firmato una liberatoria che solleva il giornale da qualsiasi responsabilità.
10. Dario Laruffa (a cura di), Direttori a confronto, Rai-Eri, Roma 1998.
11. Sul rapporto fra organizzazioni umanitarie internazionali e media vedi Paolo Santalucia, “Il reporter umanitario”, in Prima, giugno 2005.
12. Angelo Agostini, Giornalismi, Il Mulino, Bologna, 2004.
13.Titolo del Manifesto, op. cit.
14. Panorama, op. cit.
15. Gianluigi Colin, “La tirannia della visione”, in L’immagine fotografica 1945-2000, op.cit. p.691.
16. La sezione dell’Auditel che si occupa del rilevamento dei dati di lettura dei siti web.
17. Mario Tedeschini Lalli, “Fotogiornalismo sul web, il meglio del 2005”,Giornalismo d’altri , Blog di kataweb, 6 giugno 2005.
18. Mario Tedeschini Lalli, “Fotogiornalismo sul web, il meglio del 2005”,Giornalismo d’altri , Blog di kataweb, 30 giugno 2005.