Foto s/montaggio

  • didascalia: -
  • firma: non firmata
  • fonte: Sette, 16 aprile 1998, pp. 8-9
  • nota: alcuni squatters sono stati clonati, l'asfalto è stato creato dal nulla, il muro che fa da sfondo (illuminato da una fonte di luce con direzione opposta rispetto ai manifestanti) è stato preso da un'altra immagine.
L'articolo che accompagna il fotomontaggio è di Luca Valdiserri. Prende spunto dall'attualità - le manifestazioni degli squatter di Torino - per presentare un libro e un video delle ShaKe Edizioni Underground, una delle voci che a quella realtà fanno riferimento. Il giornalista suggerisce di trovare un dialogo con i giovani dei centri sociali cominciando a capire il loro linguaggio e a conoscere le loro idee.
Di tono diverso è la didascalia del fotomontaggio, che fa diretto riferimento alla manifestazione del 4 aprile e riassume gli avvenimenti di quei giorni per chi se ne fosse dimenticato. Ma non dice nulla della manipolazione delle immagini.
Oltre al fotomontaggio, completa l'illustrazione dell'articolo un'immagine trasparente, "fantasmatica", di poliziotti schierati col casco, posta dietro il titolo "Squatter".
Sembra che articolo, didascalia e illustrazione soddisfino tre punti di vista diversi (forse) uniti da un argomento (squatter, centri sociali, disagio giovanile, antagonismo...).

In due parole:
tutte le immagini del giornale sono programmaticamente dei montaggi. Il tentativo, più o meno riuscito che sia, è quello di fornire al lettore immagini (non foto) simboliche che lo catturino, e che sintetizzino, soprattutto quelle d'apertura, gli avvenimenti.
La logica seguita è quella di fornire emozioni ai lettori e di soddisfare il principio giornalistico in voga degli accorpamenti di notizie per grandi temi.

Testo della lettera che l'Associazione ha mandato al direttore di Sette, clicca qui .

A proposito delle manipolazione delle immagini effettuate con il computer abbiamo scovato questa piccola/sana opinione.

Effetti speciali e informazione

Laurent Joffrin, Liberation, in Internazionale 10 luglio 1998


"Tutti i prodotti che riguardano in linea di principio il truth business, ovvero il commercio della verità, possono essere sistemati, migliorati, modificati, falsificati dal potere soccorrevole dell'informatica. Certo si può inventare un codice, imporre delle etichette su tutti gli oggetti non identificati dell'informazione moderna, avvertire il lettore o lo spettatore se hanno davanti del vero o del ricostruito. Ma questo potrebbe non bastare. (...) Così, nonostante tutte le precauzioni, il progresso indiscutibile dell'immagine digitale rischia di contribuire, involontariamente, per semplice effetto di accumulazione, alla delegittimazione dell'informazione" e della professione del fotogiornalista, aggiungiamo noi.
"I giornali vero-falsi distraggono. Hanno l'inconveniente di introdurre una nuova categoria: il giornalista vero-falso, che distilla notizie vero-false. Se, per mancanza di attenzione, questa evoluzione dovesse imporsi, questo avanzamento tecnico affascinante finirebbe per farci fare un passo indietro".

Meno male, credevamo di essere i soli a preoccuparci delle immagini vero-false come quelle di Sette.