Non è purtroppo la prima volta che i nostri giornali adottano identiche decisioni riguardo alla scelta delle immagini.
E' vero che nel caso della recente tragedia dello Shuttle c'è una scusante valida (l'eccezionalità dell'episodio fa sì che le immagini di eventi del genere siano davvero poche), ma il fatto che tutti i maggiori quotidiani pubblichino la stessa fotografia spinge i lettori a pensare che quella sia l'unica immagine esistente al mondo che descrive o racconta questa storia, della qual cosa ci permettiamo di dubitare.
Inoltre, soffermandoci più approfonditamente sull'immagine pluripubblicata, possiamo notare che si tratta di un fotogramma di una ripresa video: in sostanza è un'immagine presa o fornita dalla televisione.
La supposizione è confermata dai crediti che alcuni giornali pongono accanto alla foto: il Corriere della Sera per esempio firma la foto " AP/Abc ", cioè la Associated Press ha inviato sui computer della redazione una fotografia "girata" (il doppio senso cade a pennello) dalla rete televisiva statunitense ABC.
Il ricorso ad immagini televisive, mi ricorda un articolo di Diego Goldberg intitolato "Fotogiornalismo, Tv e il Futuro ", apparso sulla rivista o n line ZoneZero (liberamente consultabile; in inglese), dove si dice:
"(...) nel futuro il cyber-fotogiornalista arriverà con la sua videocamera ad alta risoluzione, che avrà ogni singolo frame con la stessa definizione di un fotogramma 35mm, e invece di fotografare ogni azione registrerà brevi spezzoni di filmato dell'intero evento. Poi guarderà il suo lavoro sullo schermo di un computer e sceglierà l'immagine adatta ad illustrare la storia.
In una seconda fase egli probabilmente invierà le immagini in diretta alla redazione fotografica e il photo-editor sceglierà alcune immagini che sono state spedite. Nel frattempo quest'ultimo sarà in costante comunicazione con il fotografo (in tal caso videogiornalista) e potrà richiedere nuove angolature di
ripresa o altre atmosfere suggerite dal nuovo andamento della storia.
Per la prima volta, il "momento decisivo" passerà di mano: dal fotografo al photo-editor. Scomparirà quel modo di lavorare che una volta dipendeva dai riflessi del fotografo e da un po' di fortuna."
Uno scenario fantascientifico?
Per l'editoria nostrana evidentemente sì: i quotidiani italiani considerano la fotografia una perdita economica invece che un guadagno in termini di informazione e di gradimento del pubblico; tanto che al loro interno non esistono redazioni fotografiche, spesso mancano i photo editor e figuriamoci se ci sono i fotografi-inviati.
Quindi, visto che non c'è nessuno capace di occuparsi del momento decisivo, tanto vale farlo decidere ad altri: da qui il ricorso ad immagini tanto standardizzate da essere talvolta riprese dalla tv.
Questa mentalità diventi tragicomica quando certe decisioni fanno apparire questi giornali uguali fra loro, figli gemelli di una clonazione che risulta, come minimo, sospetta e, come massimo, frutto di una superficialità che non dovrebbe esistere in ambito professionale.
La rassegnata uniformità dei quotidiani italiani è comoda per tutti e per tutto: evita la concorrenza, rende superflua la ricerca dello scoop, vanifica l'approfondimento, fa diventare inutile il ricorso a nuove risorse umane o economiche.
La fotografia e il suo autore (cyber-fotogiornalista nel futuro) diventano così, ai loro occhi, uno spreco di energia e di soldi.
A farne le spese è il lettore italiano che invece di strumenti di comprensione o di informazione trova sulle pagine dei quotidiani immagini già viste.
Come al solito in Italia il futuro arriverà quando tutto è già passato.
Leonardo Brogioni, Febbraio 2003