la foto di Walski e il L.A Times

  • didascalia: a British soldier directing Iraqi civilians to take cover from Iraqi fire on the outskirts of Basra
  • firma: Brian Walski
  • fonte: Los Angeles Times
Il fotografo Brian Walski, inviato del Los Angeles Times in Iraq, è stato licenziato per aver spedito al giornale una fotografia manipolata che Lunedì 31 Marzo il quotidiano ha pubblicato in prima pagina. Dopo la pubblicazione qualcuno ha notato che alcuni soggetti apparivano due volte nella foto e Brian Walski è stato raggiunto per telefono nel sud dell'Iraq per avere spiegazioni. Walski ha ammesso di aver usato il software del suo computer per combinare elementi di due fotografie - scattate consecutivamente - con lo scopo di migliorarne la composizione. La politica editoriale del LATimes però vieta la manipolazione di foto di cronaca e a causa della violazione Walski, nello staff del LATimes dal 1998, è stato licenziato.

  • didascalia: a British soldier directing Iraqi civilians to take cover from Iraqi fire on the outskirts of Basra
  • firma: Brian Walski
  • fonte: Los Angeles Times

La nota editoriale (in inglese) e le tre foto sono visibili sul sito del LATimes
http://www.latimes.com/news/custom/showcase/la-ednote_blurb.blurb

L'analisi dell'episodio non può prescindere da un'ulteriore osservazione.
Nel dare la notizia infatti, il LATimes pubblica le foto di cui sopra con una didascalia che recita: "a British soldier directing Iraqi civilians to take cover from Iraqi fire on the outskirts of Basra".
Che tradotto significa: "un soldato britannico dà ordine a civili iracheni di ripararsi dal fuoco iracheno nei dintorni di Bassora".
Ci preme sottolineare l’incoerenza tra il testo della didascalia e il contenuto dell’immagine: il soldato consiglia ai prigionieri di ripararsi dal fuoco proveniente dai loro stessi compatrioti, mentre se ne sta tranquillamente in piedi davanti ai civili, contraddicendo la pericolosità della situazione appena descritta. Non è dato sapere chi abbia scritto la didascalia. Vogliamo però sottolineare che la manipolazione effettuata da Walski è forse meno grave di quella messa in atto (da lui stesso o dai suoi colleghi redattori) nel compilare la didascalia: l'intervento del fotografo non distorce la realtà delle cose, la didascalia sì.

  • didascalia: a British soldier directing Iraqi civilians to take cover from Iraqi fire on the outskirts of Basra
  • firma: Brian Walski
  • fonte: Los Angeles Times
Di questa opinione anche alcuni commenti di addetti ai lavori Pedro Meyer su ZoneZero scrive
"Trovo che Walski sia stato licenziato senza valide ragioni. Sembra che il giornale (Los Angeles Times ndr) non abbia capito che l'immagine non è stata modificata nel suo significato, anche se si sono unite due parti di due scatti consecutivi. (...) Non ho visto, per esempio, sulla prima pagina del LATimes nessuna delle foto di quei bambini iracheni uccisi dalle bombe statunitensi, e nemmeno le atrocità di guerra perpetrate dalle bombe americane cadute su una popolazione composta interamente da civili, i contadini della città di Hindiya, denunciate dalla Croce Rossa Internazionale. Questa è una reale omissione di fatti, non quello che ha fatto Brian Walski"
http://www.zonezero.com/magazine/articles/altered/altered.html (in inglese) Anche Jon Tarrant del British Journal of Photography scrive che il significato della foto non è stato cambiato dall'intervento digitale ("In questo caso non vedo il danno, qualsiasi cosa sia stata cambiata nella manipolazione") e fa notare la contraddizione con la forzatura della didascalia.
http://www.bjphoto.co.uk/comment.shtm (in inglese) Interessante notare come ormai sia considerato normale lavorare sulle fotografie realizzate, manipolandole digitalmente, purchè ciò non comporti un distorcimento della realtà.
Questo cambio di mentalità dovuto all'avvento delle nuove strumentazioni digitali può essere pericoloso, perchè l'eccesso è sempre dietro l'angolo (vedi l'osservatorio di Fotografia & Informazione in proposito http://www.fotoinfo.net/osservatorio/detail.php?ID=476 ), ma risulta inevitabile: le nuove tecnologie implicano sempre un adeguamento ed un cambiamento di mentalità. Purchè il tutto rientri nei limiti dell'etica e della deontologia professionale.