Gennaio è il mese delle scadenze di prestigiosi concorsi fotografici internazionali. Un recente articolo di Jim Colton sul sito della NPPA si chiede se vale la pena parteciparvi: riporta il parere di fotografi premiati, di giurati e infine dà consigli per la partecipazione.
Interessante e convincente.
Il parere dei fotografi intervistati è unanime e si può riassumere in queste tre citazioni: "non partecipate ai concorsi con il fine di vincerli, partecipate perché volete raccontare le storie in cui credete" dice Craig F. Walker; "sarete premiati per il lavoro, non lavorate per i premi" aggiunge Todd Heisler; "non scatto fotografie per vincere concorsi, lo faccio per comunicare il mio messaggio alla gente" conclude Donald Miralle.
Ok, sono d'accordo con questi tre stimati professionisti e decido di partecipare.
Scelgo Sony World Photography Award (di seguito indicato con WPO perché organizzato dalla World Photography Organization), World Press Photo (WPP), Picture of the Year International (PoYI), Photo District News Photo Annual (PDN) e Best of Photojournalism (NPPA perché organizzato dalla National Press Photographers Association).
Leggo però i consigli di Colton prima di prendervi parte e trovo qualche suggerimento interessante. Ad esempio: "Il vostro portfolio è buono solo come l'immagine più debole in esso contenuta" ovvero, come ribadisce il fotografo David Burnett interpellato in veste di giurato "in una storia una brutta fotografia può annullare il valore di una o due buone immagini". Quindi selezione rigorosissima e impietosa: "Meno è meglio. Non dovete per forza presentare il numero massimo di fotografie permesso dal regolamento", dice il saggio Colton, per poi aggiungere un risaputo "i fotografi sono i peggiori photo-editor di se stessi".
Benissimo, passo a dare un'occhiata ai consigli per preparare le foto. Faccio in fretta perché li trovo elementari o intuitivi. Come quello relativo all'uniformità del servizio presentato, Colton infatti consiglia di chiedersi: "le mie immagini sembrano realizzate dallo stesso fotografo?". Oppure quello riguardante le dimensioni delle immagini, dato che ogni concorso stabilisce una misura minima per i file da inviare: "È meglio ridurre le dimensioni (partire da un file in alta risoluzione; ndr) che non ingrandirle (partire da un file piccolo e interpolarlo, ndr)". Per non parlare del suggerimento sulle didascalie: "Importanti? Sì. Essenziali? No ... è un concorso fotografico, non un concorso letterario. Bastano le informazioni di base, cioè il titolo seguito dai soliti chi, cosa, dove, quando, perché. Sintesi. Non romanzi".
Comincia a palesarsi la sensazione che organizzatori e giurati siano convinti di avere a che fare con una moltitudine di rimbambiti. Ipotesi peraltro plausibile quando si parla di noi fotografi e probabilmente dettata dall'esperienza traumatizzante di passate edizioni.
Non mi resta che leggere i termini di partecipazione e il regolamento dei concorsi ai quali decido di partecipare.
E qui la sensazione di cui sopra si fa concreta.
Il PoYI ha addirittura realizzato un video esplicativo "for preparing your portfolio entry" che definirei "a prova di imbecille". I suggerimenti per compilare un form già di per sè chiarissimo sono inequivocabili e viene per forza da pensare che lo abbiano prodotto proprio per evitare ad organizzazione e giuria perdite di tempo dovute a richieste di informazioni o di modifiche successive ad inserimenti di immagini sbagliati.
Andiamo avanti. Tutti i concorsi vogliono file digitali e non stampe, tutti vogliono immagini in alta risoluzione, tutti dispongono di un form per l'inserimento delle foto che funziona grazie alla lettura automatica dei metadati contenuti in ogni file.
Se si è svolto un buon lavoro di archiviazione - avendo avuto l'accortezza di inserire le informazioni relative ad ogni immagine in fase di post produzione - il lavoro di partecipazione ai concorsi (perché di ciò si tratta, di un lavoro) viene snellito in termini di tempo, ovvero non se ne impiega troppo. Ovviamente chi non ha questa buona abitudine potrà "editare" ogni foto all'interno del form, ma al prezzo di una notevole perdita di energie (e in questo caso proprio di "perdita" si deve parlare perché tale pratica doveva già essere stata sbrigata). Quasi tutti i form prevedono uno spazio per un testo di presentazione del reportage: naturalmente lo avevo già preparato, in inglese, senza dimenticare che NON sono ben accetti i romanzi.
Passo alla fase operativa e preparo una cartella sul mio computer con dentro le immagini da inviare. Impossibile trovare una dimensione che vada bene per tutti i concorsi, ognuno ha delle richieste diverse, cito dai bandi:
WPP: min 3000 px, 300 dpi;
PDN: images formatted as a JPEG measuring 1,000 pixels on its long dimension;
WPO: images should be no smaller than 800KB and no larger than 5MB. All entrants must be able to supply a high resolution image;
NPPA: the final image resolution should be 250 DPI, with maximum dimensions of 2750 pixels along its longest side;
PoYI: JPEG, compression 10-11 and no less than 9, 300 dpi, dimension min 3000px max 4200px, 8bit RGB;
Solo WPP e PoYI hanno richieste uguali: quindi preparo una cartella per ogni concorso con le immagini che voglio inviare ridimensionate alle richieste.
Non ci siamo ancora: per partecipare ad ogni concorso occorre registrarsi al sito dell'organizzazione (con inserimento dati personali, scelta password, invio di mail all'indirizzo utilizzato, click sul link di conferma, messaggio di benvenuto, completamento del proprio profilo personale), questo - ripeto - per ognuno dei premi ai quali si desidera concorrere.
Sbrigate - si fa per dire! - queste pratiche, posso iniziare a caricare le immagini.
Le piattaforme di WPP e PoYI sono perfette: chiarissime, veloci, semplici da modificare. Unica differenza il costo di partecipazione: per il WPP è pari a zero (giudizio globale sul sistema: OTTIMO), per il PoYI occorre sborsare 50 $ (giudizio globale: BUONO).
Diverso il discorso per gli altri tre:
Conclusioni: per partecipare a cinque prestigiosi concorsi internazionali ho speso 105 $ e due giorni pieni di lavoro: tra lettura dei regolamenti, lettura consigli e richieste per la preparazione delle immagini, individuazione delle categorie, registrazione, iscrizione, ottimizzazione immagini, inserimento fotografie, verifica metadati, pagamento.
Ne varrà la pena? Non lo so. In effetti, ho inviato le immagini per mostrare a un illustre pubblico alcuni reportage che mi paiono interessanti. Qualcuno li guarderà, ne sono certo. Altrimenti sarebbero inutili tutte quelle precisazioni sulle modalità di partecipazione. Queste ultime sono sì faticose, ma costringono a un’attenta riflessione sull’opportunità o meno di prendere parte a questo tipo di concorsi, basata quasi esclusivamente sul timore di fare brutta figura. La conclamata attendibilità di questi premi porta a una spontanea selezione dei potenziali partecipanti.