Scala Zero

  • fonte: dall'invito alla mostra "Scala Zero" di Silvio Wolf
  • nota: Titolo opera: Doppia Scala, 1999/2001 Tecnica: C-Type print, plexiglass, alluminio, cm 180x125x3

Ricevere l'invito ad una mostra fotografica fa sempre piacere, specialmente se accompagnato da una bella fotografia che ne anticipa i contenuti.
Il 10 Novembre 2004 sulla mia casella di posta elettronica arriva l'invito alla mostra di Silvio Wolf "Scala Zero", al suo interno l'immagine di una delle foto esposte, una visione del teatro interpretata perché frutto del montaggio di due immagini diverse che provocano un effetto di straniamento, di virtualità, ricreato efficacemente dall'autore per dare la sua visione del teatro visto come luogo di finzione. Mi riprometto di andarla a vedere.

Prima che ciò accada, esattamente Sabato 13 Novembre 2004, sulle pagine nazionali de la Repubblica compare un articolo sul restauro del Teatro alla Scala, intitolato "Scala, torna lo splendore". Al suo interno si dice che il restauro è quasi terminato, che si lavora anche di notte per permettere una regolare inaugurazione prevista per il 7 Dicembre e si descrive in dettaglio il nuovo aspetto del teatro.
Con mio grande stupore noto che il pezzo è illustrato con la stessa foto inserita nell'invito alla mostra suddetta. Trasecolo, ancora di più alla lettura della didascalia che recita: "La sala del Piermarini dopo i restauri. La Scala, inaugurata nel 1778, come appare oggi".

  • didascalia: La sala del Piermarini dopo i restauri. La Scala, inaugurata nel 1778, come appare oggi
  • firma: foto non firmata
  • fonte: la Repubblica di Sabato 13 Novembre 2004
  • titolo articolo: Scala, torna lo splendore

Evidentemente la fotografia di Silvio Wolf, inviata con il comunicato stampa della mostra, è stata estrapolata dal suo contesto e tagliata (e di questo i lettori dell'Osservatorio non si stupiscono più), ma soprattutto è stata utilizzata in modo improprio per illustrare il falso.

Il teatro oggi non appare così, la foto di Wolf è del 1999 (poi elaborata digitalmente e completata nel 2001), al contrario di quanto scritto da Repubblica nella didascalia.
La foto è l'immagine di un luogo che non c'è, o meglio di un luogo che non c'era vista la data di realizzazione dell'immagine, come molte delle opere di Wolf appartenenti al suo lavoro Scala Zero.

Sarebbe stato sufficiente avvisare i lettori della natura, della provenienza e della datazione dell'immagine per far rientrare il tutto nell'ambito della correttezza.
Questo non solo non è avvenuto ma si è fatto di peggio, si è ingannato il lettore raccontandogli che se fosse andato alla Scala avrebbe visto quel che è raffigurato nella foto pubblicata: una frottola.

In un caso simile mi risulta difficile non pensare alla superficialità, tanto più che la stessa Repubblica, lo stesso giorno, ha pubblicato nelle pagine milanesi un altro articolo sull’argomento illustrato con una foto attuale dei lavori al Teatro alla Scala.
Che nella redazione romana di Repubblica non abbiano il tempo di leggere i comunicati delle mostre passi, ma che non riescano a trovare un’immagine adeguata, o – più semplicemente – a didascalizzare correttamente la prima foto che gli capita sotto mano, sembra una ingiustificabile mancanza.

  • didascalia: Maratona. Si lavora di giorno e di notte alla Scala per garantire il rispetto della scadenza del sette dicembre
  • firma: foto non firmata
  • fonte: la Repubblica di Sabato 13 Novembre
  • titolo articolo: Scala, al lavoro 24 ore su 24 e il sindaco fa gli scongiuri

Oggi alcuni studiosi, critici e fotografi sostengono che la fotografia giornalistica corre su binari diversi da quelli percorsi dalla fotografia di ricerca, addirittura prendendo talvolta direzioni opposte.
Nel 1957 Italo Zannier (all'interno del testo "26 fotografi italiani" contenuto nel volume "Lo sguardo critico - Cultura e fotografia in Italia 1943-1968" a cura di Cesare Colombo) scriveva l’esatto contrario, ovvero: "La distinzione tra arte fotografica e fotoreportage sarà allora quanto mai inutile e assurda; nessuno si chiederà nel dubbio e nell'indecisione, quale sia la fotografia italiana, se quella delle mostre e delle riviste specializzate o quella del rotocalco. Dall'integrazione, nel reciproco abbandono di certi limiti, la nostra fotografia potrà veramente inserirsi con sicurezza nel dialogo, ormai così aperto della fotografia mondiale".

E' incredibile che un dibattito così stimolante e ancora irrisolto venga superato e banalizzato da una "geniale" impaginazione, che non solo usa un’opera artistica come se fosse una fotografia giornalistica, ma addirittura presenta come reale una visione virtuale.

Leonardo Brogioni