Universita' degli Studi di Padova

Lettere e Filosofia

Scienze della Comunicazione

A.A. 2003-2004

Tina Modotti fotografa in Messico (1923-1930)


Indice

  • Benedetta Solari
  • Tina Modotti fotografa in Messico (1923-1930)

INTRODUZIONE………………………………………………………………………….7

I Biografia di Tina Modotti…………………………………………………………21

II Gli inizi dell’attività fotografica. Una visione formalista………29
II.1 Le prime fotografie………………………………………………………………32
II.2 L’apprendistato presso Edward Weston: influenze e divergenze……40
II.3 Still lifes floreali..........................................................51

III I ritratti ………………………………………………………………………………...59
III.1 Ritratti dell’élite messicana……………………………………………….61
III.2 Ritratti di donne e bambini del popolo…………………………….68
III.3 Ritratti della maternità………………………………………………………70

IV Tina Modotti e l’Estridentismo………………………………………………75
IV.1 Panoramica sull’avanguardia estridentista
IV.2 Le fotografie estridentiste di Tina Modotti………………………79

V La svolta del 1926: Marcia dei lavoratori…………………………….89
V.1 Analisi di Marcia dei lavoratori……………………………………………91
V.2 Sombreros, Mexican Folkways e mexicanidad…………………95

VI Tina Modotti e l’arte popolare messicana……………………………99
VI.1 Mexican Folkways………………………………………………………………99
VI.2 Idols Behind Altars……………………………………………………………102

VII La fotografia tra ricerca estetica e impegno sociale (e politico)….105

VII.1 Documentazione dell’attività di Partito

VII.2 “Dear Vocio”: Tina Modotti e il popolo messicano (uno sguardo nuovo sulla fotografia di genere)
VII.2.1 Il “tipo” messicano: Tina Modotti nella tradizione della fotografia di costume
VII.2.2 Analisi delle fotografie di “Dear Vocio”
VII.2.3 L’Agenzia Casasola, il fotogiornalismo e la documentazione di manifestazioni nella produzione fotografica di Tina Modotti

VII.3 Fotografie di denuncia sociale
VII.3.1 Immagini emblematiche e fotografie di denuncia sociale: due esempi
VII.3.2 Panoramica su El Machete
VII.3.3 Le fotografie di Tina Modotti su El Machete
VII.3.4 Le fotografie di denuncia sociale e il movimento dell’“Arbeiterfotograf”

VII.4 La trasmutazione simbolica della realtà: allegorie della rivoluzione messicana e figure emblematiche (still lifes come mezzi di propaganda)
VII.4.1 Le allegorie della rivoluzione messicana
VII.4.2 La serie delle mani
VII.4.3 Figure emblematiche

VIII Tina Modotti e il Muralismo messicano............................151
VIII.1 I pittori muralisti e la politica culturale del “Rinascimento messicano”
VIII.2 La documentazione fotografica dei murales
VIII.3 Tina Modotti e Diego Rivera: iconografie a confronto

IX 1929: l’ultimo anno di attività…………………………………………………167
IX.1 Le donne di Tehuantepec……………………………………………………171
IX.2 Mani di burattinaio………………………………………………………………179
IX.3 La prima mostra personale…………………………………………………184
IX.4 L’articolo Sulla fotografia……………………………………………………189

CONCLUSIONI………………………………………………………………………………193

ALLEGATO Sulla fotografia di Tina Modotti…………………………………197

BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………………………199

RINGRAZIAMENTI…………………………………………………………………..……205

APPARATO ICONOGRAFICO (volume a parte)

Introduzione

  • Benedetta Solari
  • Tina Modotti fotografa in Messico (1923-1930)

“Tina Modotti per me era come una matriosca”: con queste parole, pronunciate durante un convegno su Tina Modotti svoltosi a Mosca, Gianni Pignat descrive efficacemente l’affascinante e sfaccettata vicenda umana di questa donna anticonformista che fu modella, attrice, fotografa, militante politica.
È Pignat stesso a raccontarmelo, durante una chiacchierata a Pordenone, nell’ottobre 2004: “Ci sono tante Tina Modotti, una dentro l’altra…la Modotti era una persona che si stufava presto delle cose e voleva provarne sempre di nuove…questa era tutta la sua vita.”
In effetti, basta leggere una delle molte biografie o pseudo-biografie che dagli anni Settanta in poi sono state scritte su di lei per accorgersi dell’intensità e della ricchezza della sua vita, una vicenda umana caratterizzata da luci e ombre, come scrive Valentina Agostinis (1), di cui sono rimaste tracce chiare, luminose appunto - le sue fotografie e le sue lettere, non molte, queste ultime - e ombre di silenzio.
Perché su Tina Modotti è stato detto e scritto ormai molto, ma su alcuni aspetti della sua figura, della sua vita e della sua opera si tratta solo di congetture, di ipotesi e testimonianze contrastanti, spesso spacciate per verità e mal documentate; di affermazioni frutto di studi poco rigorosi o di letture dei fatti (e dei documenti) ideologizzate e travisate da pregiudizi (ad esempio di stampo femminista).
Si tratta di un problema di fonti presente, certo, in molte ricerche, ma nel caso di Tina Modotti secondo me particolarmente evidente.
In primo luogo, sono scarse le fonti primarie: la Modotti ha lasciato alcune lettere e poco altro scritto di sua mano, che possano raccontare della sua vita; le sue fotografie si trovano conservate in archivi pubblici, in collezioni private e in musei sparsi per l’Europa, la Russia, il Messico, gli Stati Uniti (2): questa dispersione ha fatto sì che non sia stato ancora compiuto il loro inventario e che, ad oggi, non ne sia stato definito il numero complessivo (che si aggira attorno a trecento-quattrocento, comprese quelle commerciali e le riproduzioni dei murales). Per alcune rimane l’incertezza attributiva, per altre non è stata definita con esattezza la datazione; probabilmente, poi, molte immagini sono andate perse o non sono state ancora individuate: basti pensare alla recente scoperta di quasi cento stampe inedite, rimaste sepolte per decenni in due vecchi bauli.
In secondo luogo, Tina Modotti è morta nel 1942, ma sulla figura e sulla sua opera si è iniziato a indagare e a scrivere solo a partire dagli anni Settanta, tanto è vero che si parla della “riscoperta” di Tina Modotti: questo gap temporale ha sicuramente comportato la perdita e la “diaspora” di testimonianze e materiali, già originariamente dislocati nei molti paesi in cui ella ha vissuto.
Il silenzio nei suoi confronti è dovuto a una serie di ragioni di carattere culturale e politico: il (relativamente) breve lasso di tempo durante il quale la Modotti si dedicò alla fotografia (dal 1923 al 1930, anche se non tutti gli studiosi sono concordi sul fatto che abbia smesso di fotografare nel 1930); il carattere ideologico di molte immagini, che risentono dello stile della Fotografia Diretta ma se ne distaccano per i soggetti fortemente politici, rendendone difficile l’inserimento all’interno della storia della fotografia; la sua militanza nel Partito Comunista e la sua permanenza a Mosca nei primi anni Trenta; il suo essere donna e messicana (come era considerata), che certo non hanno favorito la sua inclusione in una storia dell’arte (e della fotografia) che privilegia la produzione maschile e occidentale.
Nel presente studio vorrei estrarre dalla “matriosca Tina Modotti” la Tina Modotti fotografa in Messico negli anni Venti del Novecento.
Dalla rassegna sulla bibliografia esistente avremo modo di vedere come solo negli ultimi anni gli studi sulla sua opera fotografica abbiano compiuto progressi importanti: in molti casi si tratta di ricerche accurate, ma limitate ad alcuni aspetti di una produzione varia e originale, caratterizzata dalla coesistenza di due elementi - ricerca formale e contenuto politico - che rendono il suo stile unico e non immediatamente e univocamente collocabile all’interno della storia della fotografia.
Il mio intento è di offrire una panoramica il più possibile completa e aggiornata dell’opera fotografica di Tina Modotti in Messico, attraverso una puntuale analisi stilistica e contenutistica dell’intero corpus fotografico a lei attribuito, che tenga conto del suo percorso personale e del contesto artistico e politico.
In particolare, cercherò di mostrare come lo sguardo e l’opera di Tina Modotti si siano trasformati nel corso della permanenza in Messico, tenendo presente l’influsso fondamentale di Edward Weston, da un lato, e la relazione con le idee e le opere degli artisti dell’avanguardia messicana, dall’altro, con i quali si stabilì una rete di influenze reciproche.
Infine, sulla base delle analisi condotte, proverò a rispondere a un quesito e a un dubbio che nascono dalla complessità del personaggio Tina Modotti, e che è ben espresso da Elisa Paltrinieri: “…la sua carriera è stata talvolta adombrata dall’intensità della sua vita e da un conseguente dubbio: le sue fotografie sono belle perché create da un «personaggio» o perché hanno contribuito davvero allo sviluppo della storia della fotografia?” (3)

La “riscoperta” di Tina Modotti: rassegna della critica
Tina Modotti muore a Città del Messico il 5 gennaio 1942: dopo circa due mesi, dal 19 al 28 marzo, su iniziativa di amici, estimatori, esuli politici, artisti e intellettuali viene organizzata un’esposizione con cinquanta sue fotografie presso la Galeria de Arte Mexicana, diretta da Ines Amor, a Città del Messico. Per l’occasione è pubblicato un opuscolo di 52 pagine, Tina Modotti, illustrato da uno dei tanti ritratti realizzati da Weston, in cui si ricostruisce per la prima volta la biografia e si raccolgono le testimonianze delle persone che l’hanno conosciuta: familiari, amici e compagni di Partito. Ricordiamo i fotografi Edward Weston, Manuel Alvarez Bravo, Lola Alvarez Bravo, la sorella Yolanda Modotti, i suoi compagni di Partito Comunista Luz Ardizana, Adelina Zendejas, Rafael Carrello, José Revueltas, i pittori María Izquierdo e Pablo O’Higgins e l’architetto Hans Meyer. Nella pubblicazione sono inclusi i comunicati di diverse organizzazioni della sinistra in America Latina e in Spagna che rivelano come Tina Modotti fosse una persona molto apprezzata per le sue qualità umane e per la sua militanza politica; pochi sono i riferimenti al suo lavoro fotografico, mentre si esaltano maggiormente la sua lotta contro il fascismo europeo e la sofferta militanza comunista.
Da allora e per trent’anni la vita e l’opera di Tina Modotti sono state completamente ignorate dalla critica e dalla storia della fotografia, fatta eccezione per la fugace e irrilevante presenza della fotografa nelle edizioni del 1964 e del 1972 dell’History of Photography di Beaumont Newhall: come osserva Riccardo Toffoletti, Newhall pubblica nel suo testo una fotografia della Modotti, Madre con Bambino, ma senza alcuna spiegazione o commento. (4) Nell’edizione “riveduta e ampliata” del 1982, poi, la fotografia non compare più “per motivi di spazio”. (5)
Nel dopoguerra alcune fotografie della Modotti sono donate da Edward Weston, da Manuel Alvarez Bravo e da persone sconosciute in parte al Museum of Modern Art di New York, in parte al George Eastman House di Rochester (Stati Uniti), ma bisogna aspettare il 1973 perché si ricominci a parlare di lei.
Il processo della “riscoperta” di Tina Modotti si avvia grazie al Circolo Culturale “Elio Mauro” di Udine.
Nel 1971 il Circolo promuove un’iniziativa sulla guerra civile spagnola: tra gli oratori c’è Vittorio Vidali (l’ultimo compagno della Modotti), che parla della sua esperienza come comandante del V Reggimento, ma anche di una certa Tina Modotti, che l’aveva condivisa con lui. Vidali, inoltre, regala al Circolo una copia dell’opuscolo messicano del 1942, suscitando nei suoi membri (e, in particolare, in Riccardo Toffoletti) l’interesse per la Modotti.
Da quel momento il Circolo si attiva per organizzare una manifestazione su Tina. Grazie anche all’aiuto di Vidali nel reperimento di materiali, il 22 marzo 1973 si inaugura presso il Palazzo municipale di Udine una mostra dedicata a Tina Modotti e viene presentato il libro Tina Modotti, garibaldina e artista: si tratta del primo tributo alla fotografa a livello nazionale e internazionale.
In questo volume (in copertina c’è un ritratto di Tina Modotti disegnato dal pittore Renato Guttuso) sono pubblicate alcune delle sue fotografie più conosciute, che fungono da mera illustrazione ai testi, una traduzione in italiano dell’opuscolo commemorativo del 1942: l’intenzione è di rivendicare la figura di Tina Modotti come militante antifascista. La mostra e la pubblicazione, nonostante la disattenzione degli enti culturali ufficiali, ottengono un buon successo da parte del pubblico e della critica, (6) nonché l’adesione di numerosi artisti. (7)
Due anni dopo, nel 1975, esce Tina Modotti. A fragil life, scritto dalla storica dell’arte americana Mildred Constantine, che aveva incontrato Tina Modotti nel 1941. Si tratta della prima biografia dettagliata sulla fotografa, frutto di una ricerca ampiamente documentata da fonti primarie (a partire da interviste a persone che avevano conosciuto Tina e dallo spoglio degli archivi).
Tina Modotti, fotografa e rivoluzionaria esce in Italia nel 1979 e comprende testi di Vittorio Vidali (che ricorda la sua vita a fianco di Tina Modotti), il racconto della vita della Modotti curato da María Baronia, una poesia omaggio per Tina Modotti scritta da Rafael Alberti ma, soprattutto, un saggio sulla sua opera fotografica, di cui si sottolinea il talento documentario, scritto da Pietro Berengo Gardin e Uliano Lucas. La pubblicazione, che riproduce parte della sua opera fotografica più conosciuta, è presentata a Udine durante la mostra Tina Modotti, la vita e l’opera fotografica, frutto delle nuove scoperte di opere e documenti da parte del Circolo “Elio Mauro”. L’esposizione, la più ampia fino a quel momento (con oltre novanta vintage prints), diviene itinerante per due anni: è presentata, accanto all’opera di Weston, nella rassegna internazionale “Venezia ’79/la Fotografia”, quindi in molte città italiane e all’estero (in Polonia e in Germania, a Vienna e a Parigi).
Va ricordato anche il Primo Incontro della Fotografia Latino-Americana, tenutosi a Città del Messico nel 1978, assieme ad un’esposizione con oltre trecento opere di centocinquanta autori; nel saggio introduttivo al catalogo Raquel Tibol individua nell’esperienza fotografica di Tina Modotti e nelle sue riflessioni sul mezzo fotografico le radici “di un indirizzo fotografico che, con eloquenza critica, contribuisce ad esprimere una maniera latino-americana”. (8)
Sempre nel 1978 viene allestita ad Arezzo un’esauriente rassegna sulla Modotti al Festival Internazionale delle Donne.
A partire dagli anni Ottanta scoppia un vero boom di pubblicazioni a lei dedicate, si realizzano simposi, esposizioni e conferenze, ma continua a mancare un lavoro esaustivo e sistematico di ricerca e analisi dell’opera fotografica.
Il sintomo più immediato del nuovo interesse per Tina Modotti, osserva giustamente Mariana Figarella, è il suo effetto sul mercato dell’arte: le sue opere cominciano ad essere quotate alle aste newyorkesi, raggiungendo i più alti prezzi mai pagati per una fotografia, come nel caso di Rose, la cui stampa al platino nel 1991 è stata aggiudicata all’asta da Sotheby’s a New York per la cifra record di 165.000 dollari.
Nel 1982 alla Whitecapel Art Gallery di Londra viene allestita l’esposizione Frida Kahlo-Tina Modotti, presentata successivamente a Berlino, Amburgo, Francoforte, Hannover, Stoccolma, New York e Città del Messico. La mostra è curata dagli storici dell’arte Laura Mulvey e Peter Wollen, che nel catalogo ad essa relativo scrivono il saggio “Frida Kahlo and Tina Modotti”, uno dei testi più analitici sull’opera di entrambe le artiste, libero da aneddoti e dati biografici. I due autori cercano di togliere le due artiste dalla precedente marginalizzazione, legata al loro essere donne: una lettura femminista, dunque, è alla base dell’analisi in forma comparativa dell’opera di Modotti e Kahlo, relazionata al contesto rivoluzionario del Messico degli anni Venti e alle loro rispettive esperienze come donne d’avanguardia.
Nel 1986 Amy Stark pubblica una raccolta di lettere scritte da Tina Modotti a Edward Weston tra il 1922 e il 1931 (“The letters from Tina Modotti to Edward Weston”, The Archive, Center for Creative Photography, University of Arizona, gennaio 1986, n.22), pubblicate in spagnolo nel 1991 e in italiano nel 1994, in Tina Modotti. Vita, arte e rivoluzione. Lettere a Edward Weston 1922-1931, a cura di Valentina Agostinis, edizioni Feltrinelli. Si tratta di una fondamentale fonte di prima mano che ci permette di ricostruire parte della vita e della personalità di Tina. È una specie di diario, come dichiarò la stessa Modotti in una lettera scritta nel dicembre 1924: “Ho deciso Eduardito che sarà più interessante per me scrivere a te che nel mio diario, così se non proprio ogni giorno ogni volta che avrò tempo metterò giù nero su bianco le mie piccole attività e ti manderò tutto”. (9) Sono lettere d’amore in cui Tina esprime il suo iniziale innamoramento per Edward Weston; lettere che documentano i suoi progressi e insuccessi fotografici, che palesano i suoi dubbi e incertezze nei confronti della professione intrapresa e la dicotomia tra arte e vita; lettere che permettono, inoltre, di ricostruire l’ambiente di artisti e intellettuali del Messico degli anni Venti in cui Tina vive.
Prosegue la pubblicazione di studi incentrati sulla biografia della Modotti più che sulla sua opera, frutto di ricerche condotte da giornalisti, storici o scrittori, più che da specialisti in storia della fotografia o delle arti plastiche: è il caso di Auf den Spuren von Tina Modotti di Christiane Barckhausen Canale, uscito nel 1988, tradotto in spagnolo nel 1989 e in italiano solo nel 2003 con il titolo di Tina Modotti.Verità e leggenda, Giunti Editore; di Tinísima di Elena Poniatowska, pubblicato in Messico nel 1992 e tradotto in italiano nel 1997 dall’editore Frassinelli; di Tina Modotti. Photographer and Revolutionary di Margaret Hooks, pubblicato a Londra nel 1993; de I fuochi, le ombre, il silenzio di Pino Cacucci, pubblicato a Bologna da Agalev Edizioni, nel 1988.
Tina Modotti.Verità e leggenda raccoglie un’esaustiva documentazione, frutto di uno spoglio durato cinque anni sulle orme della Modotti a Udine, San Francisco, Los Angeles, Berlino, Mosca, Spagna, Parigi e Messico e racconta la vita di Tina Modotti soffermandosi soprattutto sul suo impegno politico, mentre totalmente assente è l’analisi della sua opera fotografica.
Tinissima è una biografia romanzata che ricostruisce la vita della Modotti sulla base di un imponente lavoro di ricerca e di numerose interviste di persone che l’hanno conosciuta.
I fuochi, le ombre, il silenzio tenta di demistificare la Modotti partendo dalla denuncia delle contraddizioni che dimostrò con lo stalinismo e dalla sua equivoca unione sentimentale con Vittorio Vidali, personaggio sinistro, secondo Cacucci, responsabile delle purghe dentro il Partito Comunista che portarono agli assassinii di Mella e Trotzkji.
Tina Modotti. Photographer and Revolutionary è forse la biografia più oggettiva e distaccata su Tina Modotti. Approfondisce un periodo poco trattato da altri autori, vale a dire il percorso di Tina come attrice a San Francisco e Los Angeles, e cerca di contestualizzare e di descrivere le immagini fotografiche di Tina che appaiono intercalate nel testo.
Nel frattempo l’opera della Modotti è citata nei libri di storia della fotografia di docenti italiani come Italo Zannier e Alfredo De Paz.
Tina Modotti. Perché non muore il fuoco (Riccardo Toffoletti e altri, edizione Arti Grafiche Friulane, Udine, 1992) è un’accurata e lussuosa raccolta di immagini, accompagnata da estratti di testi già in precedenza pubblicati da diversi autori che si riferiscono alla vita e all’opera della fotografa, uscita in occasione del cinquantesimo centenario della sua morte.
Nel 1992 a Villa Varda di Brugnera (Pordenone) l’associazione Cinemazero organizza la mostra Tina Modotti. Gli anni luminosi, a cura di Valentina Agostinis. Dal 1978 Cinemazero (Pordenone) si occupa di promozione del linguaggio cinematografico (in particolare del cinema muto), svolgendo anche ricerche su persone di origine friulana che hanno avuto esperienze cinematografiche: in questo modo scopre l’esistenza di Tina Modotti, appassionandosene. Gianni Pignat, membro dell’associazione, inizia a condurre ricerche su Tina Modotti in tutto il mondo, raccogliendo materiali grazie ai quali viene allestita la mostra Tina Modotti. Gli anni luminosi.
Il catalogo dell’esposizione riunisce una vasta informazione visiva e documentale sull’opera di Tina Modotti ed è tuttora una delle pubblicazioni più valide dedicate alla fotografa. Tra i numerosi saggi, in parte già pubblicati in precedenza, va ricordato “Fissare la Forma: le immutabili still lifes di Tina Modotti”, in cui Sarah Lowe propone lo still lifes come metafora che domina l’intera produzione fotografica della Modotti, caratterizzata da una trasformazione dell’elemento terreno nel regno del simbolico; in “Tina Modotti ed Edward Weston: una ri-valutazione della loro fotografia” Amy Conger, studiosa ed esperta dell’opera di Weston, confronta alcune fotografie dei due autori per farne emergere le differenze.
In occasione della mostra Cinemazero pubblica anche Tina Modotti in Carinzia e in Friuli di Gianfranco Ellero, un testo che indaga, per la prima volta e in modo dettagliato, i primi diciassette anni della vita di Tina Modotti facendo luce su aspetti quali l’influenza dello zio fotografo Pietro Modotti.
Nel 1993 il Comitato Tina Modotti, nato a Udine nel 1989 su iniziativa di Riccardo Toffoletti (già membro del Circolo Culturale “Elio Mauro” di cui s’è visto in precedenza), organizza il Convegno internazionale di Studi Tina Modotti: una vita nella storia, tenutosi ad Udine dal 26 al 28 marzo. In quell’occasione vengono chiariti meglio alcuni punti relativi alla biografia e al contesto storico (dal Messico degli anni Venti, all’Urss degli anni Trenta; dalle vicende del Soccorso Rosso Internazionale al mondo culturale californiano) e vengono proposti nuovi stimoli per la lettura della fotografia di Tina.
Importanti i contributi di Sarah Lowe, Rosa Casanova, Margaret Hooks: la prima vede Tina Modotti come l’iniziatrice del modernismo fotografico in Messico, grazie ad una sintesi della corrente modernista americana con la cultura messicana; la seconda sostiene che una parte della produzione fotografica di Tina Modotti possa essere inserita nel genere di costume, di cui però Tina capovolge i parametri proponendo un trattamento moderno dei gruppi marginali messicani; la terza adduce nuove prove a sostegno della tesi che stabilisce l’interruzione definitiva dell’attività fotografica da parte di Tina Modotti nel 1930.
Il Comitato propone altre iniziative che vengono organizzate in varie città italiane e straniere ma, soprattutto, nella città natale: nel 2002 il Comune di Udine accetta che venga creato un Fondo Tina Modotti, tuttora in fase di realizzazione.
La storica dell’arte Sarah Lowe continua le ricerche sull’opera di Tina Modotti, argomento della sua tesi di dottorato, e nel 1995 organizza una mostra, Tina Modotti: Photographs, allestita prima a Philadelphia, poi a Houston e a S.Francisco. Il catalogo della mostra pubblica la più ampia selezione di fotografie apparsa fino a quel momento e un saggio molto completo e ben documentato sulla vita e l’opera della Modotti, ricostruendone i legami con il contesto artistico e politico del Messico degli anni Venti.
Nello stesso anno Mariana Figarella, storica dell’arte venezuelana, scrive Edward Weston y Tina Modotti en México. Su Inserción dentro de las estrategias estéticas del arte post-revolucionario, la sua tesi di dottorato in Storia dell’Arte presso l’UNAM (Università Nazionale Autonoma del Messico) di Città del Messico, tradotta in italiano e pubblicata nel 2003 da Cinemazero con il titolo Edward Weston e Tina Modotti in Messico. Si tratta di uno studio innovativo e necessario sull’opera dei due autori (e in particolare della Modotti), analizzata in rapporto al contesto artistico messicano in cui è stata prodotta.
La studiosa si sofferma il meno possibile sulle biografie di Weston e Modotti e cerca, invece, di confrontare le immagini dei due autori con le idee e le opere degli artisti e intellettuali del Messico post-rivoluzionario, per coglierne le reciproche influenze. Così, se dal punto di vista della completezza nella selezione e riproduzione di fotografie i già citati Tina Modotti: Photographs e Tina Modotti. Gli anni luminosi, assieme a Tina Modotti. Arte vita libertà di Riccardo Toffoletti (2001) rimangono i testi di riferimento, Edward Weston e Tina Modotti in Messico rappresenta forse il primo tentativo di analisi puntuale e originale della fotografia della Modotti, suddivisa per “generi” e calata nell’ambiente sociale, politico e artistico messicano.
Nel 1996 alla California University di San Diego si tiene un Convegno internazionale di Studi su Tina Modotti e si inaugura la mostra Dear Vocio…Photographs by Tina Modotti. L’esposizione è curata da Particia Albers, antropologa americana già autrice nel 1999 di Shadows, Fire, Snow: The Life of Tina Modotti, la più recente biografia sulla Modotti, molto completa, esauriente e più “oggettiva” e distaccata delle precedenti. Questa biografia è stata tradotta in italiano e pubblicata nel 2003 (Fuoco, neve e ombre. Vita di Tina Modotti, Postmedia Books) in un’edizione caratterizzata, purtroppo, da numerosi errori nella compilazione delle note.
In Dear Vocio…Photographs by Tina Modotti Patricia Albers presenta, per la prima volta, una serie di stampe di piccolo formato e diverse lettere della fotografa, ritrovate dalla stessa Albers in due bauli in possesso di Vocio Richey, madre di Roubaix Richey (10), con cui la Modotti era rimasta in contatto dal 1923 al 1929, mandandole fotografie e telegrammi. Si tratta di circa cento immagini inedite, scattate, secondo la Albers, tra il 1926 e il 1929, che ampliano notevolmente la conoscenza sulla produzione di Tina Modotti dedicata al popolo messicano, fotografato con un realismo documentario ed una naturalezza senza precedenti.
Una parte di questi scatti è stata pubblicata su due cataloghi, entrambi curati da Patricia Albers: uno è, appunto, il catalogo di Dear Vocio…Photographs by Tina Modotti, l’altro è Tina Modotti et la Renaissance Mexicaine, catalogo dell’omonima esposizione (curata anche da Sam Stourdzé), tenutasi nel 2000 a Stoccolma, Arles e Helsinki. Con queste due rassegne si vuole dare spazio alla produzione fotografica inedita di Tina Modotti, tralasciando volutamente le immagini più famose e studiate, come le still lifes floreali, le “allegorie della Rivoluzione” e i ritratti.
Tina Modotti et la Renaissance Mexicaine (edito da Jean-Michel Place, Parigi, 2000) contiene un’introduzione di Sam Stourdzé che spiega come nel libro si sia cercato di evitare di entrare nelle vicissitudini della vita della Modotti e di portare il suo lavoro fuori dall’ombra di Weston e un saggio della Albers su Tina Modotti in rapporto al cosiddetto “Rinascimento messicano”.
Nel 1999 viene pubblicato in Messico Tina Modotti y el muralismo mexicano, di Maricela González Cruz Manjarrez, un catalogo che presenta la collezione di 115 fotografie scattate da Tina Modotti ai murales di Diego Rivera e José Clemente Orozco, conservate presso l’Archivio Fotografico Manuel Toussaint dell’Instituto de Investigaciones Estéticas di Città del Messico. Si tratta della prima pubblicazione dedicata al lavoro di documentazione fotografica dei murales da parte di Tina Modotti, fondamentale per la diffusione del movimento artistico negli Stati Uniti e in Europa.
Nel 2000, sempre in Messico, esce Tina Modotti. Una nueva mirada, 1929, di Jesús Nieto Sotelo e Elisa Lozano Alvarez, un’interessante ricostruzione della prima mostra personale di Tina Modotti, l’unica realizzata mentre la fotografa è in vita, ricca di documenti originali sull’evento.
Nel 2000 viene pubblicato anche Tina Modotti. Image, Texture, Photography di Andrea Noble, una rielaborazione della sua tesi di dottorato in Arte presso l’Università di Aberdeen. La Noble approfondisce la lettura femminista dell’opera di Tina secondo una visione mutuata dalle teorie femministe e, in particolare, dagli studi di cultura visiva della storica dell’arte Griselda Pollock, aggiornando così lo studio di Mulvey e Wollen. La Noble prende in considerazione poche fotografie della Modotti, accuratamente selezionate come espressione di una visione femminile, vale a dire di una concezione della donna come soggetto attivo anziché come soggetto passivo, non dimenticando di contestualizzarle nel Messico degli anni Venti.
Nel 2004 esce Tina Modotti. Fotografa irregolare di Elisa Paltrinieri (Selene Edizioni, per la collana l’Altra Metà dell’Arte), già autrice di una tesi di laurea dedicata all’opera fotografica di Tina Modotti presso il corso di laurea DAMS a Bologna. La Paltrinieri ripercorre la carriera artistica di Tina Modotti, cercando di scindere il “personaggio” dalla fotografa e di capire il contributo di quest’ultima allo sviluppo della storia della fotografia.
Inoltre, nel 2004 viene pubblicato il catalogo della mostra Tina Modotti&Edward Weston. The Mexico Years, a cura di Sarah Lowe, che ha inaugurato la riapertura della Barbican Art Gallery del Barbican Centre di Londra. Si tratta di un testo che ripercorre le vicende artistiche dei due fotografi in Messico, senza però arricchire gli studi già presenti sull’argomento. Di ottima qualità le riproduzioni fotografiche che illustrano il testo.

Dalla revisione bibliografica possiamo constatare come gli studi su Tina Modotti abbiano attraversato diverse fasi: dalla sua morte fino agli anni Settanta, semplicemente, la figura e la fotografia di Tina Modotti non sono oggetto di ricerche e pubblicazioni. Nei libri di storia della fotografia la sua opera non è considerata o appare solo in fugaci e generiche citazioni, mentre della sua persona si parla in termini di “bellezza italiana, modella e amante di Edward Weston in Messico”: ciò accade da parte di Nancy e Beaumont Newhall, curatori della pubblicazione dei Diari di Weston, usciti in numerose edizioni a partire dagli anni Sessanta. Nei suoi Diari relativi al periodo messicano, Weston cita la Modotti numerose volte, non solo per le sue qualità di donna e modella, ma come fotografa di talento. I Newhall, storici di riconosciuto valore, sono amici ed estimatori di Weston, nonché grandi conoscitori della sua opera: non è possibile, quindi, che ignorino quella della Modotti, che fotografò in Messico con Weston; tuttavia, non la inseriscono nelle loro ricerche, fatta eccezione per una breve apparizione in due edizioni della Storia della Fotografia.
Quando negli anni Settanta Tina Modotti viene “riscoperta”, il principale interesse degli studiosi è di indagarne la vita avventurosa e la figura affascinante di donna libera ed emancipata, militante politica, amante di artisti e rivoluzionari, oltre che fotografa.
Fatta eccezione per qualche iniziativa negli anni Ottanta (come, ad esempio, la mostra Frida Kahlo-Tina Modotti del 1982), è a partire dagli anni Novanta che vengono pubblicate diverse ricerche incentrate non solo sulla biografia, ma anche sull’opera fotografica di Tina Modotti. Alcuni studiosi si sono focalizzati su singoli aspetti, altri, come Mariana Figarella ed Elisa Paltrinieri, hanno cercato di esaminare l’opera fotografica della Modotti nella sua globalità.
Tra tutti, lo studio di Mariana Figarella è il più innovativo e analitico, poiché non si limita all’analisi formale delle immagini (comunque puntuale), ma cerca di calarle nel contesto storico, sociale, culturale in cui furono prodotte e di porle in relazione con le idee e le opere degli artisti ed intellettuali del Messico post-rivoluzionario. Tina Modotti e Edward Weston in Messico è ancora oggi un testo attuale, ma dopo la sua pubblicazione nuove ricerche hanno portato alla luce fotografie inedite di Tina Modotti, che dilatano il campo critico di un’opera tuttora in fase di riscoperta.

(1) “Tina Modotti. Gli anni luminosi”, in V.Agostinis (a cura di) Tina Modotti. Gli anni luminosi, cat. della mostra, Pordenone, 11 luglio – 12 settembre 1992, Pordenone, Cinemazero-Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 1992, p. 16.
(2) Numerose fotografie di Tina Modotti sono conservate presso la fototeca dell’INAH a Pachuca e presso il Museo d’Arte Moderna, in Messico; presso il Museo d’Arte Moderna di New York e il Museo Internazionale della Fotografia George Eastman House di Rochester, negli Stati Uniti; presso il Comitato Tina Modotti, a Udine.
(3) E.Paltrinieri, Tina Modotti. Fotografa irregolare, Milano, Selene edizioni, 2004, retrocopertina.
(4) R. Toffoletti, “Tina Modotti e la storia della fotografia. Le tappe della riscoperta”, in Comitato Tina Modotti (a cura di), Tina Modotti. Una vita nella storia, Udine, Ed. Arti Grafiche Friulane, 1995 (Atti del convegno internazionale di studi tenutosi ad Udine dal 26 al 28 marzo 1993), p. 233. Invece, nell’edizione originale del 1949 (e solo in essa) Newhall inserisce Fili del telefono di Tina Modotti, ma senza nessun riferimento diretto all’autrice.
(5) Così riferisce Amy Conger, da una conversazione con Newhall del 6 ottobre 1981, Albuquerque, New Mexico. La Conger, storica della fotografia esperta della vita e dell’opera di Edward Weston, è stata allieva di Newhall. Citato da A. Conger, “Tina Modotti: una metodologia, una proposta e una lettera d’amore perduta”, ibidem, p. 273.
(6) Ad esempio, Italo Zannier scrive una recensione corredata da molte immagini su Fotografia Italiana (“Tina Modotti, fotografa e rivoluzionaria”, in Fotografia Italiana, n.186, ottobre 1973, citato da Toffoletti, in “Tina Modotti e la storia della fotografia. Le tappe della riscoperta”, cit., p. 239).
(7) Inviano telegrammi Pablo Ricasso, Rafael Alberti, Manuel Alvarez Bravo, David Alfaro Siqueiros, Pablo O’Higgins, Albe Steiner e tanti altri. (citato da Toffoletti, ibidem).
(8) R.Tibol, “Hecho en Latino America”, in Venezia ‘79/ la Fotografia, cat. della mostra, Venezia, 1979, Milano, Electa, 1979, p. 250. Il nome dell’esposizione allestita nel 1978 al Museo d’Arte Moderna di Città del Messico e proposta un anno dopo a Venezia è, appunto, Hecho en Latino America.
(9) Lettera di Tina Modotti a Edward Weston del 27 dicembre 1924, in V.Agostinis (a cura di), Tina Modotti. Vita, arte e rivoluzione. Lettere a Edward Weston, 1922-1931 (1986), trad. di V.Agostinis, L.Ambrosi e S.Meucci, Milano, Feltrinelli, 1994, p. 34.
(10) Roubaix Richey, detto Robo, pittore e caricaturista franco-canadese, amante e convivente della fotografa dal 1915 al 1922, anno in cui muore di vaiolo durante un viaggio in Messico.

Conclusioni

  • Benedetta Solari
  • Tina Modotti fotografa in Messico (1923-1930)

L’opera fotografica di Tina Modotti è profondamente radicata nel Messico post-rivoluzionario degli anni Venti: come affermò Diego Rivera “la sua opera fiorisce alla perfezione in Messico e si armonizza pienamente con le nostre passioni”.
In Messico, nel 1923, inizia la vicenda di Tina Modotti fotografa; in Messico, dopo sette anni, la sua carriera fotografica si conclude, a causa di un conflitto esistenziale tra espressione artistica e militanza politica che Tina riesce a risolvere solo nell’abbandono della prima, per dedicarsi interamente alla seconda.
Tuttavia, prima di giungere a questa soluzione estrema, Tina Modotti dà vita a un’opera fotografica d’avanguardia, sintesi delle due maggiori correnti del Modernismo fotografico - l’una nata in America, l’altra in Europa, soprattutto in Germania e in Unione Sovietica - che segna l’inizio della fotografia moderna in Messico.
L’influenza fondamentale che Edward Weston e Tina Modotti esercitano su una nuova generazione di fotografi messicani, tra cui Manuel e Lola Alvarez Bravo, Augustín Jiménez e Aurora Eugenia Latapí - i primi fotografi messicani pienamente innovativi - è, infatti, unanimamente riconosciuta dalla critica.
Da questo punto di vista, il fatto che Modotti e Weston stabiliscano in Messico contatti e relazioni con gli esponenti delle avanguardie artistiche (pittoriche e letterarie), più che con altri fotografi, ancora legati alla tradizione pittorialista, costituisce una conferma dell’approccio originale e inedito di cui sono portatori.
Tina Modotti inizia la sua carriera fotografica assimilando gli insegnamenti formali di Weston e della Fotografia Diretta: già nella serie delle still lifes floreali e nelle immagini di particolari architettonici si distanzia però dal “maestro”, poiché all’attenzione per la composizione e al purismo formale unisce quella per il contenuto, realizzando fotografie cariche di poesia e sensualità.
Man mano che il Messico le si rivela e che lei stessa si immerge nella società messicana, il suo sguardo si trasforma. L’impegno sociale e politico e i contatti con gli artisti dell’avanguardia messicana, animati dall’ideale di un’arte a servizio della rivoluzione, sono i due fattori fondamentali che contribuiscono a questo cambiamento, caratterizzato dal taglio ideologico e militante di alcune delle sue fotografie.
La Modotti si unisce agli artisti messicani nell’affrontare problematiche come il vincolo tra avanguardia artistica e masse popolari e la relazione tra contenuto propagandistico e innovazioni di tipo formale.
In alcune fotografie risulta evidente il nesso tematico con certe opere estridentiste, in altre si riscontrano coincidenze a livello formale, tematico e concettuale con l’opera dei muralisti (specialmente di Diego Rivera).
La fotografa costruisce immagini di grande bellezza formale e accuratezza compositiva con significati simbolici ed emblematici, come le “allegorie della rivoluzione messicana”; esce in strada e, con occhio realista e testimoniale, immortala le marce, gli scioperi, la gente più emarginata, con evidente intenzione di denuncia, inedita per la fotografia messicana di quegli anni. Sono immagini che vengono pubblicate sulle riviste e sui giornali di sinistra di tutto il mondo.
La Modotti capovolge i parametri del genere di costume, si allontana da una visione stereotipata e scontata del popolo messicano rappresentandolo, al contrario, in modo realistico e moderno.
Con la serie dedicata alle donne di Tehuantepec ella realizza un vero e proprio reportage e documenta con realismo le tehuane, colte nello svolgimento delle attività quotidiane. Molte fotografie di questa serie, tra le ultime da lei realizzate, sembrano suggerire la ricerca di un nuovo stile fotografico, diverso da quello mutuato da Weston e più istintivo, meno attento alla composizione e più adatto alla documentazione della realtà. Ciò è in linea con quanto espresso in Sulla fotografia, il manifesto del 1929, in cui ribadisce il valore documentario del mezzo fotografico, il “mezzo più soddisfacente per registrare la vita oggettiva in tutte le sue manifestazioni; da ciò il suo valore documentario…”.
Un anno dopo, a Berlino, la Modotti si deve confrontare con metodi fotografici molto diversi da quelli praticati fino allora, cui non riesce ad adattarsi: prova una Leica, ma continua a preferire la Graflex e un tipo di immagine attentamente composta. A proposito delle difficoltà di tipo tecnico ed estetico incontrate a Berlino Tina scrive una lettera a Weston:

[…]Ti ho detto della mia sorpresa di scoprire arrivando qui che in tutta Europa vengono usate misure diverse per le pellicole, la carta, le macchine fotografiche ecc. Questo è stato il mio primo problema[…]Anche nella fotografia non so ancora davvero cosa fare[…]tenterò di andare avanti senza fare ritratti; in parte perché preferisco così, in parte perché la competizione qui è così forte, e i prezzi così bassi[…]Mi è stato offerto di fare “reportage” o lavorare per i giornali, ma non mi sento adatta per questo lavoro[…]Anche il tipo di immagini propagandistiche che avevo iniziato a fare in Messico qui viene già fatto[…]Ho iniziato a uscire con la macchina fotografica ma nada. Tutti mi dicono che la Graflex è troppo visibile e ingombrante; tutti qui usano macchine molto più compatte. Naturalmente ne comprendo i vantaggi[…]ma non mi piace lavorarci come con la Graflex; non si può vedere la foto nel suo esatto formato[…]Oltre tutto una macchina più piccola mi sarebbe utile solo se intendessi lavorare nelle strade, e non sono sicura di volerlo fare.

Queste difficoltà non sono però sufficienti a spiegare il suo abbandono della fotografia; Collotti suppone si tratti di “difficoltà reali che ella dovette incontrare, ma la cui enfatizzazione…sembra la spia della più profonda crisi esistenziale, alla vigilia si direbbe di una scelta di vita”: in effetti, una volta lasciata Berlino per Mosca, la Modotti abbandona definitivamente la fotografia per dedicarsi all’impegno politico.
Si ha la sensazione che la sua ricerca artistica, in continua evoluzione, venga così spezzata, interrotta in un momento di svolta e lasciata incompiuta; credo, infatti, che la Modotti non abbia espresso appieno le sue intuizioni, spesso anticipatrici, sul mezzo fotografico e sul suo utilizzo.
Del periodo messicano di Tina Modotti, in cui le nascenti passioni politica e fotografica trovano un equilibrio provvisorio, resta un’opera originale che per molti versi precorre sviluppi futuri, caratterizzata dalla sintesi tra forma e contenuto, tra ricerca estetica e impegno politico, tra modernismo fotografico e cambiamento sociale, nata “dalla continua lotta dell’artista per conquistare un autentico e superiore equilibrio fra l’espressione sociale e individuale”.
Su Tina Modotti è già stato detto e scritto molto, ma riguardo alla sua opera fotografica restano da approfondire alcuni punti. Per esempio, non è ancora stato realizzato un catalogo completo del corpus fotografico, di cui manca un’analisi puntuale e sistematica.
Nel presente studio ho cercato di utilizzare un approccio innovativo, impiegato da altri studiosi solo parzialmente, che prendesse in considerazione non tanto o solo la biografia dell’artista, quanto l’analisi stilistica e contenutistica delle fotografie, suddivise per generi e studiate una ad una, in relazione al contesto storico e artistico.
Mi sono proposta di offrire una panoramica complessiva dell’opera fotografica, ma allo stesso tempo ho cercato di focalizzare l’analisi sull’iconografia e sullo stile delle singole immagini.
In questo modo, spero di aver contribuito alla “riscoperta” non del “personaggio” Tina Modotti, ma di Tina Modotti fotografa in Messico.

Bibliografia

  • Benedetta Solari
  • Tina Modotti fotografa in Messico (1923-1930)

LIBRI

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http://utenti.lycos.it/atisauro/gallery2.htm
http://biblio.pue.udlap.mx/museo/tina.html
http://www.mexicoart.it
http://libweb.hawaii.edu/libdept/charlotcoll/corc_project/tina_modotti_records.html


FILM E DOCUMENTARI


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Sergej Ejzenštejn. Fantasia Messicana (Russia 1998, b/n, 100’) Oleg Kovalov (documentario).

The tiger’s coat (Usa 1920, b/n, 50’) Roy Clements. Con Myrtle Stedman, Lawson Butt e Tina Modotti.
Tina Modotti. L’artista, la passionaria, (Italia 2004, b/n e col., 40’) Stefano Pasetto (documentario della serie “Le ribelli del Novecento” di Cinzia Romano per RAISAT Album).