Riportiamo qui di seguito il botta e risposta tra Fotografia & Informazione e la Presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Letizia Gonzales, che ringraziamo per la tempestiva risposta. Se, da un lato, a questo punto è chiarissimo il fatto che un fotogiornalista iscritto all'Ordine può accedere al Palazzo di Giustizia di Milano semplicemente presentando all'ingresso il tesserino dell'Ordine, dall'altro non ci sembra siano stati fugati i nostri peggiori dubbi.
Infatti il comunicato che è stato pubblicato sul sito dell'Ordine, riportato nel nostro precedente articolo sull'argomento, non puntualizzava affatto ciò che ora la Presidente, interpellata, chiarisce. L'articolo, che comunque qualcuno all'interno dell'Ordine deve aver scritto, ricadeva invece acriticamente nell'antica abitudine a considerare il fotografo come uno che inquadra e scatta su precise direttive del giornalista. E questo un po' di amarezza comunque ce la lascia. Buona lettura.
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Gentile Presidente Letizia Gonzales,
ho letto sul sito dell’Ordine della Lombardia la notizia dell’accordo raggiunto tra Ordine e Tribunale per consentire nuovamente l’accesso al Palazzo di Giustizia di Milano ai fotoreporter e ai video-operatori.
Ho trovato singolare e assai discutibile la soluzione da te personalmente proposta e accolta nell’ordinanza: “I fotografi e i cineoperatori possono accedere al palazzo di Giustizia per raggiungere l’aula di udienza soltanto se accompagnano un giornalista iscritto all’Ordine e devono attenersi strettamente alle indicazioni del giornalista stesso”.
Mi risulta infatti che la maggior parte dei fotografi che lavorano per la cronaca giudiziaria all’interno del Tribunale di Milano abbiano il tesserino di giornalista, salvo poche eccezioni. Se questa è la situazione (mi è stata confermata da più colleghi che il Tribunale lo frequentano quotidianamente da anni) mi chiedo che senso abbia stabilire che un fotogiornalista iscritto all’Ordine debba essere accompagnato da un giornalista. Se invece la cosa vale solo per i pochissimi fotografi non iscritti, allora andava esplicitata questa eventualità (peraltro rara).
Altrimenti se ne deve dedurre che, pur appartenendo allo stesso Ordine professionale e rispondendo allo stesso codice deontologico, i fotogiornalisti hanno bisogno di un “tutore” che vigila sul loro operato, non essendo evidentemente in grado di giudicare autonomamente l’opportunità e la liceità di riprendere ¬ o meno ¬le persone che transitano in Tribunale.
In ogni caso vogliamo sottolineare come sia da escludere nella maniera più assoluta un possibile ritorno ad un rapporto di “subalternità” dei fotografi (fotogiornalisti) nei confronti dei giornalisti (immagino scriventi), quale si configura a tutti gli effetti nell’accordo siglato con il Tribunale. Credevamo, noi fotogiornalisti, che con la Legge Bonifacio del 1976 questo genere di differenze fosse stato superato e anche ampiamente metabolizzato dal microcosmo dei giornalisti di penna, ma evidentemente ci sbagliavamo e trentacinque anni sono forse passati invano.
Il discorso riguardante i video-operatori è certo leggermente diverso. Molti meno risultano effettivamente essere quelli iscritti all’Ordine. Ma allora, nuovamente, se l’accordo è stato fatto pensando a loro, andava chiarito.
Non sono al corrente delle trattative intercorse tra Ordine e Tribunale per raggiungere tale accordo. Non mi risultano però eventuali contatti preparatori di consultazione con le associazioni di fotografi e fotogiornalisti che io conosco, rappresentative della realtà locale e nazionale.
Trovo perciò molto discutibile che l’accordo sia stato raggiunto senza consultare la categoria. Né l’Associazione “Fotografia & Informazione”, che io rappresento in quanto Presidente, né il gruppo di fotocronisti “Altapressione”, con cui tu come Presidente dell’Ordine hai avuto numerosi contatti l’anno scorso, risultano essere state contattate.
Questa lettera aperta verrà pubblicata sul sito
www.fotoinfo.net .
La tua risposta ci sarà gradita.
Cordiali saluti
Marco Capovilla
Presidente di Fotografia & Informazione
Associazione Italiana Giornalisti dell’Immagine
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Risposta di Letizia Gonzales, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia.
Caro Capovilla,
nessuno è stato interpellato preventivamente per il problema al Palazzo di Giustizia, problema a me sottoposto con grande ritardo e soltanto a ridosso dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario, perché i cronisti speravano evidentemente di risolverlo autonomamente senza coinvolgere l’Ordine. Quando ne sono venuta a conoscenza ho chiesto un incontro che mi è stato concesso nel giro di pochissimo tempo. Sono stata semplicemente ascoltata in qualità di rappresentante istituzionale dei giornalisti durante una riunione della Commissione manutenzione e sicurezza. Hanno sentito le mie ragioni generali a salvaguardia della completezza dell’informazione e l’attenzione dell’ordine nella tutela della privacy dei cittadini. Detto questo mi hanno comunicato che mi avrebbero fatto sapere successivamente le loro decisioni. Sono uscita dalla riunione con la convinzione che nulla sarebbe cambiato. Soltanto qualche giorno dopo mi hanno mandato quel regolamento che ho pubblicato. Nel comunicato mandato all’Ansa ho accennato al mio compito di mediatore su linee generali di comportamento. Ho persino chiesto un tavolo tecnico per sciogliere i nodi che hanno portato al divieto di accesso a chi opera all’interno del Palazzo, ma la proposta al momento non è stata accolta. Capisco che l’ordinanza sia un po’ sfuggente, ma l’ha emessa il Tribunale dopo la mia audizione.
Prevede che i cineoperatori (non giornalisti) siano sempre accompagnati da un giornalista per evitare interviste o domande rese da un non professionista. In parole povere: hanno accesso al Palazzo di Giustizia, per svolgere il loro lavoro soltanto gli iscritti all’Ordine. Chiunque altro deve essere accompagnato da un giornalista, che è garante delle regole deontologiche che governano la professione.
Comunque il dispositivo non è definitivo perché la Commissione si riserva di verificare fra qualche mese se ci saranno ancora problemi. Questo è quanto. Di più non è stato possibile ma almeno si è riaperta una porta che è stata chiusa a tutti i colleghi che operano al Palazzo di Giustizia. Lo so che il dispositivo non è perfetto, ma spero che sia un primo passo verso la normalizzazione dei rapporti.
Presidente
Letizia Gonzales