Associazione? Di fotogiornalisti? In Italia?

Apriamo, con gli interventi scritti da due membri del direttivo della nostra associazione, una riflessione sul senso e le finalità, di un'associazione come Fotografia & Informazione. Saremo lieti di aggiungere qui sotto le altre eventuali riflessioni che ci farete avere.

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Associazione? Che è?
Ovvero:-"se magna caa bbuccia?"

di Fabiano Avancini

Recentemente abbiamo avuto l'assemblea annuale dei soci della nostra associazione: ... è andata praticamente deserta. Che schifo.
Preso atto di ciò: pare inutile, se non ridicolo, credere ancora nell'associazionismo.
Silenzio in un momento in cui cane mangia cane, in cui non sappiamo più bene dove sta andando la professione e l'ambiente economico ne esalta l'individualismo, diluendo la profondità (e qualità) dei servizi nel marasma d'immagini imposte dalla fretta della televisione.
E delle notizie che danzano con essa.
Le associazioni evidentemente non sono più viste come strumento di legittimazione deontologica, o etica, o centri in cui discutere delle componenti fondanti la nostra professione. Quali il rispetto del soggetto, della verità, del lettore etc.
Le associazioni pare debbano avere solo una funzione protezionistica degli interessi dei singoli o comunque dare facilitazioni di qualsiasi sorta: ribalta e/o strategie e/o informazioni che servano fattivamente o economicamente alla professione.
"Cosa ci guadagno io" pare essere la logica imperante. (La tessera del cinema?)
Il fotogiornalismo è in brutto momento. Anche se qualcuno sostiene che potrebbe esserci lo spazio per un settimanale di fotografia, credo più per fare una boutade che per altro, il fotogiornalismo d'autore pare non esistere più.
O forse non esiste più l'autore?
Combattiamo per il "diritto d'autore" quando produciamo immagini tendenzialmente omologate, simili di anno in anno, senza diritti. Basta cambiare la data e quattro righe di didascalia (famoso kit di contestualizzazione) e la notizia è riportata. Amen.
E basta scimmiottare qualcuno dei grandi (e chissà quelli italiani in quale associazione sono?) per sostenere di essere fotografi?
Applicando “pattern compositivi” ai soggetti, prescindendo dalla loro essenza e dalla loro unicità, crediamo di poter continuare a essere definiti autori?
“A me piace molto questo”, “a me piace molto quello”, ma rispettare il soggetto e prescindere da quello che ci portiamo da casa, come bagaglio culturale, è così difficile?
Recentemente ho rivisto il lavoro di Walker Evans. Spiazzante è stato vedere cosa questo ha fotografato settanta anni fa. Ritratti dei viaggiatori sulla metropolitana (L'autre?), la povertà, la dignità, il progresso, il successo etc.
Noi siamo arrivati ora e crediamo di poter essere ancora definiti autori?
E' una fortuna se riusciamo ad avere idee nostre e crediamo anche di poterle esprimere con “forme nuove” e comunicarle in questo traffico? Con i giornali ad inseguire la televisione?
Oggettivamente è meglio lasciar perdere ogni velleità di contribuire alla crescita della propria professione in Italia e lasciarsi andare alla quotidianità del lavoro.
O ritentiamo ancora giusto combattere per quei quattro cani sciolti snob che alla fine si trovano ad essere i fotogiornalisti?
Boh, ad altri l'ardua sentenza. Ma credo qualcuno potrebbe anche smetterla di snobbare tutti e, con umiltà, cominciare a rimboccarsi le maniche perché venga definitivamente riconosciuta in Italia la dignità che questo lavoro merita. Per tutti.
Ovvero: continuate a fare le foto senza discuterne, alla lunga diventano sovrapponibili.
Come l'industrializzazione ha reso l'uomo elemento sostituibile della produzione, ora la tecnologia digitale e la massificazione delle immagini hanno reso il fotografo elemento intercambiabile nell'interpretazione della realtà.
Artisti della catena di montaggio, senza offesa per gli operai.
Credo che "Fotografia & Informazione" debba cambiare, e aprire un dialogo serrato con tutti.

Fabiano Avancini

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Lo stato dell'Associazione Fotografia & Informazione

di Marco Capovilla

Nel corso del mese scorso due eventi di segno opposto mi hanno colpito: entrambi riguardano il senso e la situazione della nostra associazione di fotogiornalisti.
Il primo, in ordine di tempo, è stata la nostra riunione annuale all’inizio di febbraio, che è andata praticamente deserta.
Il secondo, la vittoria (nei giorni scorsi) da parte di una nostra collaboratrice, Francesca Micheletti, del concorso nazionale per le migliori tesi di laurea dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, con una tesi che analizza l’uso della fotografia giornalistica durante la guerra in Iraq.

Questi due eventi caratterizzano due importanti aspetti della storia recente di fotoinfo e impongono una riflessione e, quanto prima, anche una decisione. Ma andiamo con ordine.

Dicevo dell’assemblea annuale di Fotografia & Informazione, scadenza imposta dallo statuto, un rito divenuto negli anni una liturgia un po’ logora, che garantisce tuttavia che gli organi direttivi dell’associazione siano democraticamente eletti e che dovrebbe servire anche a permettere ai fotografi di incontrarsi e scambiarsi pareri ed esperienze di persona, anziché soltanto per via telematica. All’esiguo numero di presenze quella sera (una decina in tutto: il deserto) sembrerebbe fare da contraltare l’elevato numero sia di contatti mensili al sito (sette-ottomila visitatori), sia di iscritti alla nostra mailing list.

La nostra newsletter arriva, anche se in maniera irregolare, piùo meno sei volte l’anno, a più di un migliaio di persone sparse su tutto il territorio nazionale. Negli ultimi sei anni, tre o quattro persone in tutto ci hanno chiesto (ed ottenuto immediatamente) di essere cancellate dall’indirizzario. Per contro, ogni mese si sono iscritti alla newsletter decine di sconosciuti, con adesione volontaria tramite il nostro sito. Fatta la tara per quanto riguarda eventuali appassionati, aspiranti fotografi e semplici curiosi (che sono in ogni caso i benvenuti), sono certo che tra le persone che ricevono e leggono la newsletter, ci sono almeno cinque o seicento fotografi la cui attività professionale ruota in maniera prevalente attorno alla fotografia di reportage, al fotogiornalismo, alla fotografia editoriale in senso più lato.

A questa moltitudine di fotografi professionisti si aggiunge il gruppo, numericamente meno cospicuo, ma certamente molto motivato e attento ai contenuti di riflessione del sito, costituito dagli studenti universitari. Che cosa hanno cercato (e a quanto sembra trovato) costoro su www.fotoinfo.net ? Si direbbe che hanno colto e apprezzato il costante sforzo di aggiornamento sui temi dibattuti nel campo del fotogiornalismo, la riflessione sul ruolo attuale della nostra professione, la discussione su tematiche di rilevanza etica e deontologica, la selezione delle notizie di rilievo provenienti dall’estero. E inoltre hanno potuto trovare tesi di laurea di altri studenti, interviste, bibliografie, discussioni, materiali vari.
Aggiungo: il tutto completamente GRATIS.
Regalato, a piene mani, da un gruppo di volontari, o meglio, di visionari.

E tuttavia, quando si è trattato di dare un segno di gradimento, di dimostrazione di appartenenza, di volontà di far parte attivamente dell’unica comunità di fotogiornalisti italiani dotata di una qualche riconoscibilità e di una certa autorevolezza, i colleghi fotografi si sono dileguati. Spariti. Resi invisibili.

E’ vero, allora, come suggerisce nel ruvido e amaro commento pubblicato qui sopra, il collega Fabiano Avancini, che non siamo rappresentativi di niente, di nessuno?

Non abbiamo dietro di noi, questo è certo, le masse. Ci sono, d’altra parte, pochi singoli professionisti che apprezzano il nostro lavoro e lo ripagano (moralmente e concretamente) versando la loro quota associativa annuale. Molti altri ritengono che la nostra associazione non faccia niente di concreto per loro: niente tessere e lasciapassare per accedere ai luoghi ad accesso limitato, niente sconti presso gli esercizi commerciali, niente facilitazioni di alcun genere, niente promesse di entrare a far parte del salotto buono dei giornalisti italiani.

Fotoinfo sa fare solo delle gran chiacchiere, qualcuno potrebbe dire, alla fin fine. Forse è così: in questi anni abbiamo saputo produrre sostanzialmente chiacchiere. E’ vero, chiacchiere allineate agli standard del migliore fotogiornalismo mondiale (americano, inglese, francese), ma praticamente solo delle chiacchiere. Le stesse che noi, e gli altri che hanno la curiosità per cercarsele e leggersele, troviamo su Digitaljournalist, Photo District News, Zonezero, British Journal of Photography, NPPA, Poynter, e gli altri siti internazionali di riferimento per il fotogiornalismo.
I colleghi (buona parte di loro) lo pensano e alcuni ce lo hanno apertamente detto. Gli studenti non sono dello stesso parere, almeno così sembra dalle numerose e-mail che ci inviano e dalle interviste che in continuazione ci fanno.

E allora è arrivato il momento per un cambiamento storico e improrogabile: fotoinfo deve cambiare pelle e diventare un luogo dove si incontrano coloro che vogliono veder crescere culturalmente il fotogiornalismo italiano. Siano essi fotogiornalisti, docenti, studiosi, studenti, cultori della materia. Non ce la sentiamo più di (pretendere di) rappresentare i colleghi fotogiornalisti, di parlare a loro nome.
In luogo dell’Associazione Italiana Giornalisti dell’Immagine è arrivato il momento di far nascere qualche cos’altro. Parliamone. Parlatecene anche voi.
La nostra e-mail la conoscete: fotoinfo@fotoinfo.net .

Marco Capovilla